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Ricorso avverso il Piano comunale di classificazione acustica

Pubblicato il 17/01/2010

Consiglio di Stato sez.IV 31/12/2009 n. 9301

Normativa

1. Ricorso giurisdizionale – Piano urbanistici – Cittadini residenti nel comune – Legittimazione al ricorso
2. Ricorso giurisdizionale – Piano di classificazione acustica – Cittadini residenti nel territorio comunale – Impugnazione – Ammissibilità – Fattispecie

1. In materia di piani urbanistici non è affatto escluso che i cittadini residenti nel comune interessato possano impugnare anche parti del piano non riguardanti direttamente le loro proprietà, laddove dimostrino che le scelte pianificatorie incidono sul godimento e sul valore di esse (cfr., per esempio, Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5516). Siffatta situazione si verifica, a fortiori, laddove siano dedotti motivi di censura tali da travolgere il piano nel suo complesso, in quanto involgenti l’impostazione di fondo dell’attività pianificatoria ovvero radicali difetti di istruttoria a monte dell’attività medesima. Tali principi appaiono tanto più validi, ove si ponga mente alle peculiarità del Piano di zonizzazione acustica il quale, proprio in quanto finalizzato a individuare il livello generale di inquinamento acustico consentito nel comune, è per sua natura caratterizzato da un approccio globale, in cui le varie porzioni di territorio non possono essere considerate isolatamente, ma al contrario sono fortemente interdipendenti: e non è certo un caso che, tra i criteri fondamentali che il legislatore statale ha inteso porre alle regioni nella disciplina del Piano in questione, vi è il divieto di contatto diretto di aree – anche

appartenenti a comuni diversi, ma confinanti – in cui vi sia un significativo discostamento nei valori di qualità individuati (art. 4, comma 1, lettera a), l. n. 447 del 1995).
2. I cittadini residenti nel territorio comunale sono legittimati ad impugnare il Piano di classificazione acustica nel caso in cui vengano formulate doglianze che investono la “filosofia” stessa seguita dall’amministrazione nella predisposizione del Piano, lamentando profili di illegittimità afferenti alle scelte di fondo adottate (quali, ad esempio, l’inosservanza del divieto di contatto diretto fra aree aventi classificazione acustica sensibilmente diversa) ovvero carenze istruttorie intervenute a livello dell’elaborazione complessiva del Piano stesso. In tale caso, pertanto, la loro impugnazione è ammissibile non solo quanto alle scelte di zonizzazione operate per la frazione ove i ricorrenti risiedono, ma anche per il Piano nel suo complesso.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso in appello nr. 10056 del 2007, proposto dal COMUNE DI ROCCAFORTE MONDOVÌ, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Cristina Beccaria e Mariano Protto, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via D. Chelini, 10,

contro

i signori Giovanni Battista ROSSO, Gino BERTANTE, Giuliana DHO, Giovanni GASCO, Giancarlo GERVASIO, Virgilio CHIUZZI, Domenico PARAVAGNA, Roberto ZUCCARO e Piergiuseppe RIGAMONTI, rappresentati e difesi dagli avv.ti Alberto Armini, Maurizio Cecconi e Massimiliano Bione, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via U. De Carolis, 34b;

nei confronti di

- INTERSTRADE S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Cignitti e Alessandro Mazza, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Bertoloni, 27;
- signor Giovanni RIGAMONTI, PROVINCIA DI CUNEO, in persona del Presidente pro tempore, REGIONE PIEMONTE, in persona del Presidente pro tempore, e AGENZIA REGIONALE PER L’AMBIENTE DI CUNEO, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituiti;

per l’annullamento

della sentenza del T.A.R. del Piemonte, sezione Seconda, nr. 4951, in data 18 ottobre 2006, resa inter partes, in relazione al ricorso dei sigg.ri Giovanni Battista Rosso, Gino Bertante, Giuliana Dho, Giovanni Gasco, Giancarlo Gervasio, Virgilio Chiuzzi, Giovanni Rigamonti, Domenico Paravagna e Roberto Zuccaro contro il Comune di Roccaforte Mondovì.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione degli appellati in epigrafe indicati;
Visto l’appello incidentale proposto da Interstrade S.p.a.;
Vista la memoria prodotta dall’Amministrazione appellante in data 13 novembre 2009 a sostegno delle proprie difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2009, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Protto per l’Amministrazione appellante, l’avv. Cecconi per gli appellati Rosso e altri e l’avv. Cignitti per Interstrade S.p.a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Il Comune di Roccaforte Mondovì ha impugnato la sentenza con la quale il T.A.R. del Piemonte, accogliendo il ricorso proposto da un gruppo di residenti nel territorio comunale, ha annullato gli atti relativi al Piano di classificazione aucstica del territorio del Comune medesimo.
A sostegno dell’impugnazione, l’Amministrazione ha dedotto:
1) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto in relazione all’eccezione di inammissibilità del ricorso con integrale riproposizione della stessa;
2) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto in relazione alla ritenuta sussistenza dell’illegittimità della deliberazione consiliare del Comune di Roccaforte Mondovì sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria;
3) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto in relazione alla ritenuta sussistenza dell’illegittimità della deliberazione consiliare all’esame sotto il profilo della violazione dell’art. 7 della legge regionale 20 ottobre 2000, nr. 52, e del difetto di motivazione;
4) erronea e/o carente motivazione, errore manifesto sulla ritenuta sussistenza dell’illegittimità della deliberazione consiliare all’esame sotto il profilo del difetto di motivazione;
5) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto in relazione alla ritenuta sussistenza dell’illegittimità della deliberazione consiliare all’esame sotto il profilo del difetto di motivazione.
Si sono costituiti gli appellati in epigrafe indicati, signori Giovanni Battista Rosso e altri, ricorrenti in primo grado, i quali si sono diffusamente opposti all’accoglimento dell’appello, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
Si è altresì costituita la società Interstrade S.p.a., resistente in primo grado, la quale, oltre ad associarsi all’appello proposto dall’Amministrazione, ha a sua volta proposto appello incidentale, deducendo:
1) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto in relazione all’eccepita inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire dei ricorrenti con integrale riproposizione dell’eccezione;
2) inammissibilità del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, errore grave e manifesto in relazione alla dichiarata illegittimità dei provvedimenti annullati;
3) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto, carenza di istruttoria in relazione alla dichiarata illegittimità dei provvedimenti annullati per violazione dell’art. 1 l.r. nr. 52 del 2000 e per contraddittorietà;
4) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto in relazione alla dichiarata illegittimità dei provvedimenti annullati per difetto di motivazione e di istruttoria;
5) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto, contraddittorietà in relazione alla dichiarata illegittimità dei provvedimenti annullati per violazione dell’art. 7 della l.r. nr. 52 del 2000 e per difetto di istruttoria;
6) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto in relazione alla dichiarata illegittimità dei provvedimenti annullati per difetto di istruttoria e di motivazione;
7) erronea e/o carente motivazione, errore grave e manifesto in relazione alla dichiarata illegittimità per erroneità e carenza di motivazione dei provvedimenti annullati per motivazione insufficiente ed erronea e per violazione dell’art. 7 della legge 26 ottobre 1995, nr. 447.
All’udienza del 24 novembre 2009, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Viene all’attenzione della Sezione il contenzioso relativo al Piano di classificazione acustica del territorio predisposto dal Comune di Roccaforte Mondovì, definitivamente approvato con deliberazione consiliare nr. 21 del 2004 avverso la quale è insorto in sede giurisdizionale un gruppo di cittadini residenti nel medesimo Comune.
Ai sensi degli artt. 4 e 6 della legge 26 ottobre 1995, nr. 447, il Piano suindicato ha la funzione di procedere a ricognizione del territorio comunale al fine di individuare, tenendo conto delle destinazioni d’uso delle varie zone, i “valori di qualità” di inquinamento acustico da applicare a ciascuna di esse: ciò al duplice fine di contenere il livello di emissioni sonore nei limiti stabiliti in considerazione della concreta destinazione delle varie porzioni di territorio, e di fornire un criterio utile a verificare le attività eventualmente autorizzabili in ciascuna di esse.
Durante l’iter formativo del Piano per cui è causa, numerose osservazioni sono state formulate sia da un gruppo di cittadini costituiti in associazione sia dalla Provincia di Cuneo: tuttavia, con la richiamata delibera di approvazione l’Amministrazione comunale, dopo aver controdedotto alle ridette osservazioni, ha ritenuto di disattenderle e di approvare il Piano così come originariamente predisposto.
Proposto ricorso dinanzi al T.A.R. del Piemonte, questo ha ritenuto fondate le censure di legittimità formulate avverso il Piano, e conseguentemente lo ha annullato.
La sentenza di annullamento è stata impugnata sia dall’Amministrazione comunale sia, in via incidentale, dalla società Interstrade S.p.a., resistente in primo grado quale proprietaria di un insediamento industriale ubicato su suolo ricompreso nel territorio comunale.
2. Gli appelli sono infondati e vanno conseguentemente respinti.
3. Entrambe le parti appellanti, col primo motivo di gravame, ripropongono l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di interesse in capo ai ricorrenti, sul rilievo che avrebbe errato il primo giudice a ritenere che la mera qualità di residenti sul territorio comunale implicasse la loro legittimazione a impugnare il Piano di classificazione acustica.
Il motivo è infondato.
Ed invero, la Sezione non ignora il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in materia di impugnazione dei piani territoriali, l’interesse a ricorrere va di regola documentato con riferimento alla titolarità di aree direttamente incise dalle scelte pianificatorie: ciò allo scopo di evitare che un eccessivo allargamento della legittimazione apra la strada a forme di azione popolare non previste dall’ordinamento.
Tuttavia, anche in materia di piani urbanistici non è affatto escluso che i cittadini residenti nel Comune interessato possano impugnare anche parti del piano non riguardanti direttamente le loro proprietà, laddove dimostrino che le scelte pianificatorie incidono sul godimento e sul valore di esse (cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2004, nr. 5516).
Siffatta situazione si verifica, a fortiori, laddove siano dedotti motivi di censura tali da travolgere il piano nel suo complesso, in quanto involgenti l’impostazione di fondo dell’attività pianificatoria ovvero radicali difetti di istruttoria a monte dell’attività medesima.
Tali principi appaiono tanto più validi, ove si ponga mente alle già indicate peculiarità del Piano di zonizzazione acustica il quale, proprio in quanto finalizzato a individuare il livello generale di inquinamento acustico consentito nel Comune, è per sua natura caratterizzato da un approccio globale, in cui le varie porzioni di territorio non possono essere considerate isolatamente, ma al contrario sono fortemente interdipendenti: e non è certo un caso che, tra i criteri fondamentali che il legislatore statale ha inteso porre alle Regioni nella disciplina del Piano in questione, vi è il divieto di contatto diretto di aree – anche appartenenti a Comuni diversi, ma confinanti – in cui vi sia un significativo discostamento nei valori di qualità individuati (art. 4, comma 1, lettera a), l. nr. 447 del 1995).
Nel caso di specie i ricorrenti in primo grado, cittadini residenti nel territorio del Comune, hanno formulato doglianze – poi condivise dal primo giudice – che investivano la “filosofia” stessa seguita dall’Amministrazione nella predisposizione del Piano, lamentando profili di illegittimità afferenti alle scelte di fondo adottate (quali, ad esempio, l’inosservanza proprio del suindicato divieto di contatto diretto) ovvero carenze istruttorie intervenute a livello dell’eleborazione complessiva del Piano stesso.
Condivisibilmente, pertanto, il giudice a quo ha ritenuto la loro impugnazione ammissibile non solo quanto alle scelte di zonizzazione operate per la frazione Lurisia (ove i ricorrenti risiedono), ma anche per il Piano nel suo complesso.
4. In ordine logico, conviene poi esaminare il secondo motivo dell’appello incidentale proposto dalla Interstrade S.p.a., con il quale viene formulata una critica di ordine generale alla sentenza impugnata, assumendo che il T.A.R. avrebbe esercitato un indebito sindacato sulle scelte pianificatorie dell’Amministrazione, che sono connotate da amplissima discrezionalità; si tratta si una sorta di “anticipazione” del medesimo argomento poi impiegato, da entrambe le parti appellanti, nei riguardi di specifici punti della sentenza impugnata.
Al riguardo, giova fin d’ora chiarire che, pur senza disconoscere il principio secondo cui le scelte dell’Amministrazione nella pianificazione del territorio sono caratterizzate da ampia discrezionalità, ciò non significa che dette scelte siano insindacabili, ma unicamente che il sindacato giurisdizionale in subiecta materia incontra precisi limiti proprio nell’esigenza di non impingere nel merito delle suddette valutazioni discrezionali: di conseguenza, si ammette pacificamente che detto sindacato sia esercitabile in presenza di gravi illogicità, irrazionalità o travisamenti che denuncino la sussistenza del vizio di eccesso di potere.
Tali principi – può aggiungersi – risultano ancor più validi laddove sia lo stesso legislatore a porre precisi limiti alla discrezionalità del pianificatore, come avviene nella specie con la previsione della necessità che la zonizzazione acustica del territorio tenga conto della destinazione d’uso esistente delle varie aree, ovvero col già richiamato divieto di contatto diretto fra aree aventi classificazione acustica sensibilmente diversa.
È alla luce di tali coordinate logiche che la Sezione reputa le argomentazioni impiegate dal primo giudice per annullare il Piano per cui è causa immuni dal denunciato vizio di sconfinamento nel merito.
5. In particolare, col secondo motivo dell’appello dell’Amministrazione e col terzo e quarto motivo dell’appello incidentale (che pertanto possono essere esaminati congiuntamente) vengono censurati gli argomenti spesi nella sentenza impugnata in ordine alla illegittimità del Piano de quo, proprio in riferimento all’irragionevole e inadeguatamente motivata scelta di non tener conto, in generale, del “preuso” del territorio comunale, prevedendo un sensibile innalzamento dei valori di rumorosità delle varie porzioni di territorio rispetto alla situazione preesistente; col che, secondo il primo giudice, si sarebbe accordata una tutela eccessiva agli insediamenti industriali esistenti sul territorio comunale (di consistenza minoritaria, come non contestato inter partes, rispetto alla generale vocazione turistica del Comune di Roccaforte Mondovì), in contrasto con l’art. 1 della legge regionale del Piemonte 20 ottobre 2000, nr. 52, che, nel disciplinare – tra l’altro - i Piani comunali di classificazione acustica, ne riconosce espressamente la finalizzazione di fondo “alla prevenzione, alla tutela, alla pianificazione e al risanamento dell`ambiente esterno e abitativo, nonché alla salvaguardia della salute pubblica da alterazioni conseguenti all`inquinamento acustico derivante da attività antropiche”.
Gli argomenti spesi dalle parti appellanti a sostegno del motivo di impugnazione sono privi di pregio.
Innanzi tutto, per quanto concerne il generico richiamo all’ampia discrezionalità che connota le scelte dell’Amministrazione in materia, valgono i rilievi svolti al punto che precede.
Di poi, l’Amministrazione appellante non nega il generale innalzamento dei valori di qualità nei sensi testé indicati, assumendo però che si tratterebbe di scelta compatibile con le finalità del Piano de quo, scaturente dalla necessità di bilanciare l’interesse alla tutela dell’ambiente con quello alla tutela delle attività produttive esistenti sul territorio comunale.
Tuttavia, tenuto conto anche della già rilevata relativa scarsità di insediamenti produttivi, l’argomento non appare idoneo a superare i puntuali rilievi svolti nella sentenza impugnata, dai quali è dato evincere che le scelte in concreto operate, coinvolgenti la totalità del territorio comunale, più che tutelare gli impianti produttivi esistenti, hanno finito per penalizzare le aree allo stato aventi destinazione agricola, inserite in Classe IV (“aree ad intensa attività umana”), in Classe V (“aree prevalentemente industriali”) o addirittura in Classe VI (“aree industriali”), mentre nemmeno un’area interamente boscata ha ricevuto destinazione adeguata, venendo inserita solo in Classe III (“aree di tipo misto”).
Insomma, è come se la zonizzazione acustica del territorio fosse stata compiuta non già tenendo conto dell’attuale destinazione d’uso delle varie porzioni di territorio, ma di quella che si prevede o si auspica esse possano avere nel prossimo futuro, e non già tenendo conto dei livelli di rumore tollerabili in relazione alle destinazioni esistenti, ma di quelli superiori eventualmente sussistenti di fatto: col che, a un Piano che avrebbe dovuto procedere a risanamento dell’inquinamento acustico è stata attribuita in concreto una funzione di legittimazione di esso.
Del tutto incomprensibile, infine, è l’argomento speso dall’appellante incidentale, secondo cui non vi sarebbe prova che non fossero erronee le preesistenti destinazioni d’uso, anziché quelle individuate dal Piano di classificazione acustica adottata: infatti, è evidente che la questione non è quale sia la classificazione esatta, ma se risulti adeguatamente motivato un generale discostamento delle scelte di zonizzazione acustica dalle destinazioni urbanistiche del territorio, in violazione di un preciso parametro fissato dal legislatore nazionale.
6. Vanno adesso esaminati – congiuntamente in quanto coinvolgenti problematiche analoghe – il terzo e quarto motivo dell’appello principale e il quinto e sesto motivo dell’appello incidentale, con i quali si lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui sono stati individuati specifici vizi nell’attività istruttoria che ha preceduto l’elaborazione del Piano per cui è causa.
In particolare, il primo giudice ha censurato l’impiego di cartografie in scala 1:10.000, laddove le Linee Guida regionali imponevano la produzione di elaborati grafici in scala non inferiore a 1:5000 (circostanza evidenziata anche dalla Provincia di Cuneo nelle proprie osservazioni), nonché la mancata rinnovazione dei rilievi sull’intensità del traffico veicolare (come richiesto dalla stessa Provincia di Cuneo, oltre che dal Dipartimento Provinciale dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente).
Anche i motivi sopra indicati risultano del tutto inconsistenti.
Infatti, le statuizioni del primo giudice circa la indicate carenze istruttorie vengono contestate da entrambi gli appellenti sulla base di una mera petizione di principio, assumendo che l’idoneità e completezza dell’istruttoria espletata sarebbe dimostrata …dal fatto stesso che il Comune è riuscito ad adottare il Piano in questione, nonché dal fatto stesso che l’Amministrazione provinciale e numerosi redidenti sono stati in grado di formulare approfondite osservazioni.
Siffatti argomenti, invero, possono al più dimostrare che le scelte di pianificazione del Comune non erano totalmente insondabili o incomprensibili, ma non valgono in alcun modo a fornire la prova dell’adeguatezza ed esaustività dell’istruttoria compiuta, a fronte della violazione di una specifica direttiva (è il caso di quanto rilevato in ordine alle cartografie allegate al Piano) nonché di puntuali rilievi in ordine all’inattendibilità di taluni dati posti a base della zonizzazione (ed è il caso dei rilievi sul traffico veicolare).
7. Vanno respinti, infine, il quinto e ultimo motivo dell’appello principale e il settimo e ultimo motivo dell’appello incidentale, con cui si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inadeguate le motivazioni addotte dall’Amministrazione a sostegno della reiezione di numerose specifiche osservazioni formulate dalla Provincia di Cuneo e dai residenti della frazione Lurisia.
Anche in questo caso, l’impugnazione è affidata unicamente all’affermazione dell’ampia discrezionalità che connota le scelte amministrative in subiecta materia, e nella quale si sarebbe indebitamente ingerito il giudice di primo grado: pertanto, possono richiamarsi i concetti già esposti riguardo all’ammissibilità e ai limiti del sindacato giurisdizionale su tale discrezionalità.
Ciò premesso, gli argomenti delle parti appellanti non appaiono idonei a scalfire le motivazioni spese dal T.A.R. con riferimento alle osservazioni de quibus e all’inadeguatezza delle relative controdeduzioni, molte delle quali concernono specifiche ricadute dei vizi di fondo del Piano su singole zone di territorio (ad esempio, le aree scolastiche e le case di riposo, non classificate in Classe I come sarebbe stato ragionevole, ovvero l’area su cui insiste una azienda agrituristica, classificata in Classe VI, ossia alla stregua di un’area industriale).
8. Alla stregua dei rilievi fin qui svolti, s’impone una decisione di reiezione di entrambi gli appelli, con l’integrale conferma della sentenza impugnata.
9. Le spese seguono la soccombenza e vengono equitativamente liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quarta, respinge l’appello principale e l’appello incidentale e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna il Comune di Roccaforte Mondovì e la Interstrade S.p.a. al pagamento, pro quota in favore degli appellati, delle spese relative al presente grado di giudizio, che liquida in complessivi tremila euro oltre accessori e competenze di legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2009 con l’intervento dei Signori:
Armando Pozzi, Presidente FF
Anna Leoni, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

 

 

 

L`ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione



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