Alto Contrasto Reimposta
Iscriviti Area Riservata
Menu
Menu
Stemma

Piano di recupero urbano - Costruzione di residenze - Rapporto tra nuove residenze e quelle da risanare

Pubblicato il 22/08/2011

TAR Lazio Roma sez. II 11/5/2011 n. 4096

Documento senza titolo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 867 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Sig.ra Angela Scagnoli e dalla Sig.ra Maria Scagnoli, rappresentate e difese dagli avv. Clemente Maria Mannucci e Federico Mannucci, con domicilio eletto presso il loro studio, in Roma, Viale Mazzini, 11 Sc.H Int.3;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall`avv. Elisa Caprio;

Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall`Avv. Nicola Sabato, unitamente al quale elegge domicilio presso gli uffici dell’Avvocatura comunale, in Roma, Via del Tempio di Giove, n.21;
nei confronti di
società Porto Torre spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giuseppe Lavitola e Leonardo Lavitola, presso lo studio dei quali, in Roma, via Costabella n.23, è elettivamente domiciliato;
società CELIA s.r.l. (ora incorporata nella società Roma Ovest Costruzioni Edilizie s.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., non costituitosi in giudizio;
società Roma Ovest Costruzioni Edilizie S.p.A. (ora incorporata nella società Unione Generale Immobiliare s.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giuseppe Lavitola e Leonardo Lavitola, presso lo studio dei quali, in Roma, via Costabella n.23, è elettivamente domiciliato;
società Unione Generale Immobiliare s.p.a., subentrata alla società Roma Ovest Costruzioni Edilizie s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giuseppe Lavitola e Leonardo Lavitola, presso lo studio dei quali, in Roma, via Costabella n.23, è elettivamente domiciliato;
per l`annullamento
- del Decreto del Presidente della Regione Lazio n. 581 del 16.11.2005, pubblicato sul supplemento ordinario n.3 al B.U.R. Lazio n.33 del 30.11.2005, cn cui è stato adottato ed approvato l’Accordo di Programma ex art.34 D.Lgs. n.267/2000, ed ex art.36 ter della L.R. Lazio n.24 del 1998 relativamente all’intervento denominato “Piano di Recupero Urbano di cui all’art.11 del DL 398/1993 convertito con L. n.493/1993 – Ambito San Basilio del Comune di Roma”;
- dell`accordo di programma ex art. 34 D.Lgs. 267/2000 sottoscritto in data 1.4.2005 tra la Regione Lazio ed il Comune di Roma;
- della deliberazione n. 83 del Consiglio Comunale di Roma del 27.4.2005, con cui è stata ratificata l’adesione del Comune di Roma all’Accordo di Programma di cui sopra;
- della deliberazione n. 11 del Consiglio Comunale di Roma del 5.10.2005, con cui è stata ratificata l’adesione del Presidente della Regione Lazio all’Accordo di Programma di cui sopra;
- della deliberazione n. 11 del Consiglio Comunale di Roma del 10.11.2001, di adozione del Programma di recuper urbano di San Basilio;
- della deliberazione n. 1946 del Consiglio Comunale di Roma del 9.11.1999;
- di ogni altro atto presupposto o conseguente, coordinato e connesso;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Comune di Roma e di Roma Ovest Costruzioni Edilizie S.p.A. Ora Unione Generale Immobiliare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell`udienza pubblica del giorno 23 marzo 2011 il Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Le Sign.re Angela e Maria Scagnoli, ricorrenti, sono proprietarie pro quota di un terreno in Roma, avente accesso da Via del Casale di San Basilio, di mq 15.493 (distinto nel Catasto di Roma al Foglio 288, partt.178, 179, 181, 182 e 184), su cui insistono due casali (a loro volta distinti al Catasto Terreni al Foglio n.288, part.180, e al Catasto Fabbricati al Foglio n.288 part.34).
Il terreno ed i casali sopra indicati sono stati usucapiti dal Sig. Giuseppe Scagnoli, dante causa delle ricorrenti, in danno della società Nersia s.r.l., come dichiarato dalla Corte d’Appello di Roma nella sentenza n.762 del 28.2.1996, confermata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.6944 del 5.7.1999.
Con delibera di GM n.4468 del 21.10.1997 (modificata con le delibere di GM n.571/1998 e n.1679/1998), il Comune di Roma bandiva una procedura di “confronto concorrenziale” per la formazione - ai sensi dell’art.11 della L. n.493 del 1993 - del “programma di recupero urbano” (di seguito PRU) di San Basilio.
In adesione al predetto bando, il 30.6.1998 la società Porto Torre s.p.a., avente causa dalla società Nersia s.r.l. e proprietaria di terreni confinanti con la proprietà Scagnoli, presentava una proposta privata di intervento (da inserire nel PRU di San Basilio) da realizzare su un’area della stessa e su un’altra area del Comune che si impegnava ad acquisire.
La originaria proposta della società Porto Torre consisteva nella realizzazione di:
un’area centrale composta da una piazza pedonale, un parco attrezzato, un mercato all’aperto, una serie di servizi privati (quali un centro per lo spettacolo con cinque multisale ed una libreria multimediale, un centro per le attività sportive al coperto, le attrezzature commerciali e per il terziario minore);
edifici residenziali con una cubatura complessiva inferiore al 50% della cubatura totale dell’intervento.
Complessivamente il progetto prevedeva la realizzazione di mc 39.200 a destinazione non residenziale (multisale, libreria, centro sportivo, commerciale e terziario minore) e di mc 28.000 a destinazione residenziale da realizzare su un’area di mq 54.436 (di cui 16.686 di proprietà del Comune, che la ricorrente chiedeva di acquisire, ed i restanti 37.750 di proprietà della stessa ricorrente).
La società Porto Torre avanzava la proposta nell’asserita qualità di proprietaria di tutte le aree coinvolte, con la sola eccezione di quelle di proprietà del Comune.
Essa, cioè, comprendeva nel progetto anche i terreni identificati al Catasto alle particelle 181, 178 e 184 del Foglio 288 per mq. 8.297, nonché il casale insistente nel terreno ricadente nella particella 180 e parte del terreno di cui alla particella 179; e ciò non ostante fosse ormai intervenuta la sentenza n.762 del 28.2.1996 che ne attribuiva la proprietà alle ricorrenti.
La Commissione tecnico-consultiva istituita dal Comune per la valutazione delle proposte presentate, esaminava la proposta della società Porto Torres, d’ora in poi denominata “Proposta 11”.
A seguito dell’esame la ammetteva, ma prescriveva di ridurre la volumetria abbassando almeno di un piano gli edifici residenziali e portando così la cubatura residenziale da 28.800 mc a 19.200 mc .
Con nota del 4.10.1999 la società Porto Torre comunicava al Comune la propria disponibilità “ad adeguare la proposta sulla base dell’attuale area a disposizione che è pari a mq 43.294 circa”.
Esaurita l’istruttoria per la redazione dei PRU definitivi, con la delibera di CC n.11/2001 il Comune di Roma adottava il PRU di San Basilio ed indicava al Sindaco gli indirizzi per la sottoscrizione del relativo Accordo di Programma.
Al momento dell’adozione del PRU la “Proposta 11” risultava ridotta su una superficie di mq 46.139 (contro i 54.436 della proposta originaria). Veniva mantenuta invariata la cubatura non residenziale realizzabile, e ridotta marginalmente la cubatura residenziale (a mc 24.960, contro il 28.800 della proposta originaria). Inoltre dal progetto veniva eliminata la piazza, e ciò per consentire il rispetto degli standards di verde.
Il 12.6.2003 le ricorrenti presentavano le osservazioni alla delibera, manifestando le proprie perplessità in merito alla “Proposta 11” che originariamente ricomprendeva (seppur illegittimamente) anche le aree di loro proprietà (non indicate come tali), aree che in sede di adozione erano state stralciate dal progetto. Ed al riguardo, le ricorrenti si dichiaravano disponibili a far ricomprendere le loro aree nella “Proposta 11” in modo da far sanare il difetto del requisito della disponibilità dell’area in capo ai proponenti. In subordine chiedevano che la intera “Proposta 11” fosse esclusa dalla delibera a cagione ed in ragione della sua difformità rispetto alle prescrizioni della Commissione e della difformità rispetto
Solamente successivamente le ricorrenti venivano a sapere che la società Porto Torre aveva - illo tempore - venduto i terreni ed i casali di sua proprietà (partt.34, 178, 179, 180, 181, 182 e 184 del foglio 288) alla società Celia s.r.l., la quale - dunque - li aveva acquistati (con atto evidentemente nullo) “a non domino”. Ed in relazione a tali fatti le ricorrenti sporgevano denuncia e querela alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma.
Nel corso del procedimento di approvazione della delibera, anche la società Porto Torre presentava osservazioni e controdeduzioni, con le quali affermava che il progetto era stato modificato e ridotto alla luce dell’esito negativo del contenzioso sulla proprietà dell’area.
All’esito della Conferenza di servizi convocata dalla Regione, della relativa Conferenza di servizi istruttoria (alla quale partecipavano i rappresentanti delle Amministrazioni interessate) e della Conferenza di servizi decisoria, in data 1.4.2005 il Presidente della Regione ed il Sindaco di Roma sottoscrivevano l’Accordo di Programma con cui veniva approvato il PRU di San Basilio.
L’adesione del Sindaco di Roma all’Accordo di Programma veniva ratificata con la delibera di CC n.83/2005 e l’adesione del Presidente della regione Lazio con la delibera del Consiglio Regionale n.11/2005.
Infine, con Decreto del Presidente della Regione Lazio n.581 del 16.11.2005 (pubblicato nel Supplemento ordinario n.3 al B.U.R. Lazio n.33 del 30.11.2005), l’Accordo di Programma in questione veniva approvato.
Con il ricorso in esame le ricorrenti lo hanno impugnato, unitamente agli atti indicati in epigrafe, e ne chiedono l’annullamento, per le conseguenti statuizioni.
In pendenza del giudizio l’Amministrazione comunale adottava la Determinazione Dirigenziale n.607 del 3.9.2009 e la Convenzione urbanistica del 16.10.2009 (atti conseguenti a quelli impugnati), con i quali veniva dato inizio ai lavori di attuazione del PRU.
Con ricorso per motivi aggiunti le ricorrenti hanno impugnato anche i predetti atti e ne chiedono l’annullamento.
Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione ha eccepito l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Anche la società contro interessata si è costituita in giudizio eccependo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Infine, all’udienza del 23.11.2011, uditi i Difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.
1.1. Con il primo motivo le ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del DM 1.12.1994, dell’art.3 della L.R. Lazio n.22/1997 e dell’art.15 del Bando (di cui alla delibera di GM n.4468 del 21.10.1997, modificata con le delibere di GM n.571/1998 e 1679/1998), nonché eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, deducendo:
che ai sensi della citata normativa i soggetti proponenti al momento della presentazione delle domande d’intervento devono detenere la disponibilità delle aree e degli immobili interessati dal progetto;
che al momento della presentazione della proposta progettuale, la proponente non era proprietaria dell’intera area;
che l’Amministrazione era a conoscenza dell’esistenza di un contenzioso in ordine alla proprietà di alcune porzioni dell’area interessata, ciò che infatti risultava dalla perimetrazione in pianta (Cfr. la pag.12 della tav.2E2 della proposta progettuale);
e che pertanto tutte le deliberazioni approvative del progetto sono illegittime e vanno annullate.
La doglianza non può essere condivisa.
Sin dalla presentazione della proposta urbanistica del PRU, in data 30.6.1998 la controinteressata ha segnalato l’esistenza del contenzioso civile in ordine alla proprietà delle porzioni di terreno e dei casali poidefinitivamente risultati delle ricorrenti.
In relazione all’esito del contenzioso, il progetto è stato sottoposto a variante (rectius: è stato modificato), venendo “ridotto” in modo da escludere le aree di proprietà delle ricorrenti.
E poiché non v’è alcuna norma che vieti di modificare un piano di recupero urbanistico nel corso del procedimento volto alla sua adozione o approvazione, ove subentrino - come nel caso dedotto in giudizio - giuste ragioni per farlo, il comportamento dell’Amministrazione resiste, sotto il dedotto profilo, alla censura.
Cionondimeno il ricorso merita accoglimento per i successivi motivi di gravame dei quali si passa a trattare.
1.2. Con il secondo mezzo di gravame le ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del DM 1.12.1994, dell’art.3 della L.R. Lazio n.22/1997 e dell’art.15 del Bando (di cui alla delibera di GM n.4468 del 21.10.1997, modificata con le delibere di GM n.571/1998 e 1679/1998), nonché eccesso di potere per contraddittorietà e disparità di trattamento, deducendo:
che non ostante l’esclusione dei loro terreni, la “cubatura residenziale” realizzabile è stata addirittura aumentata e che per far ciò l’originario progetto è stato stravolto (con trasformazione della piazza in area destinata a verde pubblico);
e che la modificazione della proposta di PRU è avvenuta, in contrasto con la citata normativa, in mancanza di qualsiasi procedimento di evidenza pubblica; e senza il loro coinvolgimento, non ostante esse avessero acconsentito, in sede di formulazione delle osservazioni, che i loro terreni fossero coinvolti nel programma..
La doglianza merita accoglimento.
1.2.1. L’eccezione preliminare al riguardo formulata dalla controinteressata, secondo cui le ricorrenti non avrebbero legittimazione (né interesse), a formulare la doglianza in questione, in quanto non hanno partecipato fin dall’origine al procedimento, non è condivisibile.
Le ricorrenti hanno partecipato - seppur in limine - al procedimento formulando critiche ed osservazioni e dichiarando la loro intenzione di mettere a disposizione i loro terreni per la formulazione del progetto.
Vantano pertanto un interesse specifico alla domanda giudiziale in questione, e ciò anche in quanto sono proprietarie di aree confinanti o comunque vicine a quelle coinvolte dalle edificazioni; aree che - a loro avviso - verrebbero a subire un pregiudizio in conseguenza dell’impatto ambientale derivante dalle nuove costruzioni.
Le ricorrenti lamentano inoltre di subire un pregiudizio economico per la (immotivata) esclusione dei loro terreni, gli unici a rimanere inedificabili ed a subire ulteriori, dal progetto.
1.2.2. Nel merito la loro doglianza merita accoglimento per le seguenti considerazioni.
In data 12.6.2003 le ricorrenti presentavano le loro osservazioni nelle quali:
manifestavano perplessità sia in ordine al fatto che il progetto avesse in origine compreso, a loro insaputa, anche aree di loro proprietà; sia in ordine al fatto che poi le stesse fossero state stralciate;
e si dichiaravano disponibili a far ricomprendere i loro terreni nella Proposta 11; consentendo, così, che il difetto di un requisito necessario (la disponibilità dell’are da arte del proponente) venisse sanato.
Senonchè, per tutta risposta l’Amministrazione:
ha stralciato i terreni delle ricorrenti dal programma;
pur di mantenere inalterata la misura di cubatura non residenziale ha modificato il progetto eliminando alcune opere (destinate ai cittadini ed a servizi sociali) che lo qualificavano (nella specie: la piazza, trasformata in area destinata a verde pubblico; le cc.dd. “multisale”, la libreria multimediale ed il centro sportivo ) e riducendo spazi originariamente destinati a verde pubblico;
ed ha addirittura aumentato la misura della cubatura residenziale.
Il tutto:
senza minimamente coinvolgere le ricorrenti, che pur avevano partecipato al procedimento formulando osservazioni - e che vantavano (e vantano) un interesse differenziato rispetto alla collettività indistinta, in quanto proprietarie di terreni limitrofi incisi dall’impatto ambientale del progetto - nella operazione valutativa di confronto concorrenziale;
senza spiegare la concreta ragione dello stralcio - invero illogico - dal programma, dei loro terreni (dapprima inclusi, nell’erroneo convincimento che fossero o che potessero essere di proprietà della controinteressata) non ostante la loro dichiarazione di disponibilità;
e senza dar conto della ragione per la quale il programma (sì immotivatamente) modificato fosse (e sia stato considerato) “migliore” (e più conforme all’interesse pubblico) rispetto a quello originariamente redatto e che le ricorrenti avevano comunque “condiviso”.
In che dà la sensazione - e potrebbe indurre a ritenere - che vi fosse la deliberata intenzione di includere nel PRU determinati terreni solamente se ed in quanto di proprietà di determinati soggetti.
Sicchè l’azione amministrativa - in ciò palesemente viziata da c.d. sviamento dalla causa tipica del potere esercitato - va certamente corretta, in modo da garantire che se ne percepisca pubblicamente l’imparzialità e la direzione verso la realizzazione del pubblico interesse.
1.3. Con il terzo mezzo di gravame le ricorrenti lamentano violazione dell’art.17, comma 4, del bando ed eccesso di potere per contraddittorietà ed errore di fatto, deducendo che la nuova proposta (la c.d. “Proposta 11) non è conforme alle prescrizioni impartite dalla Commissione tecnico-consultiva.
La doglianza merita accoglimento.
Ed invero la proposta era stata ammessa a condizione:
che la cubatura residenziale venisse ridotta da mc 28.800 a mc 19.200;
che gli edifici fossero meno alti (un piano in meno);
e che vi fosse continuità tra verde pubblico e piazza.
Condizioni che non sono state rispettate, in quanto la cubatura residenziale è stata addirittura aumentata; gli edifici risultano della medesima altezza e la piazza è stata soppressa.
1.4. Con il quarto profilo di gravame la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.5, comma 3, del bando ed eccesso di potere per disparità di trattamento, deducendo che alcune aree da acquisire al fine di essere asservite a dotazioni urbanistiche risultano, in realtà, già asservite a volumetrie già realizzate.
La doglianza appare condivisibile.
La “Proposta 11” prevedeva l’acquisizione di un’area comunale di 16.586 mq da includere nel progetto.
Ai sensi dell’art.5, comma 3, lett.b del bando, le aree di proprietà comunale da acquisire al fine di realizzarvi servizi o dotazioni urbanistiche devono risultare non utilizzate (per servizi o per fini pubblici) e comunque non già asservite a standards urbanistici.
Orbene, le ricorrenti allegano e documentano (mediante il richiamo all’All. D alla delibera n.11/2011) la circostanza che l’area da acquisire dal Comune, indicata nel progetto, è già parzialmente utilizzata (parte come verde pubblico attrezzato, parte come area destinata a mercato, già asfaltata ed illuminata) e che costituisce dotazione di standard di un altro strumento urbanistico.
Il che significa che la sua inclusione nel progetto non costituisce un elemento idoneo ad integrare un arredo urbano nuovo, né un servizio aggiuntivo.
In altra parole, le ricorrenti lamentano che l’acquisizione dell’area non si concreta in una dotazione aggiuntiva (e così pure le opere da realizzarvi); e che è stata prevista ed inserita nel progetto al solo fine di far apparire un carico urbanistico minore.
E poiché sul punto né l’Amministrazione, né le controinteressate sono state in grado di controdedurre alcunché, ed il rilievo appare sufficientemente provato dalla semplice descrizione dell’area in questione, contenuta nell’All. D alla delibera n.11/2011, il progetto non appare esente dal vizio prospettato.
1.5. Con il sesto motivo di gravame le ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art.11 del DL n.398 del 1993 convertito in L. n.493 del 1993; dell’art.4 del DM 1.12.1994 ed eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, deducendo che lo strumento del PRU è stato surrettiziamente ed illegittimamente utilizzato, non già per recuperare e riqualificare il patrimonio immobiliare esistente, ma per realizzare una serie di nuove costruzioni (dunque, alla stregua di un piano di lottizzazione)
La doglianza merita accoglimento.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “è illegittimo un piano di recupero urbano (PRU) che prevede la costruzione di un numero di nuove residenze superiore a quelle da risanare; infatti la finalità propria del programma di recupero consiste nel recupero e nella riqualificazione dell’edificazione esistente e non già nella modifica dell’assetto urbanistico, con la realizzazione di un numero di abitazioni del tutto sproporzionato” (CS, IV^, 3.4.2001 n.1913).
Ora, nella fattispecie dedotta in giudizio, dall’esame del PRU per cui è causa emerge:
che la “Proposta 11” si traduce in un piano di edificazione intensiva e generalizzata dell’area di intervento - si prevede, infatti, di costruire 39.200 mc di cubatura non residenziale e 24.960 mc di cubatura residenziale - nella quale le uniche opere di recupero sono il collegamento della Via del Casale di San Basilio con la Via Sarniano e la sistemazione di un mercato già esistente;
che la cubatura residenziale da realizzare sovrasta di gran lunga quella da risanare.
E’ pertanto evidente che lo strumento del PRU è stato utilizzato “oltre” i limiti per i quali è stato previsto; ed al di là della sua funzione.
2. Il ricorso per motivi aggiunti merita accoglimento per le medesime osservazioni.
Esso si rivolge, infatti, avverso provvedimenti attuativi di quelli impugnati con il ricorso principale, e sui quali si riflettono i vizi degli atti presupposti.
3. In considerazione delle superiori osservazioni, il ricorso merita accoglimento, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati e salvi gli ulteriori provvedimenti che l’Amministrazione intendesse adottare nel rispetto dei principii (partecipazione al procedimento degli interessati, e giusta proporzione fra risanamento e nuova edificazione) sopra enunciati.
Si ravvisano giuste ragioni per condannare in solido le parte soccombenti al pagamento, in favore di parte ricorrente, delle spese processuali che si liquidano in complessive €.3.000,00 oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso; e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti che l’Amministrazione intenda adottare nel rispetto dei principii formulati in motivazione.
Condanna le parti soccombenti al pagamento in solidodelle spese processuali in favore della parte ricorrente, nella misura indicata nel capo 3 della presente decisione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall`Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma nelle Camere di Consiglio del giorno 23 marzo 2011 e del 21 aprile 2011, con l`intervento dei Signori Magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore
Salvatore Mezzacapo, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L`ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/05/2011

IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)




Utilità