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Opere a completamento di un manufatto abusivo

Pubblicato il 23/03/2010

Ufficio Tecnico 1/2010 Documento senza titolo

QUESITO

A fronte di una domanda di completamento di opere abusive, consistenti nella realizzazione di tramezzi ed impianti tecnologici, l’amministrazione comunale si è espressa negativamente rilevando che le opere indicate devono ritenersi innovative in quanto non rispondono ai requisiti ed alle caratteristiche previsti dall’art. 35, comma 13 della legge 47/1985 e che, come tali, sono soggette a specifica autorizzazione edilizia. Si chiede quali siano i presupposti per l’applicazione della suddetta norma e cosa si intenda per opera di completamento.

RISPOSTA

L’articolo 35, comma 13 della legge 47/1985 dispone che “Decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda e, comunque, dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, il presentatore dell’istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria può completare sotto la propria responsabilità le opere di cui all’articolo 31 non comprese tra quelle indicate dall’articolo 33. A tal fi ne l’interessato notifica al comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima di trenta giorni dalla data della notificazione”.
I presupposti e le modalità procedimentali richieste dalla norma possono così riassumersi:
a) il deposito dell’istanza di condono nei termini dell’art.
40 della legge 47/1985; b) il decorso di 120 gg, dalla presentazione della domanda di condono;
c) il versamento del 100% dell’oblazione;
d) il deposito di tutta la documentazione necessaria;
e) la notifica al comune dell’intendimento di completare le opere abusive e l’impegno ad iniziare i lavori non prima di trenta giorni dalla notificazione. 

Nella serie successiva di atti e fatti giuridici descritti si ritiene ravvisabile il configurarsi di una fattispecie a formazione progressiva. In particolare, il rispetto e l’attuazione dei prescritti adempimenti ed, infine, il decorso di trenta giorni senza che l’amministrazione abbia esercitato alcun potere inibitorio determinano il formarsi di un assenso tacito al completamento dei lavori. Allo scadere dei trenta giorni il richiedente è, infatti, abilitato, sotto la propria responsabilità, alla realizzazione delle opere, permanendo in capo all’amministrazione il generale potere di controllo sull’attività edilizia, di cui all’art. 27, comma 1 del d.P.R. n. 380/2001 ed il potere di assumere determinazioni in via di autotutela laddove vengano riscontrati vizi del procedimento.

Quanto al concetto di opere di completamento, con riferimento ad una fattispecie consistente nel “completamento delle opere civili, interne ed esterne, quali tramezzature, tompagnature, intonaci, pavimentazione, infissi, impianti eseguiti a norma, allacciamenti ai servizi di erogazione primaria quali quello elettrico, telefonico, del gas, acquedotto nonché l’allacciamento fognario e, inoltre, nell’esecuzione degli ultimi due rampanti della scala esistente”, il T.A.R. Campania qualificava i suddetti interventi come “opere tutte sicuramente non comportanti modificazioni strutturali tali da rendere il manufatto diverso da quello condonando, all’epoca della presentazione dell’istanza completo al rustico e munito di copertura e tompagnature” (T.A.R. Campania, Napoli, sentenza n. 8088 del 17 giugno 2006).

I criteri fondamentali, di elaborazione giurisprudenziale, che consentono di contraddistinguere la fattispecie dei lavori di completamento sono indicati in questi termini:
“Le caratteristiche essenziali dei lavori di completamento di cui all’art. 35, comma 8 della legge n. 47 del 1985, consistono nella loro assoluta necessità ai fini della utilizzabilità concreta del manufatto oggetto di condono e nella irrilevanza o, comunque, marginalità delle stesse, nel senso che le medesime non devono essere tali da aggiungere un quid novi alla consistenza ed alla conformazione strutturale dell’edificio così come oggettivamente identificabile al momento della ultimazione.
Non possono, quindi, essere considerate opere di completamento quelle che realizzino nuovi volumi o attribuiscano una diversa caratterizzazione strutturale e tipologica al manufatto già realizzato (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 27 novembre 1991, n. 1316 che ha escluso la natura di opere di completamento per quelle volte alla chiusura e al tamponamento di una preesistente tettoia, manufatto, autonomamente utilizzabile e condonabile anche in assenza dell’esecuzione delle predette opere; cfr. altresì T.A.R. Lazio, sez. II, 29 maggio 1990, n. 1156, per cui non può essere legittimamente eseguito un edificio su di una platea di cemento già realizzata invocando il potere di completamento di cui all’art. 35 cit., trattandosi di opera già di per sè completa e funzionale come piazzale di servizio o di parcheggio rispetto ad altro fabbricato)” (T.A.R. Lombardia, sentenza n. 3815 del 28 giugno 2005, vedasi anche T.A.R. Lombardia, n. 1316 del 27 novembre 1991).

Riassumendo i suddetti criteri, sono considerate opere di completamento quelle assolutamente necessarie ai fi ni della utilizzabilità concreta del manufatto e marginali rispetto alla conformazione strutturale dell’edificio. In termini negativi, non sono opere di completamento quelle che realizzino nuovi volumi ed aggiungano un quid novi alla consistenza ed alla conformazione strutturale e tipologica dell’edificio. Nel rispetto dei suddetti criteri, appare inoltre pacifico che la finalità della norma sia proprio quella di consentire la realizzazione di quegli interventi necessari a garantire la concreta utilizzabilità del manufatto rimasto incompiuto (in questi termini: Consiglio di Stato, sentenza n. 6072 del 20 giugno 2006).



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