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Il ripristino degli abusi edilizi: l’alternativa alla demolizione

Pubblicato il 14/12/2022
Il ripristino degli abusi edilizi: l’alternativa alla demolizione

FISCALIZZAZIONE (art. 34, co. 2, dPR n. 380/01)

 

Si tratta di una soluzione alternativa alla demolizione o rimessa in pristino esclusivamente applicabile agli abusi edilizi relativi alla parziale difformità dal permesso di costruire ex art. 34, co, 2, del TUE pertanto non è applicabile ad altre tipologie di violazioni edilizie (difformità totale o con variazioni essenziali nuove costruzioni).

La norma, così come è scritta, non fa esplicito riferimento né al momento in cui deve riferirsi la sanzione pecuniaria né alle modalità di calcolo della stessa.

Si sottolinea che il pagamento di questa sanzione non costituisce sanatoria edilizia e pertanto non porta all’estinzione del reato penale.

L’art. 34, co. 2 del TUE richiama la sanzione pecuniaria inviando alla legge n. 392/78 (equo canone).

Come dice la norma: “il calcolo della sanzione pecuniaria (fiscalizzazione) è commisurata al doppio del costo di costruzione, riferito a quello indicato nella legge 392del 1978”.

Ci sono altri aspetti da sottolineare, ovvero:

  • il rinvio al metodo di calcolo della legge 392/78, disposto dall’art. 34, co. 2, del dPR n. 380/01, va inteso come riferito alla specifica metodologia di calcolo del costo di produzione degli immobili, da utilizzare anche dopo l’intervenuta modifica del regime dell’equo canone.
  • il costo di produzione, in assenza di precisi chiarimenti nella norma (art. 34, co. 2) va inteso riferito all’intera superficie (convenzionale) oggetto della fiscalizzazione (sanzione pecuniaria), ai sensi dell’art. 13, legge 392/78 (sentenza CdS, n. 5550/2014).
  • la difficoltà maggiore di questa “fiscalizzazione” è rappresentata dal fatto che si creano problemi per i proprietari ovvero gli aventi titolo che successivamente decidono di intervenire su tali immobili. Sembra che la fiscalizzazione, che consente di mantenere in situ l’immobile, non sanando l’abuso, renda lo stesso “intoccabile” nello stato di fatto in cui si trova, tanto che la Cass. Pen. in materia di trasformazioni su immobiliari impedisce addirittura la manutenzione ordinaria.

  • questo procedimento e queste situazioni (abusi insanabili e non demolibili e non trasformabili), ammessi alla fiscalizzazione, possano riguardare:
    • parziale difformità dal pdc art. 34, co. 2, dPR 380/01,
    • ristrutturazioni edilizie “pesanti” eseguite in assenza o difformità dal pdc art. 33, co. 2, dPR 380/01,
    • difformità dalla SCIA art. 37, co. 1, dPR 380/01,
    • categoria di opere abusive conseguenti all’annullamento del pdc art. 38 dPR 380/01.

  • la definizione di “fiscalizzazione” non esiste nel dPR n. 380/01, nata piuttosto dai pronunciamenti della giurisprudenza amministrativa e penale. Significa pagare una sanzione pecuniaria sostitutiva alla mancata demolizione per taluni abusi edilizi, obbligando i responsabili a mantenerli nello stato di fatto in cui si trovano.
  • la procedura della fiscalizzazione deve essere fatta valere dal soggetto interessato (proprietario o responsabile abuso) e accertata dal comune nella fase successiva all’ingiunzione, ovvero quando si perviene all’emissione dell’ordinanza di demolizione.

  • la costante giurisprudenza del CdS ritiene che la fiscalizzazione sia una residuale eccezione alla regola di demolire l’abuso e mantenerlo in opera.

  • entrando nel merito della sanzione pecuniaria, sostitutiva della demolizione, si possono esemplificare alcune fattispecie precisando che:
    • la quantificazione deve avvenire soltanto sulle porzioni dell’immobile oggetto di fiscalizzazione, ossia sulle superfici utili aggiuntive (vedi sentenza del CdS 4464/2021),
    • gli aumenti di volume (come nel caso di sopraelevazioni) si esaminano, valutano e si quantificano col metodo della “superfici convenzionale abusiva” e relativo costo di produzione secondo i criteri e parametri ex legge 392/78,
    • in qualche caso all’aumento di volumetria, avvenuto senza creare superficie utile, come nei casi di sopraelevazione oppure con cambio d’uso abitativo del sottotetto ottenuto abbassando il solaio di calpestio)è possibile applicare il metodo della legge 392/78 basato soltanto sulla superficie, anche nel caso di puro incremento volumetrico, secondo la sentenza del CdS n. 8170/22.
    • la conversione da volumetria in superficie, con riferimento alla legge sul condono, è possibile applicando la nota 1 della Tabella allegata alla legge n. 47 del 1985, come ha affermato la sentenza del CdS sopra citata. Si tratta, in buona sostanza, di un parametro tecnico utilizzato al fine di aderire al disposto di cui all’art. 34, co. 2, TUE, individuando la sanzione dovuta per l’opera in difformità.

  • la giurisprudenza amministrativa ha sempre sostenuto il principio secondo cui la “fiscalizzazione” sia possibile valutarla soltanto dopo che il comune abbia emesso l’ordinanza di demolizione o rimessa in pristino. E’ una presa d’atto della non possibile demolizione per cui l’amministrazione comunale prima deve emettere il provvedimento demolitorio e successivamente rendersi conto che non può eseguirlo e pertanto fiscalizza. E’ importante valutare (o far valutare) l’effettiva non demolibilità dell’opera suscettibile di fiscalizzazione già prima dell’ordinanza di demolizione, oppure in presenza dell’ordinanza di demolizione occorre far valutare ugualmente la stessa circostanza da un tecnico abilitato.

  • l’art. 34, co. 2, TUE definisce le modalità di calcolo della sanzione pecuniaria e lo fa rimandando alla ex legge 392/78. Il rinvio a tale legge va inteso in senso materiale, cioè riferito alla specifica modalità del costo di produzione degli immobili, la cui sanzione va applicata “ratione temòporis” e più precisamente al sistema parametrico della citata legge, valevole per l’avvenire e non per il passato, ossia al tempo del compimento dell’abuso.

  • le sanzioni pecuniarie e demolitorie seguono l’immobile nei trasferimenti di proprietà. La natura permanente dell’abuso è legittimamente comminata in capo all’attuale proprietario dell’opera abusiva. L’illegittimità degli abusi edilizi commessi dai proprietari precedenti grava, in primo luogo sugli attuali proprietari, salvo eventuale rivalsa.

Alla luce di quanto sopra si può pertanto riassumere che la fiscalizzazione è applicabile ai limitati casi sopra menzionati, sempre che ricorrano le condizioni specificate dalla giurisprudenza amministrativa riferendosi ai disposti normativi della legge 393/78 e alle sue modalità applicative, osservando altresì:

  • la sanzione pecuniaria viene applicata seguendo l’unico senso logico ed efficace, ovvero il riferimento al sistema parametrico della legge 392/78,

  • la fiscalizzazione deve far riferimento alle tre fasce temporali, ovvero ante 31 dicembre 1975, dal 1 gennaio 1976 al 21 dicembre 1997 e dal 1 gennaio 1998 ad oggi, data ultima in cui è stato pubblicato il costo di produzione con valenza per l’anno precedente.

  • che “nel silenzio normativo”, e al netto dei pochi riferimenti giurisprudenziali, è congruo attualizzare dalla data d’esecuzione dell’abuso ad oggi il costo di produzione stabilito dall’ultimo DM 1998, con indici Istat del costo di costruzione, come ribadito dal CdS (sentenza 4463/2021),

  • la legittimità di un provvedimento amministrativo si deve accertare con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, secondo il principio del “tempus regit actum”.

 

Articolo di Pierangelo BenedettiCoordinatore comitato scientifico Edilizia/Urbanistica/SUAP.


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