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Il Comune può concedere in locazione l'immobile di cui abbia la "disponibilità di fatto" acquisita in maniera lecita

Pubblicato il 25/11/2016

di Giuseppe Morano

E il principio enunciato in una recentissima sentenza della Corte di Cassazione ( 20387/16).  Ciò  ha sgombrato il campo da qualsiasi dubbio in ordine al fatto che tale principio non possa far eccezione nel caso in cui sia una pubblica amministrazione a essere locatrice.

La vicenda prende origine dalla legge 833/1978 che ha istituito il Servizio sanitario nazionale con contestuale soppressione degli enti ospedalieri i cui beni venivano trasferiti ai Comuni, con il vincolo di destinarli in parte alle nuove unità sanitarie locali per svolgere attività igienico-sanitarie e in parte alla gestione diretta dei Comuni per la realizzazione di rendite.

Nel caso specifico il ricorrente aveva contestato la mancata acquisizione della proprietà da parte del Comune che quindi non avrebbe potuto trasferirla all'azienda sanitaria che ora chiedeva al privato il rilascio dell'immobile inizialmente locato dall'ente locale. Secondo il conduttore "sotto sfratto" il contratto originario sarebbe stato affetto da nullità. Ciò perchè la Regione aveva mancato di adottare quegli atti amministrativi necessari a perfezionare il trasferimento.

Ma la Corte di cassazione ha respinto l'argomento chiarendo che in una tale situazione gli atti amministrativi regionali avrebbero avuto solo natura meramente ricognitiva dell'attribuzione dei beni al Comune con vincolo di destinazione alle Usl. Non ha quindi avuto ragione il contraente privato di fronte all'azienda ospedaliera che una volta entrata nella disponibilità del bene, inizialmente locato dal Comune, ne ha chiesto alla scadenza il rilascio.

Si applica quindi anche alla pubblica amministrazione il principio di diritto privato secondo cui è legittima la locazione stipulata con chi ha la disponibilità del bene immobile. Infatti, precisa la Cassazione che il rapporto che si instaura con il conduttore, a seguito del contratto di locazione, è di natura personale con la conseguenza che può validamente concluderlo chiunque abbia di fatto la disponibilità del bene in base a un titolo non contrario a norme di ordine pubblico. E, per i giudici di appello e per la Cassazione, quando l'agire di un soggetto pubblico rientra nell'esercizio dell'attività negoziale privatistica della Pa la natura del rapporto non cambia in conseguenza della qualità pubblica del contraente.

Unico onere è quello della forma scritta come prescrive la legge e, quindi in assenza di tale formalità, prescritta ad substantiam, la volontà della pubblica amministrazione non potrebbe essere desunta. E di conseguenza anche il rinnovo tacito del contratto non sarebbe configurabile nei confronti della stessa Pa. Tra l'altro - nella vicenda specifica - la forma scritta del contratto di locazione e l'avvenuta consegna dell'immobile al conduttore sono indici proprio della disponibilità di fatto in capo all'ente pubblico locatore. Proprio ciò che contestava il ricorrente affermando la nullità del contratto concluso tra lui e il Comune.


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