P.VERNA
È inammissibile la costituzione coattiva di servitù di passaggio di tubi per la fornitura di gas metano, dovendosi escludere un'applicazione estensiva dell'articolo 1033 del codice civile in tema di acquedotto. Soltanto il legislatore, infatti, può introdurre un modello coercitivo nella disciplina dei rapporti fra fondi vicini. Lo ha deciso la Corte di cassazione, con la sentenza 6 giugno 2016 n. 11563. Con l'enunciazione di questo principio di diritto, viene confermata la sentenza della Corte d'appello di Venezia che, in conformità a quanto deciso dal giudice di primo grado, aveva rigettato la domanda di costituzione coattiva di servitù di un gasdotto realizzato da una società operante nel settore dell'energia su un terreno di privati.
La pronuncia della Cassazione
La società ricorrente aveva censurato la pronuncia della Corte territoriale che si sarebbe limitata «a richiamare i precedenti della Corte di legittimità e il vuoto normativo, senza considerare […] la necessità di una interpretazione analogica delle norme dettate in tema di servitù coattiva, tenuto conto che si tratta di un servizio sociale essenziale e indispensabile» . Tesi che gli Ermellini hanno ritenuto priva di pregio, condividendo, invece, le conclusioni dei giudici veneziani, secondo cui a differenza delle servitù volontarie che possono avere a oggetto una qualsiasi utilità, (articoli 1058, 1059 e 1060 del codice civile), le servitù prediali sono soltanto quelle predeterminate dagli articoli da 1033 a 1057 del codice civile o da leggi special, sicché tali norme non possono essere interpretate in modo estensivo o analogico. Tanto meno – argomenta la Cassazione - una interpretazione di questo tipo è possibile in materia di servitù di ex articolo 1033 del codice civile, in quanto l'esigenza di assicurare il passaggio di tubi conduttori di gas non può essere ricondotta nell'ambito della stessa fattispecie normativa che regola l'imposizione della servitù di acquedotto, in quanto ostano «i caratteri peculiari di struttura e funzione di ciascuna di esse, ed in particolare della pericolosità insita nell'attraversamento delle forniture di gas, non ricorrente nella servitù di acquedotto», fermo restando che la servitù di acquedotto che non ha nulla in comune con la servitù di passaggio di metanodotto.
I precedenti giurisprudenziali
La sentenza richiama la risalente pronuncia della Cassazione del 25 gennaio 1992 n. 820, in cui si afferma che l'interpretazione estensiva ex articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale (le cosiddette "preleggi") è consentita nei soli casi in cui il contenuto effettivo delle singole disposizioni è più ampio di quello che appare dalla sola considerazione del valore letterale delle espressioni che compongono la disposizione stessa. Principio peraltro stabilito in sentenze laddove si afferma che le norme relative alle servitù coattive, dirette a soddisfare le esigenze dell'agricoltura, dell'industria ed i bisogni della vita, hanno carattere di norme di diritto singolare e non sono pertanto suscettibili di applicazione analogica (Cassazione 13 ottobre 1992 n. 11130). Sicché non è compito del giudice ampliare il contenuto di tali norme, introducendo principi diversi, anche se ritenuti più opportuni (ex pluris, Cassazione 6 marzo 1983 n. 2667).
L'indirizzo della Corte costituzionale
In merito si è espressa anche la Consulta, a seguito della questione di legittimità sollevata in riferimento agli articoli 3 e 42 della Costituzione, con riferimento all' articolo 1033 del codice civile nella parte in cui prevede la costituzione coattiva della servitù di acquedotto, ma non la possibilità costituire coattivamente anche la servitù di metanodotto. Questione che la Corte Costituzionale, pur tenendo conto delle argomentazioni del giudice remittente («l'energia termica costituirebbe un bisogno della vita al pari dell'acqua e della ritenuta insussistenza di qualsivoglia componente di pericolosità nel trasporto attraverso condutture del gas metano rispetto al trasporto dell'acqua») ha dichiarato manifestatamente infondata. In altri termini – ha argomentato la Corte Costituzionale- manca qualsiasi presupposto per colmare il vuoto normativo e, al contempo, non si può ignorare che esistono di fonti di energia alternative, modalità di approvvigionamento di gas metano diverse dal trasporto attraverso condutture, oltre che la possibilità di conseguire lo stesso risultato mediante atti di esercizio dell'autonomia privata (Ordinanza 17 luglio 2002 n. 357).
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