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Sanabilità  dell'intervento in difformità 

Pubblicato il 04/08/2010
Ufficio Tecnico 2/2010 Documento senza titolo

QUESITO

A seguito di realizzazione di un intervento in parziale difformità dal permesso di costruire il Comune comminava la sanzione pecuniaria ex art. 34 del t.u.. Si chiede se con il pagamento della sanzione l’immobile possa considerarsi sanato, come previsto dall’art. 36 del t.u., e in caso contrario quali sono le implicazioni in ordine alla commerciabilità dell’immobile.

RISPOSTA

In risposta al quesito in oggetto occorre, in primo luogo, chiarire il diverso ambito di applicazione delle fattispecie normative richiamate in narrativa. La principale distinzione riguarda proprio il presupposto della sanabilità o meno dell’intervento in difformità. Nell’ipotesi contemplata dall’art. 34 si assume che gli interventi abusivi non possano essere sanati e come tali debbano essere demoliti.  Qualora ciò non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, al fine di ricostituire l’ordine giuridico violato e compensare il pregiudizio arrecato all’interesse pubblico coinvolto, viene inflitta la sanzione pecuniaria.  Quest’ultima, tuttavia, non elimina la qualificazione abusiva dell’intervento realizzato.La norma infatti non contiene alcuna disposizione al riguardo, diversamente dal successivo art. 38 nel quale è espressamente previsto che “L’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36”. È pur vero che, con il pagamento della sanzione, si esaurisce il potere repressivo esercitabile dall’amministrazione. La sanzione si configura, infatti, come obbligazione propter rem, e quindi, una volta effettuato il pagamento, a prescindere dal trasferimento della proprietà dell’immobile, deve considerarsi estinta.  Quanto, in particolare, alla commerciabilità del bene, l’art.  46 del t.u. dispone che sono nulli e non possono essere stipulati gli atti aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali relativi ad immobili o porzioni, “ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria.  Nel caso in cui sia prevista, ai sensi dell’articolo 38, l’irrogazione di una sanzione soltanto pecuniaria, ma non il rilascio del permesso in sanatoria, agli atti di cui al comma 1 deve essere allegata la prova dell’integrale pagamento della sanzione medesima”.
Dal tenore della norma risulta che le ipotesi di nullità sono tassative e non estensibili alla diversa fattispecie della difformità dal permesso di costruire. Sul punto si riporta l’interpretazione della Corte di Cassazione secondo la quale:
“(…) non emergendo dalle contestazioni amministrative la carenza assoluta di concessione, bensì la difformità dalla concessione, non ricorreva nella specie la sanzione civile della nullità dell’atto giuridico, comminata dal citato art. 15 solo in relazione alle ‘unità edilizie costruite in assenza di concessione’” (Cfr. Corte di Cassazione Sezione civile, sez.  I, 17 gennaio 1998).
In conclusione si ritiene che la fattispecie di cui all’art. 34 non presenti alcuna analogia con la sanatoria disciplinata dalla norma di cui all’art.36 con la quale il legislatore ha espressamente indicato i presupposti e le condizioni che devono sussistere affinché venga ripristinata la legittimità dell’intervento abusivo.



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