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Decreto sviluppo, permesso di costruire e agevolazioni

Pubblicato il 22/08/2011

P. Minetti (La Gazzetta degli Enti Locali 14/6/2011)

Maggioli Editore

Il d.l. 70/2011 - c.d. decreto sviluppo - per mantenere fede al suo nome non poteva esimersi dal prevedere delle agevolazioni anche in campo edilizio, ritenuto, da sempre, un motore eccellente dell’economia, quello che tira lo sviluppo economico e che deve essere agevolato e implementato nei periodi di crisi.
Anche questa norma non fa eccezione alla regola e interviene a modificare il testo unico dell’edilizia con alcune disposizioni che si vorrebbero commentare in più riprese.
La prima e più rilevante è senz’altro quella che – oltre al titolo auto dichiarato già introdotto con la modifica legislativa dello scorso anno e qui rinforzato e confermato, cioè la Scia – riscrive l’articolo 20 del d.P.R. 380/2001 disponendo in tema di permesso di costruire.
Sino all’altro ieri (per la precisione 14 maggio 2011 data di entrata in vigore del decreto sviluppo) le amministrazioni dovevano rispondere alla domanda della parte, del cittadino, in un tempo predeterminato; ove ciò non accadesse si dava un significato al silenzio amministrativo ed era quello del rigetto.
Oggi si modifica completamente la situazione finora consolidata e l’effetto del silenzio è che si intende formato il silenzio assenso, come dispone, del resto, anche l’articolo 20 della legge 241/1990 (silenzio generalizzato).
In altre parole se l’amministrazione non risponda nei tempi previsti per legge si forma un silenzio che è una risposta positiva a seguito della quale, legittimamente, il privato può dare inizio alla costruzione delle opere previste nel progetto presentato.
Per la Regione Emilia-Romagna non si tratta di una novità, dal momento che la l.r. 31/2002 già disponeva in tale senso.
Però si pensi a tutte quelle amministrazioni che non rispettavano i termini ed erano, comunque, salvaguardate dal un silenzio rigetto che si trovano a doversi riorganizzare in maniera tale da rispondere nei termini. In caso contrario dovrebbero, se la soluzione fosse negativa, annullare il silenzio assenso formatosi, che è un vero e proprio atto amministrativo e dare la comunicazione ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 241/1990 e il successivo diniego, se le memorie ed osservazioni non fossero sufficienti a far mutare parere alla p.a.
Vediamo quali possono essere gli effetti di un tale rovesciamento di situazione amministrativa.

  1. il privato che non vede una risposta nei termini sa di poter dare inizio alle opere edili, sulle quali, tuttavia, non ha ancora pagato gli oneri dovuti, elemento essenziale per l’inizio dei lavori; oneri che sono pagati al momento del ritiro dell’atto, che, nel caso del silenzio, non si concretizza. Ne discende che il privato è legittimato ad iniziare le opere e la PA potrebbe prelevare coattivamente gli oneri oppure decidersi ad emettere un provvedimento espresso, dopo che il privato comunichi l’inizio dei lavori. Si ricordi, comunque, che il mancato introito non giustifica mai la revoca o la decadenza o l’annullamento di un permesso, diritto strettamente legato allo jus aedificandi;
  2. la pubblica amministrazione ha una agevolazione notevole da questa soluzione amministrativa: innanzitutto perché lo slittamento del termine, in caso di positiva conclusione della istruttoria, non è un problema, né organizzativo né amministrativo, dal momento che il provvedimento sarebbe favorevole e può essere emesso in qualunque momento, dato che la p.a. non perde il potere di provvedere, anche in ritardo. Ciò può condurre ad organizzarsi in maniera tale da essere tempestivi solo nel caso in cui il privato abbia una risposta sfavorevole;
  3. inoltre il silenzio assenso mette al riparo dal “danno da ritardo”, ossia dalle fattispecie che sono nate e si sono consolidate con l’entrata in vigore della legge 69/2009 di modifica della legge 241/1990, che introdusse la disciplina del risarcimento del danno provocato dal ritardo ingiusto della p.a. Già vi sono alcune sentenze che condannano la p.a. per aver tardato, addirittura anni, nel rilascio dei permessi di costruire, cosa che non può avvenire nel caso di un silenzio assenso, provvedimento favorevole al cittadino.
  4. Si eliminano i potenziali conflitti con il privato dato che il silenzio non è  un provvedimento negativo, ma diventa più difficile la tutela dei terzi che non hanno un atto espresso da impugnare in caso di eventuale lesioni delle loro posizioni giuridiche: ma la finalità del decreto sviluppo è altra e diversa ed è stata perseguita, anzi raggiunta, direi, anche se è prematuro fare delle previsioni.

Il procedimento non muta nei termini, ma fa salve eventuali disposizioni regionali più favorevoli al privato e già esistenti; inoltre si dice che il procedimento si può sospendere per 15 giorni (comma 4), per la richiesta di documentazione, mentre, per il caso delle modifiche progettuali (comma 5) si può interrompere (caso sempre anomalo nel nostro ordinamento) per un periodo fino a 30 giorni.
Si tratta di termini che propendono per una soluzione rapida del procedimento; va anche sottolineato che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui l’edificio sia vincolato dalla soprintendenza o nel caso che si trovi in una zona di vincolo paesaggistico, e non sia stato presentato il nulla osta allo svincolo al momento della presentazione del progetto o non vi sia l’autorizzazione. 
In questi casi la salvaguardia del bene vincolato sopravanza quella della tutela del terzo ad avere una risposta nei termini e la tutela più rilevante è quella del bene, tanto è vero che il comma 10 prevede la formazione di un silenzio rifiuto se si vada oltre il termine di conclusione del procedimento con un silenzio.
Nel solco delle disposizioni attuali il legislatore, infine, chiude l’articolo con un comma che si preoccupa di inasprire le pene per il reato di falso nel caso in cui le dichiarazioni relative ai presupposti e ai requisiti non fossero rispondenti al vero; il maggior rigore dimostrato è lo stesso che viene seguito anche per le dichiarazioni allegate alla Scia, ossia un periodo di reclusione fino a tre anni.
Inoltre vi è una responsabilità amministrativa, in capo al responsabile del procedimento, di segnalare agli ordini professionali il comportamento scorretto del tecnico incaricato.
I termini per il rilascio del permesso di costruire rimangono i medesimi della normativa precedente e la scriminante è il numero degli abitanti: 75 giorni per il comuni con meno di 100.000 abitanti, 135 per i comuni con popolazione pari o superiore.




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