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Il RUP è una "persona fisica"

Pubblicato il 13/03/2023
Il RUP è una

Il nuovo Codice introduce una profonda riforma della figura del RUP, che diventa “Responsabile Unico di Progetto” o, in altri termini, responsabile unico “dell’intervento pubblico” complessivamente inteso - art. 15 e allegato I.2. 

Dalla lettura della Relazione illustrativa si rileva che l’art. 15 del Codice ne conserva il ruolo di centralità, ne ridefinisce la portata e la figura, attribuendogli la connotazione di responsabile “di progetto” (o di “intervento”) e non di “procedimento” come era in precedenza definito viziando forse il riferimento alla legge 241 del 1990.

Sono stati scritti già molti articoli sulla materia che hanno evidenziato punti di forza ed eventuali criticità della riforma proposta col già richiamato art. 15, in alcuni casi si ipotizza anche la necessità di riorganizzare gli uffici nelle ipotesi in cui tale figura non coincida con il Responsabile del Procedimento delle varie fasi, quali ad esempio di programmazione, di progettazione, di affidamento, di esecuzione, ecc.. (comma 4 dell’art. 14).

Le analisi ipotizzano perfino un aggravamento della complessità dell’organizzazione degli uffici a causa del conseguente allungamento della catena di comando, in quanto considerato che è confermata in capo al responsabile dell’unità organizzativa la funzione apicale (il comma 2 dell’articolo 15 precisa debba essere il titolare del potere di spesa), è evidente che si collocano in successiva progressione, il Responsabile Unico del Progetto, il o i responsabili di procedimento, il direttore dei lavori o dell’esecuzione, il progettista e così via, con un probabile aggravamento dei tempi di definizione delle procedure.

Al di là di eventuali aspetti da correggere, posto che occupandomi di Enti locali so che nella stragrande maggioranza dei casi la figura del Responsabile Unico di Progetto, sarà ricoperta dallo stesso Responsabile dell’ufficio tecnico comunale che, se ha fortuna, non è da solo a gestire l’intera unità organizzativa, sono rimasto molto colpito da una frase contenuta nella già richiamata Relazione Illustrativa al codice per l’articolo 15: “Il codice dei contratti fa riferimento al responsabile unico del progetto come persona fisica e non come un ufficio”.

Le competenze del R.U.P. nei contratti pubblici di lavori sono state definite già dalla Legge Merloni, poi confermate e generalizzate dall’art. 10 del D. Lgs. 163/2006 che le ha estese anche per i contratti pubblici di servizi e forniture mentre nel DPR n. 207/2010 agli artt. 9 e 10, era prevista la disciplina applicabile alla figura del responsabile del procedimento nei lavori distinta dalla disciplina per i servizi e le forniture di cui agli artt. 272, 273 e 274.

L’art. 31 del D.Lgs. 50/2016 ha riproposto e ulteriormente definito le competenze del R.U.P., poi delineate in modo molto più dettagliato e funzionale nelle Linee guida ANAC n. 3, attuative del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e recanti «Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni».

Ponendo a confronto il responsabile del procedimento ai sensi della Legge n. 241/1990 e il RUP dei vari e successivi Codici Appalti si è da sempre evidenziato che mentre il primo riveste la duplice accezione di unità organizzativa (disciplinata dall’art. 4) e di persona fisica che nell’ambito dell’unità organizzativa è poi individuato come responsabile del procedimento (art. 5), nelle varie disposizioni sulla disciplina degli Appalti, si è invece da sempre inteso e considerato il responsabile del procedimento come persona fisica e non come ufficio, perché il RUP è da sempre chiamato, nell’ambito dei contratti pubblici, a svolgere i suoi compiti su una pluralità più ampia di procedimenti accomunati esclusivamente dal fatto di essere collegati ad un intervento da realizzarsi mediante contratto pubblico.

Ci si chiede allora, se da sempre nella stesura dei vari Codici si individua il R.U.P. come persona fisica e quindi come una diversa eccezione rispetto alla disciplina amministrativa, perché l’introduzione di questa che viene annunciata come una “profonda riforma” della figura del R.U.P.

La relazione illustrativa di accompagnamento al nuovo Codice testualmente cita: “Il codice ha quindi voluto superare l’equivoco concettuale, dovuto alla scelta del nome e poi dell’acronimo R.U.P. mantenendo inalterato l’acronimo (per una pura coincidenza) ma mutando il nome al fine di sottolineare che il ruolo ricoperto è quello di responsabile non di uno o più procedimenti ma di tutto l’intervento pubblico”.

Nella suddetta relazione, emerge inoltre che secondo l’intendo degli estensori la riforma introdotta presenta “il vantaggio di evitare un’eccessiva concentrazione in capo al RUP di compiti e responsabilità direttamente operative, spesso di difficile gestione nella pratica. In caso di nomina dei responsabili di fase, infatti, rimangono in capo al RUP gli obblighi – e le connesse responsabilità – di supervisione, coordinamento, indirizzo e controllo, mentre sono ripartiti in capo ai primi i compiti e le responsabilità delle singole fasi a cui sono preposti.”

 

A mio parere la riforma della figura del R.U.P. presenta molti aspetti positivi, occorrerebbe però analizzare e quindi trattare con maggiore considerazione, l’aspetto che il responsabile del procedimento, come viene definita nella relazione, è una “persona fisica”.

Se è vero, infatti, che l’incarico non può essere rifiutato è altresì vero che non sempre ci sono le condizioni per il personale di poter ricoprire tali ruoli. 

Purtroppo, la norma non sempre è strutturata per adattarsi alle realtà più piccole degli enti locali che, vale la pena ricordare, complessivamente costituisce il 69% dei comuni italiani (con popolazione al di sotto dei 5.500 ab.) e che in molte regioni, oltre il 70% della superficie territoriale ricade sotto il controllo dei Piccoli Comuni, dove malgrado tutti gli sforzi profusi non si hanno strutture organizzative e le risorse umane necessarie alla gestione degli interventi, soprattutto non adeguatamente formate.

Nonostante l’obbligo della formazione, non ci sarà mai modo per il responsabile dell’area tecnica di una piccola realtà locale, di costringere un’amministrazione, che da sempre fà i conti con bilanci in affanno, a programmare cicli di formazione per il personale che comunque, non potrà essere agevolmente messo in condizione di potersi aggiornare se non a discapito della normale gestione delle attività d’ufficio o, come già accade nella maggior parte dei casi, del proprio tempo libero.

Allo stesso modo, aver vincolato la soglia massima non superiore all’1 per cento dell’importo posto a base di gara, l’affidamento diretto da parte del RUP di incarichi di assistenza al medesimo, non agevolerà di certo il compito di quei funzionari che pur non avendone le competenze dovranno gioco forza occuparsi di procedimenti che nonostante siano di modeste dimensioni necessitano di adeguato supporto tecnico specialistico. 

È un tema indubbiamente complesso, che richiede un’opportuna attività di approfondimento e riflessione. Non bisogna però continuare a lasciare soli i tanti funzionari e dirigenti pubblici, persone fisiche, che non hanno paura di agire e che nella stragrande maggioranza dei casi, pur lamentando un condizionamento psicologico derivante dalla possibilità di incorrere in contestazioni, comunque operano, perché avvertono forte la responsabilità di dover far fronte a bisogni della propria comunità.

 

Articolo di Antonio Dolce, Coordinatore del Comitato Scientifico Lavori Pubblici ed Espropri.

 




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