Una riflessione dell’avv. Patrizia Cartone sul Decreto Salva Casa, in corso di conversione con sostanziali modifiche rispetto al testo originario, con un particolare approfondimento sulla reale portata innovativa del decreto legge, che aiuterà a leggere la norma di conversione alla luce dei numerosi emendamenti accolti.
Gli slogan che hanno annunciato l’approvazione del testo del D.L. 69/2024 sono stati tanti e del seguente tenore: “condono edilizio: le novità del piano salva casa atteso in CdM”[1]; “in arrivo un maxi condono edilizio: "Riguarderà l'80% delle case"[2].
Nella GU n. 124 del 2024 è stato pubblicato il D.L. 29 maggio 2024, n. 69 contenente disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica.
Nella relazione di accompagnamento viene specificato che il provvedimento appare riconducibile a quattro finalità: 1) provvedere all'introduzione di disposizioni di semplificazione in materia edilizia e urbanistica, anche al fine di consentire la riqualificazione e la valorizzazione economica degli immobili; 2) far fronte al crescente fabbisogno abitativo, supportando nel contempo gli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo; 3) rilanciare il mercato della compravendita immobiliare; 4) superare le incertezze applicative che rendono problematica l'attività degli enti locali, di cittadini ed imprese, con particolare riferimento al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente al fine di contenere il consumo di suolo e favorire processi di rigenerazione urbana e riuso del suolo edificato, anche mediante interventi di ristrutturazione ricostruttiva.
Occorre ora esaminare nel dettaglio se e come le finalità perseguite siano state concoretamente realizzate e se le caratterstiche tanto declamate siano di reale portata innovativa.
L’art. 1 introduce numerose modifiche al Testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001). All’art. 6, dedicato all’attività edilizia libera, il comma 1 elenca gli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo; la lett. B-bis) contempla la realizzazione e l’installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, che possono essere destinate funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche non solo dei balconi aggettanti dal corpo dell'edificio o di logge rientranti all'interno dell'edificio ma anche di «porticati»[3].
Viene inserita la lett. b-ter), che esclude da autorizzazione le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera. Resta comunque ferma l’opzione che le opere non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche.
In sostanza, sotto il profilo delle c.d. opere leggere e/o precarie si è cercato di semplificare, senza snaturare il lavoro svolto dalla giurisprudenza. È infatti consolidato l’orientamento giurisprudenziale in materia, ad esempio di pergotende, liberamente posizionabili su spazi pertinenziali esterni degli edifici e non necessitanti di titoli abilitativi[4].
Tuttavia, sempre la giurisprudenza haritenuto necessitante di apposito titolo edilizio, come intervento di ristrutturazione edilizia ‘pesante’ ai sensi degli artt. 3, comma 1, lett. d) e 10, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 380/2001, qualora si tratti creazione di un nuovo volume e di una nuova superficie[5].
All’art. 9-bis, il comma 1-bis dispone che lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa, non più congiuntamente a quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio. Sono ricompresi tra i suddetti i titoli rilasciati o formati in applicazione degli accertamenti di conformità, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni.
All’art. 23-ter, che tratta del mutamento d'uso urbanisticamente rilevante, è previsto che il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare senza opere all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito, nel rispetto delle normative di settore, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni.
Il cuore pulsante del provvedimento è la sanatoria introdotta all’art. 36-bis. Si tratta dell’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità, in cui il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile possono ottenere il permesso di costruire e presentare la Scia in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda nonchè ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.
Si tratta sempre di una “doppia conformità”, ma con una ridotta portata, giacchè la conformità richiesta al momento della realizzazione dell’intervento è una conformità “edilizia” e non “urbanistica”.
Per conformità “edilizia” ben si potrebbe fa riferimento all’art. 4 del D.P.R. 380/2001 che individua il contenuto dei Regolamenti edilizi locali, ovvero: la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi.
Tuttavia, si potrebbe estendere a tutte le suddette previsioni anche se contenute negli strumenti urbanistici.
Sulle modalità di rilascio, è previsto che il permesso possa essere rilasciato dal SUE subordinatamente alla preventiva attuazione degli interventi edilizi necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo. La richiesta del permesso di costruire o la Scia in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità. Qualora gli interventi siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento. L’autorità competente si pronuncia entro centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali si intende accolta.
Ad una lettura attenta emerge un evidente contrasto con la giurisprudenza consolidata per cui l’accertamento di conformità “non può essere subordinato alla realizzazione di ulteriori interventi edilizi che rendano l’abuso conforme agli strumenti urbanistici. Questa conformità deve infatti già sussistere precedentemente e non all’esito di una futura ed ulteriore attività da parte del richiedente” [6].
Sembra perciò che il Legislatore abbia voluto introdurre la nozione di “sanatoria condizionata”, seppure con una forma non impositiva, ma prevedendo che si “possa” subordinare il rilascio ad interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della che non posseggono. Si tratta perciò di una misura diversa rispetto al dettato di cui all’art. 36, norma che anche solo letterlamente presenterebbe invece continuità. Nello stesso tempo, nel complesso e da una lettura coordinata, non potrebbe neppure far riferimento alla misura eccezionale del condono trattandosi solo di “parziali difformità” specificatamente indicate all’art. 34-bis come tolleranze costruttive ed imponendo comunque il rispetto delle regole edilizie al momento della domanda.
In sostanza, il “condono” così tanto pubblicizzato non sembra poi essere di portata estesa, così come poco aderente alla realtà appare il meccanismo del silenzio assenso che più che tutelare i cittadini, li espone, nel caso di dichiarazioni poi non conformi, all’egida dell’autotutela. Si segnala comunque che il testo di approvazione della Legge di conversione è a tutt’oggi in discussione alla Camera che valuterà le eventuali modifiche ed infine alla loro possibile approvazione. Il testo, dunque, potrebbe subire ulteriori modifiche.
Avv. Patrizia Cartone
Esperta diritto amministrativo
Consulente Enti Locali
...il “condono” così tanto pubblicizzato non sembra poi essere di portata estesa, così come poco aderente alla realtà appare il meccanismo del silenzio assenso che più che tutelare i cittadini, li espone, nel caso di dichiarazioni poi non conformi, all’egida dell’autotutela. Il testo di approvazione della Legge di conversione è, comunque, a tutt’oggi in discussione alla Camera e i numerosi emendamenti accolti porteranno ad una sostenziale modifica della norma.
[1] Il fatto quotidiano.
[2] www.today.it.
[3] A. Di Filippo, Prende il via la semplificazione in materia di edilizia e urbanistica varata dal Governo, Wolters Kruwer, 5.6.2024.
[4] Cons. St., sez. VI, n. 3321 del 27.4.2022; T.A.R. Piemonte, sez. II, n. 318 del 4.4.2022T.A.R. Lazio – Roma, sez. II-bis, n. 8649 del 22.5.2023.
[5] T.A.R. Lazio, Sez. Iis, 16.5.2024,n. 9648.
[6] Cons. di Stato n. 8985/2023, n. 8713/2022 e n. 10317/2022.
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