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Incentivi per funzioni tecniche, una gestione tra principi di diritto e orientamenti della Corte dei conti

Pubblicato il 08/01/2018

Discussioni infinite ancora accese e di grande attualità per gli incentivi relativi alle funzioni tecniche. In effetti, la maggior parte delle amministrazioni si ritrovano disorientate di fronte ad un sistema che, tra principi normativi, orientamenti del giudice contabile e fondamenti dell’istituto, anche oggi si muove a fatica, stentando a ritrovare un bandolo della matassa che mette a dura prova gli operatori chiamati a gestire la filiera applicativa dell’istituto.

Diverse e rilevanti le questionida affrontare, in particolare concentrate sulla possibilità di riconoscere il trattamento economico a fronte di incarichi conferiti nelle more dell’adozione dell’apposito regolamento e sui limiti di finanza pubblica imposti al fondo di finanziamento del trattamento economico accessorio dei dipendenti, sulla cui ricomprensione oramai le espressioni d’orientamento della Corte dei conti si sono consolidate.

Facendo tesoro, quindi, sia dei predetti orientamenti, che dei principi che regolano tale istituto, che, ancora, dei fondamenti che ne costituiscono la logica applicativa, di seguito si tracciano le questioni più rilevanti oggi affrontate dagli enti, accompagnate da un sommesso tentativo di chiarimento sui diversi punti che affliggono le amministrazioni nel difficile transito verso lidi di certezza o, quanto meno, di attendibilità operativa. Le criticità universamente avvertite, pertanto, possono così compendiarsi, rappresentate in forma di quesiti.

Gli incentivi rientrano nei limiti di costituzione ed utilizzo del fondo di finanziamento del salario accessorio?

Lo stanziamento degli incentivi sul fondo che alimenta il trattamento accessorio rientra, secondo gli indirizzi della Corte dei conti, nei limiti ordinamentali di cui all’articolo 23, comma 2, del Dlgs n. 75/2017 (l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016).

Tale posizione, tuttavia, non appare condivisibile sia in punto di diritto, sia per gli approdi pratici cui potrebbe condurre: si pensi, ad esempio, per focalizzare il problema sul piano meramente empirico, ad un’amministrazione che non abbia previsto alcun finanziamento e/o incremento della parte variabile del fondo nel corso del 2016, oppure ad un’amministrazione che non presenti alcuna disponibilità finanziaria sulla parte stabile del fondo a causa di un esteso utilizzo consolidato delle risorse ivi appostate.

La ricomprensione, in situazioni come queste, di tale valore nei limiti del fondo sarebbe in grado di determinare un vero e proprio blocco d’impiego dell’istituto incentivante, a tutto detrimento dell’interesse pubblico cui questo risulta preordinato.

Ma anche sul piano dello stretto diritto, la posizione del giudice contabile si rivela non in linea con l’espresso disposto normativo. Si è già avuto modo di rilevare, infatti, come l’articolo 113, comma 2, del Dlgs n. 50/2016 esprima un vero e proprio obbligo di previsione degli accantonamenti per l’impiego dell’istituto in questione, esprimendo una chiara prescrizione laddove statuisce che “le amministrazioni aggiudicatrici destinano ad un apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2% modulate sull'importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti delle stesse”, eliminando ogni dubbio sulla necessità di tale destinazione e dell’obbligo che lo accompagna.

D’altra parte, ove ben si osservi, tale dovere appare del tutto giustificato in funzione dell’interesse pubblico tutelato dall’impiego dell’istituto, il cui mancato utilizzo, laddove fosse stato rimesso alla mera discrezionalità dell’ente, avrebbe potuto determinare un incremento della spesa pubblica o una riduzione della qualità dell’apporto professionale, con evidente pregiudizio alla collettività.

Se il precetto, quindi, costituisce obbligo per l’amministrazione, non v’è chi non veda come il limite finanziario imposto al fondo dal richiamato articolo 23, comma 2, non possa ontologicamente essere applicato al caso di specie che, pertanto, dovrebbe considerarsi neutro rispetto all’osservanza del limite stesso.

Si possono erogare gli incentivi accantonandoli con apposita previsione di bilancio per poi erogarli una volta che sia intervenuto il contratto collettivo decentrato integrativo e il regolamento che li disciplina?

La presenza delle condizioni legittimanti il riconoscimento degli incentivi per funzioni tecniche costituisce presupposto di legittimità della relativa erogazione, per cui in assenza della disciplina negoziale di secondo livello e la conseguente regolamentazione non consente il corretto riconoscimento degli emolumenti economici al presente titolo.

Il comma 3 dell’articolo 113 citato, infatti, prescrive che il riparto dell’istituto debba avvenire con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale e sulla base di apposito regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti, con ciò stesso subordinando il riconoscimento del trattamento accessorio alla previa stipulazione di un contratto integrativo che regoli i criteri e le modalità di erogazione, cui faccia seguito una specifica disciplina regolamentare di disciplina dell’incentivo coerente con le clausole stipulate.

Appare evidente, pertanto, come - in applicazione del generale principio d’irretroattività delle norme giuridiche, anche di natura contrattuale, consacrato dall’articolo 11 delle preleggi al codice civile - non appaia certamente legittimo un riconoscimento economico con effetto retroattivo, che operi, in altri termini, su affidamenti e prestazioni rese in momento antecedente l’adozione delle discipline pattizie e regolamentari che, per loro natura, possono operare esclusivamente per gli affidamenti operati e per le prestazioni rese successivamente alla produzione dei loro effetti (entrata in vigore).

Un eventuale accantonamento finanziario finalizzato a tale riconoscimento postumo, pertanto, non appare conforme ai principi di diritto che regolano tali fattispecie. Si osservi, poi, che, quale addendum, al fine di consentire all’istituto incentivante di poter produrre gli effetti giuridici e fattuali che gli sono propri, occorre che il valore ed i meccanismi di riconoscimento siano predeterminati e preconosciuti da parte dei soggetti interessati ai relativi effetti, poiché, diversamente opinando, risulterebbe irretrattabilmente compromessa la natura tipica della gratificazione economica, che, in modalità del tutto alterata, non potrebbe produrre alcun effetto incentivante sviando l’istituto dal fine tipico per il quale l’ordinamento l’ha congeniato.

Quanto osservato, peraltro, vale integralmente anche per gli incentivi alla progettazione già regolati dall’articolo 13-bis del Dl n. 90/2014, ora abrogato.

Se il dipendente è stato incaricato delle funzioni tecniche e ha assolto le stesse in assenza di disciplina contrattuale e regolamentare, può pretendere la corresponsione dell’incentivo tecnico?

Il dipendente che abbia assolto l’incarico relativo all’esercizio di funzioni tecniche, ai sensi dell’articolo 113 ridetto, non può esercitare un diritto soggettivo perfetto alla corresponsione del relativo compenso, atteso che difettano, ai fini del perfezionamento del diritto stesso, le condizioni cui la legge ha subordinato il riconoscimento dell’incentivo qui esaminato.

In particolare, infatti, non sussistono le norme disciplinanti l’istituto legislativamente prescritte, ovvero l’apposita clausola contrattuale decentrata integrativa e il regolamento di disciplina dell’istituto, condizioni cui la legge assoggetta il riconoscimento di un diritto pieno alla fruizione del trattamento incentivante.

Ciò non toglie, tuttavia, che il dipendente non possa esercitare un’azione tesa al riconoscimento economico delle prestazioni fornite, se non nella forma dell’esercizio di un diritto, quanto meno nell’ottica del raggiungimento di un ristoro per l’arricchimento conseguito dall’amministrazione che abbia beneficiato delle prestazioni connesse alle funzioni tecniche in carenza dei presupposti normativamente prescritti, ovvero del riconoscimento di uno specifico indennizzo conseguente alla perdita di chance, costituita, quest’ultima, dalle omissioni in cui sia incorsa l’amministrazione nell’adozione tempestiva degli strumenti di disciplina dell’istituto (contratto decentrato e regolamento), che hanno giuridicamente impedito il pieno dispiegarsi del contenuto del diritto economico di cui sarebbe stato titolare il dipendente, laddove l’amministrazione avesse compiutamente assolto gli adempimenti imposti dalla legge.

Tamassia
08 Gen 2018


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