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Il piano della performance sì, piano della performance no. Un tira e molla che non fa bene a nessuno

Pubblicato il 23/03/2010
Pubblicato in: Appalti

R. Nobile (La Gazzetta degli Enti Locali 12/3/2010) Documento senza titolo

1. Premessa

A qualcuno non piace che il piano delle performace sia adottato dai comuni  e dalle province da súbito. Il suo contenuto spaventa. Spaventa soprattutto gli enti locali che hanno dormito sonni tranquilli fino ad oggi. Ignari che la tranquillità del sogno potrebbe trasformarsi in un incubo. Soprattutto nel caso di ispezioni ministeriali che riguardano le modalità di distribuzione del fondo incentivante. Ossia proprio ciò rispetto al quale il piano delle performance è precondizione di legittimità e di liceità.
Già, perché per poter pagare il salario accessorio di produttività, l’ente locale deve dimostrare comunque che il suo esborso è una diretta conseguenza del miglioramento quali-quantitativo della prestazione lavorativa dei dipendenti coinvolti nei piani di attività ex art. 37 del C.c.n.l. 22.1.2004. Come dire: la percezione del salario accessorio di produttività non è diritto assoluto del dipendente, ma in tanto è tale se ed in quanto il dipendente ha svolto una prestazione lavorativa caratterizzata da miglioramento incrementale.

E ciò è riscontrabile solo nel caso in cui il dipendente sia stato inserito in un piano di attività che è a sua volta elemento di uno o piú obiettivi di miglioramento inseriti nel Piano esecutivo di gestione e nel relativo Piano annuale dettagliato degli obiettivi.
Ecco: il piano delle performance mette a sistema questo modo di operare. Attribuendo rilevanza alla prestazione individuale e di gruppo a sua volta messa in relazione con la centralità del principio di soddisfacimento dei bisogni del cittadino-utente. Ossia, in definitiva, con la persona cui è rivolta l’azione della pubblica amministrazione. Quest’ultima da considerare alla stregua di un’impresa che eroga servizî alla collettività in condizione di monopolio legale. Il tutto all’interno della logica del federalismo fiscale che mira a soppiantare il principio del costo storico dei servizî per sostituirlo con quello del costo standard.

2. Perché si deve adottare da súbito il piano della performance

I comuni e le province devono approvare il piano delle performance. Da súbito.
Dinanzi ad una tale indubitabile verità e necessità qualcuno opina differentemente. Chi lo fa cerca validi appiglî. Che però sono tali solo in apparenza.
Il primo: la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle pubbliche amministrazioni suggerisce il differimento all’esercizio finanziario 2011 per la sua prima adozione. Il riferimento testuale sarebbe costituito dalla sua deliberazione n. 3 del 18.1.2010. Essa afferma tranchantement che “l’art. 10, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 150/2009, nella parte in cui prevede la redazione del documento triennale denominato Piano della performance, entro il 31 gennaio di ciascun anno, non può che riferirsi, pur in mancanza di espressa norma transitoria, al 2011, attesa la necessità che la Commissione, preventivamente definisca la struttura e le modalità di redazione del suddetto piano ai sensi del successivo art. 13, comma 6, lett. b)”.
I vessilliferi della tesi del differimento per gli enti locali sono destinati ad incorrere in cocenti delusioni. Le quali derivano direttamente dal contenuto della norma appena citata. Essa fa riferimento a norme che non compaiono negli artt. 16, comma 2, e 72, comma 2, del d.lgs. 27.10.2009, n. 150, ossia alle norme di principio cui gli enti locali devono fare riferimento per adeguare i proprî ordinamenti in base al principio di autonomia ex art. 114, comma 1, Cost.
A ciò si aggiunge un’ulteriore considerazione. Ossia che la deliberazione 18/1/2010 n. 3 della Commissione viene trasmessa per il seguito di competenza “al Dipartimento della Funzione pubblica e alla Ragioneria generale [dello Stato], nonché alle amministrazioni pubbliche a livello nazionale”. Il che dimostra a chiare lettere che i suoi destinatarî sono predeterminati e che fra essi non figurano – né potrebbero in alcun modo figurare – gli enti locali territoriali.
Dunque, la deliberazione in esame non fa riferimento ai comuni ed alle province.
Il secondo: il piano delle performance non interessa gli enti locali territoriali tout court. Lo sostiene l’Anci, per la quale essi sono già attrezzati per cogliere i contenuti della riforma utilizzando gli strumenti già previsti dalle relative norme ordinamentali di settore. Secondo quest’orientamento, i comuni e le province attuano già la riforma mediante l’approvazione del Piano esecutivo di gestione ed il Piano annuale dettagliato degli obiettivi. Dunque, essi sono già dotati di strumenti di programmazione gestionale che si sostituiscono al piano delle performance e che lo assorbono nei suoi contenuti.
“Peccato essersene accorti cosí tardi” verrebbe da dire. Già, perché sull’applicazione del titolo II del d.lgs. 27.10.2009, n. 150 agli enti locali è stato sollevato un polverone al cui confronto una tempesta nel Sahara è roba da dilettanti allo sbaraglio. Ecco qui di séguito il testo piú significativo delle “linee guida”.
“Si rammenta che per gli enti locali non trova applicazione l’art. 10, che disciplina nel dettaglio il piano della performance e la relazione sulla performance. Il contenuto di tali documenti è pienamente assimilabile alla relazione previsionale programmatica allegata l bilancio di previsione, al piano esecutivo di gestione, al piano dettagliato degli obiettivi, al rendiconto della gestione ed alla relazione al rendiconto della gestione, che gli enti sono già tenuti ad adottare ai sensi, rispettivamente, degli artt. 151, 169, 197, comma 2, lett. a), 227 e 231 del d.lgs. n. 267/2000. Con l’adozione di tali atti, nel rispetto degli artt. 4 e 5, comma 2, dunque, l’ente realizza il ciclo della gestione della performance. Occorre tuttavia sottolineare che in ossequio a quanto previsto dal comma 3 dell’art. 11, l’ente è tenuto a garantire la massima trasparenza in ogni fase del ciclo di gestione della performance e dunque occorre dare massima diffusione ai risultati della gestione, al fine di favorire forme diffuse di controllo”.
Nell’affermazione v’è intuitivamente un fondo di verità. Peccato che il piano della performance sia altro dal Piano esecutivo di gestione e dal Piano annuale dettagliato degli obiettivi. Già, perché la performance non ha a che fare solo con gli obiettivi, ma anche con i comportamenti organizzative e con i comportamenti attesi di tutti gli artefici della gestione programmata per obiettivi nell’accezione fornita dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. 27.10.2009, n. 150. E poi, la performance ed il relativo piano devono essere strutturati in modo tale da porre il cittadino-utente al centro del sistema di erogazione dei servizî. Ossia di un sistema che inveri il nesso di derivazione “esistenziale” fra erogazione e soddisfacimento dei bisogni di cui è portatore la persona, singola o organizzata in un dato contesto territoriale.
Ecco perché ritenere che gli enti locali non debbano adottare il piano della performance significa depotenziare il contenuto della riforma. Il che non è un buon modo di operare in nome dell’autonomia costituzionalmente garantita ai comune e alle province dall’art. 114, comma 1 Cost.

3. Annotazioni conclusive
Se è vero che gli attuali strumenti della gestione programmata per obiettivi a disposizione degli enti locali territoriali non ricalcano appieno il ciclo della performance nella sua interezza, non è meno vero che essi piú di tutti avvicinano da sempre la loro azione ai contenuti della riforma.
Ciò misura la maggior semplicità che i comuni e le province incontrano nell’attuazione della riforma fortemente voluta dal Ministro per l’innovazione e per la pubblica amministrazione. Dinanzi all’importanza dei suoi contenuti, ritenere che gli enti locali non ne sono destinatarî a noi pare posizione recessiva e di retroguardia. Ciò che ci consola è che le correnti interpretative ex adverso sono espressione di un pensiero debole. E, come tale, destinato ad essere superato dalla logica del divenire.



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