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Parchi naturali: la tutela dell’ambiente ha sempre rilievo preminente

Pubblicato il 17/01/2013

All’interno dei parchi naturali istituiti ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) la tutela dell’ambiente assume, per specifica scelta del legislatore, rilievo preminente su qualsiasi altro interesse anche di primaria importanza, con la conseguenza che sussiste il divieto di eseguire qualsiasi attività o opere che possano comunque recare pregiudizi alla salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali protetti. Con questa decisione la Cassazione Civile, sezioni Unite, con sentenza del 9 novembre 2012 ha annullato i provvedimenti con la quale la regione veneto aveva autorizzato la costruzione e l’esercizio di un impianto idroelettrico ad acqua fluente all’interno del parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi.

Il giudizio era stato introdotto dal Wwf Italia il quale aveva evidenziato l’illegittimità dell’autorizzazione concessa per violazione dell’articolo 11 comma 3 lett. c e art. 12 comma 2 lett. b della legge 394/1991 (legge quadro sulle aree protette).

L’articolo 11 comma 3 lett. c prevede che “… nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati:[…] c) la modificazione del regime delle acque;”.

In merito a questa censura, il giudice a quo aveva affermato come il divieto di modifica del regime delle acque non avesse carattere assoluto, ma fosse finalizzato a precludere le sole attività che potessero in concreto compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati; ciò anche in considerazione del fatto che, in caso contrario, si sarebbe determinato un’irragionevole sproporzione nel bilanciamento con altri interessi parimenti rilevanti.

Questa tesi non è stata condivisa dalle sezioni Unite le quali hanno chiarito come l’articolo 11 comma 3 lett. c impone “…il divieto di tutte indistintamente le attività e le opere che possano comunque recar pregiudizio alla salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati”.

In merito al bilanciamento degli interessi è stato altresì chiarito come la “…finalità della legge sulle aree protette è dichiaratamente quella di garantire e promuovere, "in attuazione degli art. 9 e 32 Cost., e nel rispetto degli accordi internazionali", la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese, nei territori che, costituendo espressione di detto patrimonio, meritano speciale tutela (cfr. L. n. 394 del 1991, art. 1, commi 1, 2 e 3), risulta evidente che nelle aree, che, rispondendo alle anzidette caratteristiche, sono istituite in Parco naturale, è la tutela dell'ambiente ad assumere, per specifica scelta del legislatore, rilievo preminente su qualsiasi altro interesse anche di primaria importanza”.

La seconda censura riguardava la violazione dell’articolo 12 comma 2 della medesima legge.
L’articolo citato suddivide il territorio dei parchi naturali in base al diverso grado di protezione e per le “riserve generali orientate” (tra le quali rientra il Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi) prevede il divieto di costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio, consentendo solo le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente parco.

Il giudice a quo aveva ritenuto che la generica espressione “utilizzazioni produttive tradizionali” consentisse lo svolgimento di attività economiche che pur diverse dalle forme di produzione arcaiche, agricole e preindustriali, potessero comunque ascriversi alla tradizione del peculiare territorio protetto del Parco.

Anche questa tesi non è stata condivisa dai giudici della suprema corte i quali hanno precisato come “…il dato letterale, coniugato con quello sistematico, imponga di identificare le consentite "utilizzazioni produttive tradizionali" in quelle attività "agro-silvo-pastorali e tradizionali", la cui salvaguardia è specificamente promossa dalla L. n. 394 del 1991, art. 1, comma 3, lett. b, al fine della realizzazione di un'equilibrata e compatibile integrazione tra uomo e ambiente naturale e che, nella stessa ottica, sono richiamate da altre disposizione della legge […]Per converso, resta ineludibilmente esclusa ogni possibilità di considerare "utilizzazione produttiva tradizionale", meritevole di valorizzazione in area di "riserva generale orientata", un'attività imprenditoriale, quale l'esercizio degli impianti autorizzati con i provvedimenti impugnati, tesa alla produzione di energia elettrica seppur da fonte rinnovabile (attività che del resto, alla stregua della previsione della L. n. 394 del 1991, art. 12, comma 2, lett. c, non risulta prevista nemmeno per le zone, di minor pregio ambientale e quindi a minor protezione, definite "aree di protezione").

Nella medesima prospettiva, la definizione e la portata della consentita "realizzazione di infrastrutture strettamente (e non a caso tali) necessarie" non possono, poi, che essere rapportate alle specifiche esigenze dei compiti istituzionali dell'ente Parco”.

In conclusione, all’interno dei parchi naturali la tutela dell’ambiente assume, per specifica scelta del legislatore, rilievo preminente su qualsiasi altro interesse anche di primaria importanza.

(Avv. Fausto Indelicato, Studio legale Rusconi & Partners)

 


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