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Project management: questo (s)conosciuto

Pubblicato il 24/08/2021
Project management: questo (s)conosciuto

È importante comprendere come le competenze di project management o gestione del progetto si pongono come integrative e ad un livello più alto di quelle tecniche e di prodotto, fra cui quelle di tipo amministrativo-contrattuale, proprie ad esempio del codice degli appalti.

 

Il project Management nella pubblica amministrazione. Ripartiamo dalle origini guardando al futuro.

Nell’ambito del settore delle opere e dei servizi pubblici si parla sempre più spesso di project management. È stata la determinazione ANAC n.3 del 2016, sui compiti del Responsabile unico del procedimento, che una volta per tutte ha sdoganato questo termine fra le competenze del RUP, figura istituzionale prevista dal nostro codice degli appalti. Molti degli addetti ai lavori sono stati messi un po' in “crisi” da questa definizione – un altro compito per il RUP? -, mentre alcuni hanno visto forse la fine di una querelle che si protraeva da tempo. È e dev’essere il RUP un project manager (come si dice in breve PM) e che significa ciò?

Apparentemente la definizione di PM non fa o non faceva parte del gergo dell’amministrazione pubblica, nonostante negli ultimi anni sempre più aperta ad accogliere neologismi e concetti di rinnovamento, anche per una comune propensione a inquadrare lo stesso termine solo nel settore privato. In realtà il project management, almeno nel lessico, è di origine tutta nostra, trovando la fonte in due verbi latini… Per i più curiosi, proiacere, lanciare avanti, da cui anche proiettare, e manu agere, condurre con mano i cavalli, da cui in particolare maneggio. Nel Rinascimento gli inglesi erano amanti della campagna toscana, e quindi ne importarono i termini nel loro paese, per ri esportali ai primi del novecento in tutto il mondo, dando origine alla copiosa letteratura sul management.

La figura del project manager, come gestore e coordinatore di un progetto, è presente termini a parte dai tempi più antichi, da quando l’uomo costruì le prime grandi opere che la storia ricordi, come le piramidi; in un papiro presente in un museo americano si rappresenta forse la prima immagine di project manager al mondo. La disciplina del project management moderna si fa invece nascere ai primi del novecento, quando Henry Gantt, socio di Taylor, padre dell’ingegneria industriale, introdusse il diagramma che prende il suo nome, in seguito da noi tradotto come “cronoprogramma”. Quest’ultimo è diventato peraltro uno dei termini più usati del gergo politico di questi giorni, per cui si dovrebbe dire che la nostra cultura è intrisa di project management, o come si può dire direzione e gestione di progetto.

Anche la prima volta in cui si è adottato il “project manager” è stato, secondo le ricerche, nel settore pubblico; sempre Stati Uniti anni ’30, per i funzionari ispettori di edifici pubblici, e quindi negli anni ’50 a cura della difesa americana, che in tempi di guerra fredda istituì la figura del program manager, quale coordinatore di più progetti e quindi più project manager. Sempre in quel tempo la disciplina si diffuse nel settore delle grandi costruzioni, impianti chimici e così via. Negli anni ’60, il project manager diviene il soggetto, spesso un architetto o una società di consulenza con competenze tecnico-gestionali, che a supporto di un privato o altro ente, ne cura gli interessi, come coordinatore di uno o più appaltatori. Come si intuisce, una funzione che fa non fa differenza e soprattutto dovrà trovare applicazione nel settore pubblico all’aumentare della complessità del progetto. Ma anche su questo termine la lingua fa la differenza…


Una delle definizioni più comuni di “progetto” è quella di un’impresa (non intesa come azienda, ma insieme di attività) che ha caratteristiche di unicità, è temporalmente limitata ed è realizzata allo scopo di raggiungere un determinato obiettivo. Altre caratteristiche che contraddistinguono un progetto sono i vincoli di costo, il cosiddetto budget, la qualità, le risorse, e non ultimi i rischi. In Figura 1 si dà un’immagine sintetica del concetto. L’ambito è tutto quanto e solo quello compreso nel progetto.

Fig.1 - Tetraedro di progetto

 

L’unicità, cioè il fatto che un progetto sia sostanzialmente diverso da uno precedente, anche se analogo, e quindi il contenuto d’innovazione che spesso è insito in un progetto, rende quest’ultimo un’attività di norma più rischiosa dei cosiddetti processi correnti, ovvero quelli che hanno caratteristiche di continuità e ripetitività, come la manutenzione corrente. Ma un processo, secondo i sacri testi di organizzazione e gestione aziendale, è in realtà un insieme di attività, per cui in sintesi il progetto è anche il… processo che realizza una nuova opera o un nuovo servizio. L’analogia a un “procedimento”, secondo il codice degli appalti, a questo punto diventa molto evidente.

Si deve osservare che il nostro “progetto” non è il progetto tecnico, cioè il prodotto come insieme di elaborati finali della progettazione, ma soprattutto la gestione di tutte le attività che vi sono comprese. Mentre nella nostra lingua i due termini fanno confusione, dando spesso la prevalenza all’aspetto tecnico, in inglese sono assolutamente diversi, chiamando il secondo “design”. Il designer è quindi il progettista, o il team di progettisti gestito da un project manager. In particolare quando ad esempio il progetto, o una sua fase, è un’opera di progettazione, si parla anche spesso di design management. Come si vede, la disciplina di cui parliamo si sforza di distinguere le attività di gestire, pianificare e controllare, da quelle del fare propriamente tecnico dell’opera, nuovo servizio o altro prodotto da realizzare. Questa separazione non dev’essere come si intuisce assoluta, ma risulta metodologicamente utile e appropriata, specie quando i progetti aumentano di complessità. Distinguere, in un certo modo, il management dal fare, tende ad evidenziare le rispettive responsabilità, e in generale i bisogni e le risorse necessari alla direzione. Si riconosce peraltro che nei “piccoli” progetti, i due ruoli possano essere coperti dalla stessa persona, e ad esempio, quando le risorse impegnate siano in numero limitato, il progettista capo potrebbe svolgere anche il ruolo di project manager, cambiando tuttavia il cappello! Cosa non sempre facile…


Questi concetti pongono in giusta prospettiva la funzione del RUP quale project manager e la responsabilità gestionale di più alto livello della stazione appaltante. Quando anche da parte del fornitore si adottino metodi e tecniche di gestione progetto, si potrà o dovrà avere un project manager che operi allo stesso livello. Ciò in qualche modo sfata l’opinione che il project manager debba essere uno solo, salvo specificare l’ambito organizzativo e l’organizzazione di progetto di cui è responsabile. Quando peraltro allo stesso tavolo siedono sia il PM o responsabile del project management del cliente-committente, sia il o i PM dei soggetti fornitori, ruoli e unicità della prima figura restano naturalmente rispettati. In tal caso sempre le metodologie e gli standard in materia, raccomandano di applicare nomi diversi, come ad esempio team manager e workpackage manager, onde evitare confusione. Si questi termini ci si propone di ritornare su queste colonne.


In questo quadro in definitiva è importante comprendere come le competenze di project management o gestione del progetto si pongono come integrative e ad un livello più alto di quelle tecniche e di prodotto, fra cui quelle di tipo amministrativo-contrattuale, proprie ad esempio del codice degli appalti. Inoltre è necessario distinguere tra project management – quale attitudine e maturità dell’intera organizzazione ad applicare metodi, tecniche e strumenti di project management -, e quelle della singola persona project manager, che rappresenta sì la figura centrale per la conduzione di un progetto, ma non opera nel “vuoto”, bensì si relaziona con un gruppo di membri di progetto e altri stakeholder, di cui tutti, teoricamente e ai diversi ruoli e livelli di competenza, dovrebbero sapere di project management e parlarne un po' la lingua. Così come in sala operatoria il chirurgo è assistito da diversi operatori, e come avviene in tutti i casi di coordinamento di team e specialisti.

I diversi livelli di competenze in questione sono rappresentati in Fig. 2 - cosiddetta "Casa delle competenze" – ed esprimibili in termini di:
· governance e project management strategico
· project management operativo (quello a cui spesso si fa solo riferimento)
· competenze tecnico-professionali
· discipline specifiche di prodotto, norme tecniche ecc.

Fig.2 - Casa delle competenze



La stessa figura vuole mettere in evidenza come i diversi livelli di competenza tecnico-gestionali devono rappresentare un insieme coordinato e sinergico per la realizzazione dei progetti, in cui il project management vero e proprio copre il “piano superiore della casa”, relazionandosi con le competenze e la governance proprie dei livelli direzionali dell’organizzazione. Qui peraltro possono aversi competenze più specifiche in materia, più propriamente definibili in termini di program e portfolio management.


Nei prossimi contributi cercheremo di approfondire alcuni dei concetti, riprendendo la storia del project manager pubblico e riferendoci agli standard pubblicati di recente in materia. Per rendere più dinamico e vivo questo tema invitiamo i lettori a proporci quesiti e domande di approfondimento su aspetti o curiosità sui punti trattati.

 

 

Intervento di Pier Luigi Guida - Coordinatore Tavolo UNI della norma sul Project Management e Membro del Comitato Scientifico Transizione digitale e BIM- apparso nell'ultimo numero de "Il nuovo Giornale dell' UNITEL". Per maggiori informazioni: https://www.unitel.it/notizie/nuovo-giornale-unitel/online-il-nuovo-trimestrale-unitel


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