Consiglio di Stato sez.V 3/2/2010 n. 484
Maggioli Editore
1. Enti locali – Personale – Trattamento economico – Agenti di polizia municipale – C.d. “premio di diligenza” – Ex art. 110, comma 2, r.d. n. 383 del 1934 – Abrogazione implicita
2. Enti locali – Personale – Trattamento economico – Agenti di polizia municipale – C.d. “premio di diligenza” – Ex art. 110, comma 2, r.d. n. 383 del 1934 – Rientra tra i compensi attribuiti al dipendente per attività connesse con i suoi doveri di ufficio
1. L’articolo 110, comma 2, del testo unico della legge comunale e provinciale di cui al regio decreto n. 383 del 1934, che stabilisce la ripartizione di una quota delle somme riscosse dal comune a titolo di pene pecuniarie per violazione dei regolamenti nell’interesse del comune e delle ordinanze sindacali, tra gli agenti che abbiano contribuito all`accertamento delle infrazioni, deve ritenersi implicitamente abrogato per incompatibilità dall`articolo 6, diciassettesimo e diciottesimo comma, del d.l. 29.12.1977, n. 946, convertito con la legge 27.2.1978, n. 43, secondo cui il trattamento giuridico ed economico del personale dei comuni è determinato in conformità ai principi, ai criteri e ai livelli retributivi, risultanti dagli accordi nazionali a scadenza triennale; ed i livelli retributivi non potranno in ogni caso superare quelli contenuti in tali accordi.
2. Nel sistema di determinazione del trattamento economico del personale degli enti locali non possono ammettersi compensi, indennità o simili non previsti dai decreti presidenziali attuativi degli accordi sindacali, che siano attribuiti ai dipendenti in corrispettivo di attività lavorativa prestata nell`assolvimento delle mansioni inerenti alla posizione di impiegato e quindi connesse ai doveri d`ufficio. Il premio di diligenza di cui all`articolo 110 del t.u. 383/1934 rientra tra i compensi attribuiti al dipendente per attività connesse con i suoi doveri di ufficio. Infatti tale premio è dovuto agli agenti della polizia municipale che abbiano contribuito alla scoperta e all`accertamento dei reati, cioè in occasione ed in corrispettivo proprio dello svolgimento delle mansioni di istituto di tale personale. Pertanto, bisogna concludere che l’art. 110 per cui è causa (ancorché formalmente abrogato solo con il t.u. 267/2000) non possa essere utilmente invocato per richiedere la predetta indennità.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 6068 del 2000, proposto da:
Campi Franco, Quintili Giovanni, Sabatini Alvaro, Isidori Franco e Berrettini Catia, rappresentati e difesi dall’ avv. Stefano Neri e da ultimo,dall’avv.Giovanni Ranalli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via delle Carrozze, 3;
contro
Comune di Terni, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall`avv. Alessandro Alessandro, con domicilio presso Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
per la riforma
della sentenza del TAR UMBRIA - PERUGIA n. 00241/2000, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE SOMME.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell`udienza pubblica del giorno 3 novembre 2009 il Cons. Gianpiero Paolo Cirillo e uditi per la partie appellante l’avvocato Ranalli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I nominati in epigrafe, tutti dipendenti in servizio presso il comune di Terni in qualità di agenti tributari, dopo aver premesso di aver percepito fino al 30 giugno 1991 un terzo delle somme riscosse a titolo di ammenda per le contravvenzioni ai regolamenti comunali e alle ordinanze sindacali che avevano contribuito ad accertare e dopo aver constatato l`interruzione da parte del comune dell`erogazione di tali somme, proponevano ricorso innanzi al tribunale amministrativo regionale per l`Umbria, assumendo la perdurante vigenza dell`articolo 110 del testo unico della legge comunale e provinciale di cui al regio decreto n. 383 del 1934, che appunto prevedeva la corresponsione delle somme nella misura indicata.
Il tribunale respingeva il ricorso.
Hanno proposto appello gli originari ricorrenti, deducendo l`erroneità della sentenza laddove ha ritenuto che la norma indicata fosse stata abrogata dalla normativa successiva, che ha sancito il principio del omnicomprensività della retribuzione. In particolare hanno dedotto che il comune a-veva già accantonato le somme dovute a tale titolo.
Si è costituito il comune di Terni, resistendo all`appello..
La causa è stata trattenuta in decisione all`udienza del 3 novembre 2009.
DIRITTO
L`appello non è fondato.
La controversia ha ad oggetto la vigenza e la spettanza agli agenti della polizia municipale del premio di diligenza previsto dall`articolo 110, secondo comma, del testo unico 3 marzo 1934 n. 383, che, come già riferito in fatto, stabilisce la ripartizione di una quota delle somme riscosse dal comune a titolo di pene pecuniarie per violazione dei regolamenti nell’interesse del Comune e delle ordinanze sindacali, tra gli agenti che abbiano contribuito all`accertamento delle infrazioni.
Il giudice di primo grado si è conformato all`orientamento della sezione, espresso nella sentenza n. 280 del 3 settembre 1985, che va confermato.
La sezione ritiene che la citata disposizione sia stata implicitamente abrogata per incompatibilità dall`articolo 6, diciassettesimo e diciottesimo comma, del D. L. 29 dicembre 1977 n. 946, convertito con la legge 27 febbraio 1978 n. 43, secondo cui il trattamento giuridico ed economico del personale dei comuni è determinato in conformità ai principi, ai criteri e ai livelli retributivi, risultanti dagli accordi nazionali a scadenza triennale; ed i livelli retributivi non potranno in ogni caso superare quelli contenuti in tali accordi.
In base alle richiamate disposizioni, che hanno accolto ed esteso ai dipendenti locali un sistema di determinazione del trattamento economico allora già in vigore, tra l`altro, per il personale ospedaliero e del parastato, l`intera disciplina del rapporto di lavoro e del trattamento economico in particolare, dei dipendenti degli enti locali, è rimessa al decreto del presidente della Repubblica di approvazione e di ricezione dell`accordo nazionale di cui all`articolo 6 del decreto-legge n. 946 del 1977. Risulta evidente la “ratio” di queste disposizioni, ossia l`esigenza di uniformità del trattamento economico dei dipendenti degli enti locali e di globalità nella previsione della relativa spesa..
Tali esigenze di uniformità e globalità sono state poi ribadite e attuate dai decreti del presidente della Repubblica, approvati ai sensi dell`articolo 6 del decreto-legge n. 946 già citato, i quali hanno stabilito che al personale del dipendente degli enti locali compete esclusivamente la retribuzione di cui all`accordo, inglobante qualsiasi retribuzione per prestazioni a carattere sia continuativo che occasionale, ad eccezione di alcune indennità tra le quali non compare il premio per cui è causa.
Il principio di omnicomprensivisità della retribuzione del personale degli enti locali è stato poi riaffermato dall`articolo 31 del d.p.r. 25 giugno 1983, n. 347.
Nel sistema di determinazione del trattamento economico del personale degli enti locali non possono conseguentemente ammettersi compensi, indennità o simili non previsti dai decreti presidenziali attuativi degli accordi sindacali, che siano attribuiti ai dipendenti in corrispettivo di attività lavorativa prestata nell`assolvimento delle mansioni inerenti alla posizione di impiegato e quindi connesse ai doveri d`ufficio.
Il premio di cui gli appellanti lamentano la mancata corresponsione rientra tra i compensi attribuiti al dipendente per attività connesse con i suoi doveri di ufficio.
Infatti il premio di diligenza di cui all`articolo 110 del testo unico n. 383 del 1934 è dovuto agli agenti della polizia municipale che abbiano contribuito alla scoperta e all`accertamento dei reati, cioè in occasione ed in corrispettivo proprio dello svolgimento delle mansioni di istituto di tale personale.
Pertanto, conformemente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado (anche per quel che riguarda la valenza dell’art.64 della legge n.142/1990), bisogna concludere che l’art.110 per cui è causa (ancorché formalmente abrogato solo con il T.U. n.267/2000) non possa essere utilmente invocato dagli appellanti per sostenere la loro domanda..
In conclusione l`appello va rigettato e la sentenza va interamente confermata.
Alla soccombenza segue la condanna al pagamento delle spese del grado del giudizio, che vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, definitivamente pronunciando, rigetta l`appello proposto e conferma l`impugnata sentenza.
Condanna gli appellanti al pagamento delle spese del grado del giudizio che si liquidano in complessivi € 5.000,00 (cinquemila//00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall`autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2009 con l`intervento dei Signori:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Gianpiero Paolo Cirillo, Consigliere, Estensore
Aniello Cerreto, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Giancarlo Montedoro, Consigliere
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L`ESTENSORE |
| IL PRESIDENTE |
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Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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