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Nuovi contratti soggetti alle regole del dopo-Brunetta

Pubblicato il 20/04/2010
Pubblicato in: Pubblico Impiego
L. Oliveri (La Settimana degli Enti Locali 13/4/2010)Maggioli Editore Maggioli Editore

La nuova contrattazione 2010, sia nazionale, sia decentrata, deve obbedire alle regole della riforma apportata dal d.lgs. 150/2009. Gli accordi contrattuali antecedenti, invece, conservano la loro validità, salvo, ovviamente, motivata disdetta.
Sono, nella sostanza, queste le indicazioni emerse dalla sentenza del Tribunale di Torino in veste di giudice del lavoro 2 aprile 2010, che ha dichiarato l`antisindacalità di alcuni comportamenti della sede regionale dell`Inps del Piemonte.
Si tratta di una sentenza dagli effetti ben più limitati di quanto le organizzazioni sindacali confederali non stiano affermando, condizionando anche i primi articoli di commento alla decisione del giudice del lavoro piemontese.
In effetti, si può affermare che la sentenza abbia inquadrato correttamente la controversa questione del diritto transitorio relativo ai contratti collettivi nazionali e decentrati vigenti al momento dell`entrata in vigore del d.lgs 150/2009, salvo un passaggio controverso e non condivisibile in merito all`esercizio dei poteri datoriali dei dirigenti.
Occorre, preliminarmente, sintetizzare le ragioni che hanno indotto le organizzazioni sindacali a proporre il ricorso. La direzione regionale dell`Inps ha, nella sostanza, disapplicato regole contrattuali decentrate vigenti in tema di gestione della banca delle ore, nonché mancato di garantire con più atti reiterati il rispetto delle relazioni sindacali della concertazione e dell`informazione, ritenendo ciò giustificato dal mutato assetto delle relazioni industriali, derivante dalla “riforma-Brunetta”.
La lettura e l`applicazione della riforma derivanti dall`interpretazione dell`Inps non sono oggettivamente in linea con le previsioni della riforma. La vigenza del d.lgs. 150/2009, infatti, non determina immediatamente la disapplicazione di tutte gli accordi contrattuali vigenti. Basti pensare che se la riforma fosse immediatamente e direttamente vigente in questo campo si porrebbe un problema gravissimo: l`inidoneità dei contratti collettivi decentrati a garantire l`effetto previsto dall`articolo 40, comma 3-bis, novellato del d.lgs 165/2001, ai sensi del quale il Ccdi “destina al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota prevalente del trattamento accessorio complessivo comunque denominato”. È, invece, del tutto chiara l`impossibilità della contrattazione decentrata, allo stato della norma, di modificare in modo così dirompente l`assetto del fondo per il salario accessorio, in assenza della nuova contrattazione nazionale collettiva, la cui disciplina assegnerà ai contratti decentrati la competenza e prescriverà le modalità per rivedere la composizione del fondo e, di conseguenza, il trattamento economico legato al risultato.
Dunque, una serie rilevante di norme relative alla contrattazione sono certamente subordinate alla stipulazione dei successivi contratti collettivi nazionale. In particolare, la materia delle relazioni sindacali. Infatti, il nuovo comma 1 novellato dell`articolo 40 del d.lgs. 165/2001, contenente il ridisegno proprio delle competenze dei contratti nazionali collettivi ed estremamente rigoroso nel sottrarre al primo livello della contrattazione una serie molto vasta di competenze, mantiene, invece, proprio “le materie relative alle relazioni sindacali”.
Nessuna amministrazione, allora, può adottare atti unilaterali tesi a scavalcare le prerogative sindacali attualmente assicurate dai vigenti contratti collettivi e, di conseguenza, dai contratti decentrati. Per questo, il Tribunale torinese ricorda che “la efficacia di tali contratti quantomeno al 31.12.2010, precisando: che i contratti collettivi integrativi cessano la loro efficacia dall’1.1.2011, per il comparto regioni e autonome locali al 31.1.2011 e 31.12.2012, i collettivi nazionali restano in vigore sino alla prevista scadenza e le norme di cui al decreto legislativo in oggetto “si applicano alla tornata successiva a quelle in corso”. Tutto ciò, del resto, in accordo con i contenuti della legge delega 4/3/2009 n, 15 (pena un evidente difetto di costituzionalità), che nell’enunciare all’art. 3 “i principi e criteri in materia di contrattazione collettiva e integrativa e funzionalità delle amministrazioni pubbliche”, non può non riferirsi alle prossime future contrattazioni (si veda, ad esempio punto 4: riduzione dei comparti, punto 5: modificazioni circa la t durata dei contratti, punto 7: semplificazione del procedimento di 1 contrattazione ecc.)”.
La sentenza, condivisibilmente, nega qualsiasi efficacia di immediata abolizione implicita dei contratti collettivi decentrati vigenti alla data del 15 novembre 2009. Altrimenti, non si spiegherebbe il permanere dell`efficacia dei Ccdi fino alle date indicate dal d.lgs. 150/2009, fissate ad un termine reputato sufficiente perché le parti stipulino i nuovi contratti nazionali e, di conseguenza, i contratti decentrati possano adeguarsi al nuovo assetto contrattuale.
È bene, a questo punto, però, evidenziare i limiti della portata della pronuncia del Tribunale, la quale non costituisce né uno stop alla riforma, né giustifica l`affermazione secondo la quale per applicare le regole sulla contrattazione nel loro complesso occorra attendere i nuovi contratti collettivi.
La sentenza afferma che “non è condivisibile la difesa dell’Inps ove ritiene che ai singoli atti di disposizione o di organizzazione degli uffici posti in essere dopo il 27.10.2009 si applica tout court la nuova normativa, anche perché “gli atti” considerati dal brocardo tempus regit acta non sono di certo le singole disposizioni, ma il sistema di relazioni sindacali e i nuovi il contratti, intervenuti dopo le scadenze indicate nell’art. 65” (1). Di conseguenza la nuova normativa:

  1. si applica nel suo complesso al sistema delle relazioni sindacali successivo ai nuovi contrati;
  2. si applica nel suo complesso per la stipulazione dei nuovi contratti;
  3. non si applica, nel suo complesso, ai contratti vigenti al 15 novembre 2009;
  4. si applica, parzialmente, all`attuale assetto.

Il problema consiste nel comprendere quale parte della riforma esplichi effetti sulle relazioni sindacali già a partire da oggi. Non potrebbe, infatti, affermarsi condivisibilmente che la riforma resti del tutto inoperante. Essa, invece, è certamente in parte già attiva.
Ad esempio, i contratti decentrati collettivi da stipulare successivamente al 15 novembre 2009 ricadono sicuramente nel nuovo regime. Per esempio, alla nuova contrattazione decentrata estende da subito i suoi effetti l`articolo 30, comma 3-quinquies, del d.lgs. 165/2001, laddove permette alle amministrazioni di adottare un atto unilaterale sostitutivo del contratto, nel caso di perdurante mancato accordo oltre i termini delle sessioni contrattuali, se ciò sia giustificato dal fine di “di assicurare la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica”. La nuova contrattazione ricade nelle nuove regole degli assetti contrattuali. E sui nuovi contratti decentrati, allora, opera certamente la mannaia della nullità e dell`applicazione automatica degli articoli 139 e 1419, comma 2, del codice civile, nel caso di clausole contrattuali nulle per contrarietà alle norme imperative. È in questo senso che occorre leggere il passaggio della sentenza nel quale si afferma che “anche il richiamo agli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c. (art. 33 decreto legislativo l50/2009 e art. 3, comma 2, lett. d), legge delega l5/2009) non può che essere inteso alle ipotesi di nullità dei contratti per  violazione dei limiti fissati alla contrattazione collettiva dallo stesso decreto legislativo l50/2009, e dunque in relazione ai nuovi contratti collettivi ancora da stipulare”.
La sentenza, allora, mette in luce che il comportamento antisindacale dell`Inps è derivato dalla disapplicazione unilaterale dei contratti decentrati. Per modificare il contenuto dei contratti decentrati l`unica strada corretta e rispettosa dell`assetto normativo è stipulare un nuovo contratto, ovviamente nei limiti della materia oggetto della trattativa. In questo caso, essendo un contratto successivo alla vigenza del d.lgs 150/2009, si applicano le relative regole. Ivi comprese quelle connesse alle relazioni sindacali.
Ma, qui si pongono rilevanti problemi. Infatti, la normativa non specifica in alcun modo quali siano le conseguenze sulle relazioni contrattuali, proprio perché ha rimesso ai nuovi contratti collettivi la materia.
Tuttavia, l`articolo 40, comma 1, delimita in modo evidente il raggio d`azione dei nuovi contratti. Inoltre, l`articolo 5, comma 2, novellato del d.lgs. 165/2001 attribuisce ai dirigenti in via esclusiva “le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro”, cioè la conformazione delle attività lavorative. Questo, insieme con la limitazione delle competenze della contrattazione modifica certamente, riducendole, le prerogative sindacali. Gli atti di conformazione corrispondono con i “singoli atti di disposizione” che la sentenza ritiene illegittimi, laddove posti in violazione dei contratti.
In questo ambito, tuttavia, la decisione non può essere condivisa, in quanto l`effetto sui poteri datoriali è immediato, in quanto deriva direttamente dalla legge ed i contratti collettivi nazionali o decentrati non possono costituire ostacolo all`esplicazione delle prerogative datoriali.
Restano, tuttavia, in piedi, sostanzialmente, le relazioni sindacali della concertazione e dell`informazione, laddove non contrastino con l`incremento del peso dei poteri datoriali della dirigenza.

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(1) Grassetto a cura dell’Autore.



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