Come noto, con legge costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012, sono state apportate importanti modifiche alla Costituzione italiana finalizzate all'introduzione del principio del pareggio di bilancio. Le disposizioni si applicano a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014.
Il presidente del Consiglio Monti, nel discorso tenuto in Parlamento a novembre scorso, in occasione della presentazione delle linee programmatiche del suo Governo che andava ad insediarsi, ha dichiarato che l'adozione del principio del pareggio del bilancio, regola aurea richiamata anche nell'art. 3 del trattato sul fiscal compact che andrà ad integrare i trattati Ue, “può contribuire a mantenere nel tempo il pareggio di bilancio programmato per il 2013, evitando che i risultati conseguiti con intense azioni di risanamento vengano erosi negli anni successivi.”.
Tra le modifiche di maggior rilievo recate dalla predetta legge costituzionale, per gli effetti che ne scaturiscono in capo alle amministrazioni pubbliche, per i riflessi che ne deriveranno, non da ultimo, sulle misure da adottare per la spesa di personale pubblico, ricordiamo le modifiche apportate agli artt. 97, 117 e 119 della Costituzione.
In particolare all'art. 97, che si colloca nella Sezione II - Pubblica amministrazione del Titolo III riguardante il Governo è stato premesso il comma 1 che recita “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.”
Il riferimento all'ordinamento europeo, al fine di garantire il rispetto degli equilibri di bilancio, coinvolge tutte le amministrazioni pubbliche e i relativi attori tenuto conto dei rispettivi ruoli e delle specifiche responsabilità. Si tratta, perciò, di un vincolo prioritario che opera a tutti i livelli, non solo per lo Stato. Sono interessate, senz'altro, le pubbliche amministrazioni elencate dall'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Tale elenco, tuttavia, rileva solo per individuare il datore di lavoro della disciplina recata dallo stesso decreto legislativo, mentre sul piano degli effetti finanziari il principio costituzionale dovrebbe coinvolgere una platea ben più ampia riconducibile alle amministrazioni pubbliche di cui all'elenco Istat predisposto ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009.
La previsione di cui all'art. 97, comma 1, diventa, perciò, una regola generale, che fa assurgere a livello costituzionale gli impegni sovranazionali di politica fiscale, di equilibrio di bilancio e di sostenibilità assunti in sede comunitaria. Indubbiamente il principio di buon andamento, già contenuto nell'art. 97, avrebbe potuto già di suo influire sulle scelte finanziarie delle amministrazioni. Tuttavia, le integrazioni volute dalla legge costituzionale in argomento, elevano a principio cardine dell'organizzazione e dell'attività amministrativa, le regole che derivano dagli impegni finanziari presi in sede comunitaria.
La previsione dell'art. 97 novellato sarebbe già di suo sufficiente a vincolare le amministrazioni pubbliche.
Tuttavia, per alcuni enti, gli obblighi che derivano dalla regola generale di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito pubblico vengono ulteriormente declinati nelle altre modifiche introdotte alla Costituzione.
Prima di esaminarle è necessario un richiamo anche all'art. 117 che, sempre con effetti a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014, è riformulato come segue:
- al comma 2, nell'elencazione delle materie di competenza della legislazione statale, la lett. a) prevede che lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di “moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie”;
- al comma 3, nell'elencazione delle materie di legislazione concorrente con la potestà delle Regioni, vengono soppresse le parole “armonizzazione dei bilanci pubblici” in virtù del fatto che tale materia viene trasferita alla competenza esclusiva della legge dello Stato a seguito della riformulazione di cui alla citata lett. a) del comma 2.
La legge costituzionale n. 1 del 2012 rafforza la centralità dello Stato nelle scelte di finanza pubblica, consentendo anche una normazione primaria di dettaglio, per la quale non sarà più consentito alle Regioni di ricorrere alla Corte costituzionale.
Il quadro diventa più esaustivo ricordando che l'art. 119 della Costituzione, per effetto della legge costituzionale n. 1 del 2012, risulta così riformulato:
- al comma 1, che prevede che “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”, sono state aggiunte le seguenti parole “nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea”;
- al comma 6 la previsione secondo cui “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento,” è integrata con le parole “con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio.”. Rimane invariato l'ultimo periodo “È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti”.
Ora, non è detto che la previsione a livello costituzionale del principio del pareggio del bilancio garantisca il suo rispetto. Tuttavia gli effetti, anche sul piano della responsabilità politica, indirizzano sempre più il legislatore ordinario a prevedere forme di ineleggibilità nei confronti degli amministratori responsabili di squilibri o dissesti finanziari, nonché forme più mirate ed incisive di responsabilità differenziata nei confronti di tutti i soggetti che contribuiscono a definire le politiche di programmazione e gestione finanziaria di un ente.
Gli interventi illustrati, tra l'altro, hanno il pregio di:
- descrivere uno scenario più coerente sul fronte dei poteri dei vari livelli di Governo, laddove risulta evidente che l'autonomia riconosciuta agli enti, in particolare quelli territoriali, deve cedere il passo di fronte alle esigenze prioritarie di finanza pubblica. Su questo fronte si rileva un ulteriore dimensionamento del Titolo V della Costituzione che rende più che mai attuali i propositi di intervento di revisione;
- educare, da subito, le istituzioni pubbliche ad adottare comportamenti finanziari corretti e a non ritenere di poter scaricare sui futuri governi una politica di spesa pubblica dissennata finalizzata ad acquisire consensi sugli elettori;
- responsabilizzare la dirigenza, che spesso è il soggetto deputato a predisporre la documentazione tecnica su cui si fondano la programmazioni finanziaria, la redazione e la gestione dei bilanci di un ente, ad uniformarsi ai vincoli costituzionali.
Una prima tappa, nella consapevolezza che la strada da percorrere è ancora lunga.
Utilità