Il sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica della p.a. ha ad oggetto sia i vizi dell'eccesso di potere sia la verifica dell'attendibilità delle operazioni tecniche compiute dalla amministrazione, relativamente alla correttezza dei criteri utilizzati e applicati.
Questo il principio enunciato dalla sentenza 13 settembre 2012, n. 4873, del Consiglio di Stato, in un giudizio vertente sull'impugnazione di un provvedimento della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).
Nel caso in esame l'AGCM aveva condannato al pagamento di una considerevole sanzione alcune imprese private responsabili:
- di aver posto in essere un'intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell'art. 81 del Trattato CE (ora art. 101);
- di aver posto in essere una condotta di abuso di posizione dominante ai sensi dell'art. 82 del Trattato CE (oggi art. 102).
Le imprese impugnavano tali provvedimenti dinanzi al Tar, il quale annullava la delibera dell'AGCM assunta ex art. 81 Trattato CE (ora art. 101) per insufficienza degli elementi probatori, ma confermava l'avvenuto abuso di posizione dominante "..concretizzatosi nell'adozione di una strategia predatoria tesa ad estromettere la principale concorrente (..) dal mercato nazionale..".
La causa è giunta, quindi, alla decisione dei Giudici di palazzo Spada che affermano un principio fondamentale dell'attività amministrativa, applicabile in ogni settore della sua azione, ovvero: "..il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica si svolge non soltanto riguardo ai vizi dell'eccesso di potere (logicità, congruità, ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza del provvedimento e del relativo impianto motivazionale), ma anche attraverso la verifica dell'attendibilità delle operazioni tecniche compiute dalla pubblica amministrazione quanto a correttezza dei criteri utilizzati e applicati, al contempo precisando che resta comunque fermo il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicchè al giudice amministrativo è consentito di censurare la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, di modo che il relativo giudizio non divenga sostitutivo con l'introduzione di una valutazione parimenti opinabile (v., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 14 luglio 2011, n. 4283; C.d.S., Sez. V, 5 marzo 2010, n. 1274; C.d.S., Sez. VI, 6 febbraio 2009, n. 694; C.d.S., Sez. VI, 4 settembre 2007, n. 4635; C.d.S., Sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).
Il giudice amministrativo - nella ricerca di un punto di equilibrio, da verificare di volta in volta in relazione alla fattispecie concreta, tra l'esigenza di garantire la pienezza e l'effettività della tutela giurisdizionale e quella di evitare che il giudice possa esercitare egli stesso il potere amministrativo che compete all'Autorità - può, dunque, sindacare con pienezza di cognizione i fatti oggetto dell'indagine e il processo valutativo mediante il quale l'Autorità applica al caso concreto la regola individuata, ma, ove ne accerti la legittimità sulla base di una corretta applicazione delle regole tecniche sottostanti, il suo sindacato deve arrestarsi, in quanto diversamente vi sarebbe un'indebita sostituzione del giudice all'amministrazione, titolare del potere esercitato (con specifico riferimento al concetto di "mercato rilevante" v. C.d.S., Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 896)."
All'interno dell'attività della pubblica amministrazione è dunque possibile distinguere due momenti fondamentali:
- la scelta dei criteri e delle regole necessarie al perseguimento del pubblico interesse;
- il corretto esercizio dei criteri e delle regole prestabilite.
In conclusione, il sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo può riguardare esclusivamente la corretta applicazione delle regole, non essendo possibile una sua sostituzione alla pubblica amministrazione nella scelta degli obiettivi da perseguire e dei criteri utili allo scopo.
(Commento a cura di Marco Porcu - Studio Legale Rusconi & Partners)
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