di Vincenzo Giannotti
Sentenza della Corte di cassazione n. 14773/2017
I giudici di Palazzo Cavour, lavorando su disposizioni legislative e contrattuali, stabiliscono il discrimine tra responsabilità dirigenziale e disciplinare. Pur riguardando, il caso di specie, un licenziamento comminato a un dirigente appartenente a un ente regionale di assistenza e beneficienza, le disposizioni contrattuali di riferimento sono quelle del comparto delle autonomie locali. Inoltre, avuto riguardo alla legittimità del recesso, secondo i giudici va tenuta distinta la giusta causa del licenziamento da quella afferente alla giustificatezza del recesso, di matrice contrattuale e strettamente correlata all'obbligo del pagamento dell'indennità supplementare ma non applicabile agli enti locali. Queste sono le conclusioni cui è pervenuta la Corte di cassazione, nella sentenza 14 giugno 2017 n. 14773.
La vicenda
All'esito dell'asta per la vendita di un terreno, il dirigente dell'ente procedeva alla sua formalizzazione. Successivamente, anche a fronte della risonanza avuta nella stampa della vicenda, ci si accorgeva come l'acquirente fosse la società dove il dirigente prestava prima la sua attività professionale, con potenziale conflitto di interessi. Di conseguenza, l'ente procedeva al licenziamento del dirigente per violazione delle direttive impartite, essendo causa di recesso in quanto espressamente richiamate nel contratto individuale del dirigente.
Mentre il Tribunale di prime cure dava ragione al dirigente, la Corte di Appello, riformando la sentenza, riteneva corretto il licenziamento, in quanto di matrice disciplinare, sostenendo che nel rapporto di lavoro dirigenziale la nozione di giustificatezza si discosta da quella di giusta causa, perché il vincolo fiduciario che lega il datore di lavoro al dirigente è tale da rendere giustificato il licenziamento anche nelle ipotesi di mera inadeguatezza rispetto alle aspettative del datore, di comportamento extra lavorativo incidente sulla immagine aziendale, di deviazione dalle direttive generali. Avverso tale sentenza ricorre il dirigente in Cassazione.
Distinzione tra responsabilità dirigenziale e disciplinare
I giudici di Palazzo Cavour hanno fatto riferimento sia alle norme legislative sia alle regole contrattuali. In particolare, l'articolo 21 del Testo unico sul pubblico impiego individua una ipotesi di responsabilità dirigenziale nella «grave inosservanza delle direttive impartite dall'organo competente», mentre l'articolo 27 del contratto collettivo nazionale 10 aprile 1996, per il personale dirigenziale degli enti locali, prevede il recesso anche per giusta causa, richiamando l'articolo 2119 del codice civile che «consiste in fatti e comportamenti, anche estranei alla prestazione lavorativa, di gravità tale da essere ostativi alla prosecuzione, sia pure provvisoria, del rapporto di lavoro».
Secondo gli Ermellini, inoltre, la responsabilità dirigenziale non esclude la concorrente responsabilità disciplinare che può condurre al recesso per giusta causa ex articolo 2119 del codice civile. In altri termini, in caso di inosservanza delle direttive imputabili al dirigente, il discrimine tra le due responsabilità va ravvisato nel collegamento con la verifica complessiva dei risultati, sicché l'addebito assumerà valenza solo disciplinare nella ipotesi in cui l'amministrazione ritenga che la violazione in sé della direttiva, in quanto inadempimento contrattuale, debba essere sanzionata; dovrà, invece, essere ricondotta alla responsabilità dirigenziale qualora la violazione medesima abbia inciso negativamente sulle prestazioni richieste al dirigente ed alla struttura dallo stesso diretta.
Fatta la citata ricostruzione, erra invece la Corte territoriale nell'assumere quale parametro del giudizio sulla legittimità del recesso la nozione di giustificatezza del licenziamento, essendo quest'ultima strettamente correlata all'obbligo del pagamento dell'indennità supplementare, mentre la giusta causa legittima il recesso immediato dal rapporto ed esonera il datore di lavoro dal concedere il preavviso e dal pagamento della relativa indennità. Ma né la legge, né il contratto collettivo degli enti locali prevedono l'operatività della citata indennità, con obbligo da parte della Corte territoriale, in diversa composizione, di verificare se sussistono o meno i motivi della giusta causa del licenziamento.
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