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Percorsi ciclabili - come progettarli. Parte seconda: l'importanza della pianificazione.

Pubblicato il 17/11/2025
Pubblicato in: Articoli
Percorsi ciclabili - come progettarli. Parte seconda: l'importanza della pianificazione.

di Raffaele Di Marcello*

Abbiamo visto, nel precedente articolo, come il codice della strada, che definisce all’art. 3, comma 1, punto 39, la pista ciclabile quale “parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi”, non riporti molti elementi utili per la progettazione dei percorsi dedicati alle biciclette (o velocipedi, come vengono definiti dalla normativa), eccezione fatta per la segnaletica di riferimento, riportata nel Regolamento (DPR 495/1992).

Il Codice della Strada contiene, però, due importanti norme:

-il comma 4-bis dell’art. 13, che prevede “Le strade di nuova costruzione classificate ai sensi delle lettere C, D, E ed F del comma 2 dell'articolo 2 devono avere, per l'intero sviluppo, una pista ciclabile adiacente purché realizzata in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza”;

-il comma 2-bis dell’art. 14, che prevede “Gli enti proprietari delle strade provvedono altresì, in caso di manutenzione straordinaria della sede stradale, a realizzare percorsi ciclabili adiacenti purché realizzati in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza”;

entrambi introdotti dall’art. 10, comma 2, della legge n. 366 del 1998 e mai realmente applicati, anche per la mancata predisposizione, da parte degli enti locali, dei programmi pluriennali di sviluppo della mobilità ciclistica, previsti dall’art. 2 della Legge 28 giugno 1991, n. 208.

L’applicazione dei due commi sopra riportati, se relazionati con i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile, i Piani Urbani del Traffico e/o i Biciplan (o piani della mobilità ciclistica), e applicati dagli Enti proprietari della strada (senza appellarsi a “comprovati problemi di sicurezza” spesso inesistenti) porterebbe ad una diffusione più capillare dei percorsi ciclabili. Occorrerebbe, però, una rivisitazione della norma per renderla più attuale.

Tornando agli elementi di progettazione dei percorsi ciclabili possiamo trovare i riferimenti di legge nel Decreto Ministeriale 30 novembre 1999, n. 557 - Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili – approvato a seguito della Legge 19 ottobre 1998, n. 366, ancora vigente, per quanto in gran parte superata dalla Legge 11 gennaio 2018 n. 2 – Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica – e dalle legge regionali in materia.

Il D.M. 557/1999 reca, all’art. 2, disposizioni che dovrebbero essere il principio guida di chi pianifica e/o progetta percorsi ciclabili. Infatti il comma 1 dello stesso articolo, dispone:

Le finalità ed i criteri da considerare a livello generale di pianificazione e dettagliato di progettazione, nella definizione di un itinerario ciclabile sono:

a) favorire e promuovere un elevato grado di mobilità ciclistica e pedonale, alternativa all'uso dei veicoli a motore nelle aree urbane e nei collegamenti con il territorio contermine, che si ritiene possa raggiungersi delle località interessate, con preminente riferimento alla mobilità lavorativa, scolastica e turistica;

b) puntare all'attrattività, alla continuità ed alla riconoscibilità dell'itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi più brevi, diretti e sicuri secondo i risultati di indagini sull'origine e la destinazione dell'utenza ciclistica;

c) valutare la redditività dell'investimento con riferimento all'utenza reale e potenziale ed in relazione all'obiettivo di ridurre il rischio d'incidentalità ed i livelli di inquinamento atmosferico ed acustico;

d) verificare l'oggettiva fattibilità ed il reale utilizzo degli itinerari ciclabili da parte dell'utenza, secondo le diverse fasce d'età e le diverse esigenze, per le quali è necessario siano verificate ed ottenute favorevoli condizioni anche plano-altimetriche dei percorsi.

Altro elemento essenziale, spesso ignorato, contenuto nella norma, è quello della pianificazione, contenuto nell’art. 3 del D.M. 557/1999, articolo che dispone:

1. Al fine di predisporre interventi coerenti con le finalità ed i criteri anzidetti gli enti locali si dotano dei seguenti strumenti di pianificazione e di progettazione:

a) un piano della rete degli itinerari ciclabili, nel quale siano previsti gli interventi da realizzare, comprensivo dei dati sui flussi ciclistici, delle lunghezze dei tracciati, della stima economica di spesa e di una motivata scala di priorità e di tempi di realizzazione. Il livello di indagini preliminari e di dettaglio degli elaborati di piano deve essere adeguato alla estensione dimensionale della rete ciclabile ed alla complessità del modello di organizzazione della circolazione delle altre componenti di traffico.

Nell'ambito di tale piano è ammessa la possibilità di considerare itinerari isolati che rispettino comunque le finalità ed i criteri di progettazione indicati all'articolo

2. Per i comuni che sono tenuti alla predisposizione del Piano urbano del traffico (PUT), ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il piano della rete ciclabile deve essere inserito in maniera organica, quale piano di settore, all'interno del PUT, secondo le indicazioni delle direttive ministeriali pubblicate nel supplemento ordinario n. 77 alla Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 1995. Per i comuni non tenuti alla predisposizione del PUT occorre comunque procedere ad una verifica di compatibilità, soprattutto ai fini della sicurezza, con le altre modalità di trasporto;

b) i progetti degli itinerari ciclabili, previsti dal piano di cui al punto a), che prevedano anche, ove necessario, la riqualificazione dello spazio stradale circostante; in particolare, i progetti devono considerare e prevedere adeguate soluzioni per favorire la sicurezza della mobilità ciclistica nei punti di maggior conflitto con i pedoni e i veicoli a motore (intersezioni, accessi a nodi attrattivi, ecc.).

La necessità di una pianificazione della rete ciclabile era già contenuta nell’art. 2 della Legge 366/1998 che, all’art. 2, dispone (ricordiamo che la norma è ancora vigente):

Alle regioni è affidato il compito di redigere i piani regionali di riparto dei finanziamenti per la mobilità ciclistica e per la realizzazione di reti di percorsi ciclabili integrati. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni provvedono a redigere il piano sulla base dei progetti presentati dai comuni, limitatamente alla viabilità comunale, e dalle province, con riguardo alla viabilità provinciale e al collegamento fra centri appartenenti a diversi comuni. I progetti sono predisposti nel quadro di programmi pluriennali elaborati dai predetti enti, che pongono come priorità i collegamenti con gli edifici scolastici, con le aree verdi, con le aree destinate ai servizi, con le strutture sociosanitarie, con la rete di trasporto pubblico, con gli uffici pubblici e con le aree di diporto e turistiche.

Una pianificazione, quindi, non solo finanziaria, ma di raccordo tra i vari progetti che Comuni e Province avrebbero dovuto presentare per ottenere i relativi finanziamenti.

Il concetto di pianificazione delle “reti” di percorsi ciclabili si ritrova, successivamente, in diverse leggi regionali e nella già citata Legge 2/2018 - Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica – che introduce il “Piano Generale della mobilità ciclistica” (art. 3) e la “Rete ciclabile Nazionale Bicitalia” (art. 4), nonché i “Piani Regionali della mobilità ciclistica” (art. 5) e i “Biciplan” (art. 6) di competenza comunale e delle Città metropolitane nonché delle Province (Art. 7).

Tale ripartizione è contenuta anche nelle leggi regionali in materia, alcune approvate prima della legge nazionale n. 2/2018 e a cui tale norma si ispira.

Nello specifico il Piano generale della mobilità ciclistica, di durata triennale, approvato per il 2022/2024 (Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 239 del 12/10/2022) e non più aggiornato, indica al paragrafo I.4 (da pag. 8) individua come obiettivo la messa in esercizio e lo sviluppo “di una rete ciclabile interconnessa sui tre livelli: locale, regionale e nazionale. Ciò si realizza attraverso:

-la definizione e il completamento della Rete Ciclabile Nazionale che andrà ad assumere la denominazione RCN – Bicitalia (rete ideata dalla Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta – FIAB, nel 2000) in quanto, ai sensi della legge n. 2/2018, integra con il preesistente Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche SNCT,fia di cui al art. 1 comma 640 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 con il sistema Bicitalia ivi descritto.

Inoltre la RCN, come già previsto dall’allegato DEF 2022, dovrà connettere in modo definitivo l’Italia alla rete europea Eurovelo (rete ciclistica europea ideata dalla European Cyclists’ Federation - EFC), al fine di garantire un grande volano, sia turistico che ambientale, a disposizione degli italiani e degli europei. La responsabilità dello sviluppo e manutenzione di questa rete è di competenza statale (art. 4s legge n. 2/2018);

-lo sviluppo di una Rete regionale, integrativa e sussidiaria alle grandi direttrici nazionali e nel contempo strategica per la mobilità ciclistica di scala regionale, in grado di realizzare un’opera di “rammendo dei territori” per i percorsi di interesse sia urbano che turistico, promossa e gestita da Regioni e Province autonome, in collaborazione con gli Enti Locali. La responsabilità dello sviluppo di queste “reti ancillari” ricade nella programmazione regionale e dei rispettivi piani (art. 5, legge n. 2/2018);

-l'impulso alla realizzazione delle reti ciclabili di livello urbano, metropolitano/Provinciale e intercomunale e l’identificazione delle modalità di assetto, disciplina e fruizione della mobilità e dello spazio pubblico nelle città e nei territori più densamente urbanizzati, che consentano l’uso quotidiano e multimodale in sicurezza della bicicletta per gli spostamenti sistematici, anche nell'ottica della città policentrica e della città dei 15 minuti , che si sta affermando in Europa e che promuove la mobilità attiva come elemento portante dell'accessibilità diffusa del territorio urbano (art. 6-7 legge n. 2/2018).

Quindi, anche a livello normativo, si evidenzia l’importanza della pianificazione dei percorsi ciclabili, sia di livello locale che di area vasta, in modo da ottimizzare risorse e rendere più efficienti gli interventi.

 

Nel prossimo articolo tratteremo le caratteristiche tecniche di piste e percorsi ciclabili.

 

*Raffaele Di Marcello, Architetto, Dottore di ricerca in sociologia, è esperto di mobilità ciclistica. Ha conseguito un master in mobility management ed ha al suo attivo diverse pubblicazioni su cicloturismo, mobility management, mobilità ciclistica. Già responsabile e membro del Centro Studi della FIAB - Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, e presidente dell'Ordine degli Architetti PPC della provincia di Teramo, è stato funzionario pubblico presso la Provincia di Teramo e, attualmente, ricopre il ruolo di Responsabile del servizio Governo del Territorio del Comune di Giulianova. Professionalmente si occupa di urbanistica, pianificazione territoriale, edilizia e lavori pubblici, oltre ad essere attivo, anche attraverso l'adesione ad associazioni locali e nazionali, nel campo della tutela dell'ambiente, turistico, sviluppo territoriale e sostenibile. E' presidente della sezione Abruzzo dell'UNITEL.

 


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