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Illegittimo l'annullamento della Dia per carenza del requisito soggettivo

Pubblicato il 24/08/2015
Pubblicato in: Appalti

La carenza del requisito soggettivo non è preclusiva della realizzazione di un intervento edilizio in quanto questo avrebbe potuto essere realizzato anche da colui che è privo della qualifica di imprenditore agricolo, munendosi di un permesso di costruzione in luogo della Dia (Tar Emilia Romagna, sezione, sentenza 6 luglio 2015, n. 639).

La qualifica del richiedente

Contrasterebbe con i dettami in materia urbanistica un atto che, a prescindere dal tipo di opera realizzanda e dalla verifica di compatibilità urbanistica, si fondi sulle qualità personali del richiedente, in quanto tale qualità avrebbe valore esclusivamente ai fini dell'applicazione dei benefici economici previsti dall'articolo 9, lettera a) della legge 10/1977, oggi trasfuso nell'articolo 17 del Dpr 380/2001.

L'elemento soggettivo riguardante la qualifica (di imprenditore agricolo, o agricoltore, o proprietario concedente il fondo in affitto) del richiedente il permesso di costruire in zona agricola sarebbe del tutto irrilevante se il soggetto interessato non intende valersi dell'esonero del pagamento degli oneri per costruire. Elemento oggettivo indispensabile sarebbe, invece, la titolarità della proprietà o l'esistenza di altro titolo idoneo di disponibilità del bene, oltre naturalmente alla compatibilità con gli strumenti urbanistici.

La legislazione in materia

Per le zone agricole, è prevalentemente la legislazione regionale che si occupa, non solo di specificare i presupposti di tipo oggettivo (correlazione diretta del manufatto edilizio con la coltivazione) e i limiti quantitativi e qualitativi dell'edificazione in zona agricola, ma anche quelli di tipo soggettivo. La normativa prevalente provvede, infatti, da un lato, a individuare con puntuali prescrizioni i possibili beneficiari del permesso di costruire (coltivatori diretti, affittuari, mezzadri, coloni, imprenditori agricoli a titolo principale, o figure assimilabili), dall'altro, a precisare che l'edificazione nelle zone agricole può essere accordata, oltre che per la sola realizzazione di opere funzionali alla conduzione del fondo o comunque strumentali all'attività agricola (requisito oggettivo), soltanto al soggetto coltivatore (requisito soggettivo). Inoltre, nella maggior parte delle ipotesi, si pone sì una differenziazione, quanto all'edificazione in zona agricola, tra la posizione degli imprenditori agricoli rispetto a quella di soggetti diversi, ma a tale differenziata qualità e professionalità nell'esercizio dell'attività agraria viene in genere collegata esclusivamente la dispensa dal contributo di costruzione. Di tal ché, il possesso dei requisiti soggettivi non condiziona l'edificazione in sé, ma soltanto la gratuità del permesso di costruire, il quale è altrimenti ugualmente ottenibile, ma a titolo oneroso.

L'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione è oggi disciplinata dall'articolo 17, comma 3, lettera a) del Dpr 6 giugno 2001, n. 380 che si limita a riportare, con modificazioni non significative la disposizione già contenuta nell'articolo 9, comma 1, lettera a) della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

Proprio in considerazione della natura sostanzialmente riproduttiva della disposizione del Testo unico dell'edilizia continuano a trovare applicazione le previsioni di legge regionale che hanno regolamentato gli aspetti applicativi dell'esenzione dal contributo. Spesso, è stata subordinata l'edificazione nell'area alla prova del possesso, da parte del richiedente la concessione, dei requisiti di imprenditore agricolo, coltivatore diretto o bracciante con disposizioni confermate poi dalla successiva legge 56/1980. Il riferimento, dunque, non è solo all'imprenditore agricolo, comprendendo anche il coltivatore diretto e il bracciante agricolo.

 

La previsione urbanistica della "zona agricola"

In quanto soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione, il Comune ha il dovere di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento, non previamente assentito (o, quand'anche autorizzato, eseguito in violazione delle prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e dalle leggi. Nello specifico, con riferimento alla valenza dei vincoli all'edificazione in zona agricola, l'attribuzione di una destinazione agricola a un determinato terreno è volta non tanto e non solo a garantire il suo effettivo utilizzo a scopi agricoli, quanto piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione.

Ciò anche in funzione della valenza conservativa di valori naturalistici che ha tale tipo di destinazione di zona. Difatti, in zona agricola debbono ritenersi ammissibili tutte quelle attività integrative, aggiuntive e/o migliorative che non si pongano insanabilmente in contrasto con la zona e con la sua destinazione, essendo quindi necessario operare una valutazione caso per caso relativa a tale compatibilità in concreto. Conseguentemente, si riconosce che la facoltà di realizzare in zona agricola costruzioni residenziali non deve intendersi circoscritta agli imprenditori agricoli o ai coltivatori diretti, bensì anche ai soggetti privi di tale qualifica, purché l'edificazione fosse connessa con l'attività di una azienda agricola e avvenisse nei limiti di edificabilità previsti dalla relativa normativa. La normativa di settore o quella locale propria dei singoli enti locali deve essere interpretata in modo coerente con il sistema sopra delineato e con i principi richiamati. I requisiti oggettivi si affiancano, secondo la normativa di settore, a quelli soggettivi del possesso della qualifica di imprenditore agricole o dei soggetti a questi assimilati, ma è palesemente illegittimo un provvedimento che sancisca l'annullamento di un titolo edilizio sulla base della carenza del mero requisito soggettivo.

Tar Emilia Romagna, sezione, sentenza 6 luglio 2015, n. 639

(Giovanni La Banca, Il Sole 24Ore, quotidiano Enti locali, 22 luglio 2015)


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