Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia Brescia sez. II 17/1/2011 n. 58
Maggioli Editore
CONCESSIONI DI BENI DEL DEMANIO IDRICO (NELLA FATTISPECIE LACUALE) – CANONI DI CONCESSIONE – CONTROVERSIE – RIPARTIZIONE TRA GIURISDIZIONE ORDINARIA E SPECIALE
Secondo costante giurisprudenza, in primo luogo della Corte di cassazione, le controversie in materia di canoni per la concessione di beni del demanio idrico, di cui fa parte come è ovvio anche il demanio lacuale per cui è causa, rientrano appunto fra quelle in materia di acque pubbliche, vuoi perché relative comunque a “diritti di utilizzazione di acque pubbliche”, vuoi perché il concetto di “corrispettivo per l`occupazione di aree del demanio lacuale” rimanda ad una “controversia avente ad oggetto natura, estensione e limiti di detto demanio”, come affermato specificamente da Cass. civ. sez. I 21 settembre 2010 n°19987.
4. Tali controversie si ripartiscono poi fra il Tribunale regionale e il Tribunale superiore, e quindi fra la giurisdizione ordinaria e quella speciale, a seconda del loro concreto contenuto. In dettaglio, appartengono alla giurisdizione del Tribunale regionale tutte le “controversie sull`esistenza e sull`entità dei canoni delle concessioni di utenza di risorse idriche, nelle quali sia in contestazione il diritto soggettivo del concessionario alla corretta applicazione delle disposizioni regolanti l`indicato canone in base a elementi oggettivi e certi, secondo parametri e criteri tecnici vincolanti per l`amministrazione”. Ove invece si contestino gli atti amministrativi che della determinazione dei canoni sono presupposto, si deve distinguere: la loro illegittimità “può essere fatta valere mediante impugnativa, in via principale, davanti al giudice amministrativo (Tribunale superiore delle acque pubbliche) o, alternativamente, sollecitandone la disapplicazione da parte del giudice ordinario (nella specie, quello specializzato: Tribunale regionale acque pubbliche) nelle controversie sui diritti soggettivi che si assumano lesi da atti o provvedimenti consequenziali”. In tal senso, la citata Cass. S.U. 16798/2007, nonché Cass. civ. S.U. 29 settembre 1997 n° 9551 e S.U. 28 novembre 1994 n°10124; conforme anche Cass. sez. I 19987/2010 pure citata, con riguardo come si è detto proprio ad una controversia in tema di occupazione di beni del demanio lacuale. Sempre conformi anche Trib. sup. acque 30 settembre 2005 n°118 e 24 aprile 2009 n°73; si veda infine nella giurisprudenza del TAR Brescia, la sentenza 10 luglio 1998 n°699.
La richiesta della “corretta applicazione delle disposizioni regolanti l`indicato canone”, per quanto detto, appartiene senz’altro alla giurisdizione del Tribunale regionale delle acque, così come la richiesta di annullamento della determinazione dell’assemblea consortile di determinazione dei canoni.
N. 00058/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01628/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1628 del 2005, proposto da:
Baracchi Gemma, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Cocco, Francesco Noschese, Luciano Salomoni, Pierluigi Trucillo, con domicilio eletto presso Francesco Noschese in Brescia, via Cadorna, 7;
contro
Cons. Comuni Sponda Bresciana Lago di Garda e Lago D`Idro, rappresentato e difeso dall`avv. Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione, 37; Regione Lombardia, rappresentato e difeso dall`avv. Maria Lucia Tamborino, con domicilio eletto presso Donatella Mento in Brescia, via Cipro, 30;
nei confronti di
Comune di Limone Sul Garda, rappresentato e difeso dagli avv. Fiorenzo Bertuzzi, Gianpaolo Sina, con domicilio eletto presso Fiorenzo Bertuzzi in Brescia, via Diaz, 9;
per l’annullamento
dei provvedimenti 6 settembre 2005 n°421 e 20 settembre 2005 prot. n°2609 con i quali il Consorzio dei Comuni della sponda bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro ha determinato i canoni da applicare all’area di demanio lacustre in concessione alla ricorrente per gli anni 2004 e 2005;
del provvedimento 7 febbraio 2006 prot. n°648 del medesimo Consorzio e dell’allegato prospetto canoni;
del provvedimento 20 febbraio 2006 prot. n°648 di rettifica del precedente e del prospetto allegato;
della determinazione 21 dicembre 2005 n°11 dell’assemblea consortile;
in quanto determinativi del canone dovuto dalla ricorrente per il 2006;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Cons. Comuni Sponda Bresciana Lago di Garda e Lago D`Idro e di Regione Lombardia e di Comune di Limone Sul Garda;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell`udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2010 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Gemma Baracchi, odierna ricorrente e proprietaria di una villa storica prospiciente il Lago di Garda nel Comune bresciano di Limone, utilizza a titolo di concessione in fregio alla villa stessa alcuni beni del demanio lacuale, costituiti da un tratto di spiaggia, dall’alveo relativo, da un porticciolo, da una piscina naturale, da un muro di contenimento e da alcuni “pennelli”, ovvero piccole dighe frangiflutti realizzate sul fondale lacustre a protezione della spiaggia dal moto ondoso; con il primo ricorso, notificato il 22 novembre 2005, impugna i provvedimenti, meglio indicati in epigrafe, con i quali il Consorzio intimato ha determinato per gli anni 2004 e 2005 il canone di concessione per i beni predetti (doc. ti 1 e 2 ricorrente, copie di essi, ove anche l’elenco dei beni concessi, peraltro non contestato), in ordine logico sulla base dei seguenti quattro motivi:
- con il primo di essi, rubricato come quarto a p. 8 del ricorso, deduce illegittimità costituzionale della l. r. Lombardia 12 gennaio 2002 n°1 in relazione agli artt. 3, 9, 117 e 118 Cost. In proposito, premette che a suo avviso sarebbe costituzionalmente illegittima la mera adozione della legge in esame quale strumento di determinazione delle tariffe di occupazione del demanio lacuale, atteso che tale determinazione, così come avviene in altre regioni, si dovrebbe operare con un provvedimento amministrativo. Ciò posto, afferma che la legge in parola sarebbe incostituzionale nella parte in cui non prevede una tariffa agevolata per i casi come quello della villa della ricorrente, in cui la concessione servirebbe alla migliore conservazione di un bene di interesse storico e paesistico, rappresentato nella specie dalla “limonaia”, ovvero dalla serra originariamente per agrumi esistente nel giardino (doc. 3 ricorrente, copia pubblicazione in merito). Altro profilo di incostituzionalità della legge, per violazione dell’art. 3 Cost., sarebbe la previsione di una identica tariffa per le aree a terra e per quelle invase dall’acqua;
- con il secondo motivo, rubricato come terzo a p. 8 del ricorso, deduce violazione dell’art. 7 l. 241/1990, per omissione dell’avviso di inizio del procedimento;
- con il terzo motivo, rubricato come primo a p. 4 del ricorso, deduce violazione delle tabelle allegate alla citata l.r. 1/2002 sotto due distinti profili. In primo luogo, lamenta che ai citati “pennelli”, a suo dire costituenti “baluardi naturali protettivi dell’ambiente” (ricorso, p. 5 quindicesimo rigo), sia stato applicato il canone per le strutture o impianti fissi di difficile rimozione, e non quello, più favorevole, previsto per le “altre strutture”. In secondo luogo, lamenta un errore di fatto nel calcolo della superficie dei muri di contenimento;
- con il quarto motivo, rubricato come secondo a p. 7 del ricorso, deduce infine violazione dell’art. 11 della l. r. Lombardia 29 ottobre 1998 n°22, in quanto a suo dire comunque la concessione a lei rilasciata dovrebbe beneficiare di una tariffa agevolata, essendo come si è detto asseritamente servente alla buona conservazione del bene storico.
Con il primo ed il secondo ricorso per motivi aggiunti, notificati rispettivamente il 7 aprile e il 12 giugno 2006, Gemma Baracchi ha poi ulteriormente impugnato i provvedimenti di determinazione dei canoni per il 2006 (doc.ti 6- 9 ricorrente, copia di essi) e la determinazione dell’assemblea dei Sindaci alla base delle nuove tariffe (doc. 12 ricorrente, copia di essa), con otto ulteriori censure, riconducibili secondo logica ai seguenti cinque motivi, che si riportano seguendo la numerazione di quelli del ricorso principale:
- con i motivi quinto, sesto, settimo e ottavo, corrispondenti alle censure sesta, settima, ottava, nona e decima alle pp. 12- 19 del primo ricorso per motivi aggiunti, ripropone riferendoli alla determinazione del canone per il 2006 i motivi già proposti con il ricorso principale di cui sopra, evidenziando che l’omissione delle garanzie partecipative le avrebbe impedito di rappresentare il proprio punto di vista quanto all’aumento delle tariffe applicato per l’anno in questione;
- con il motivo nono, corrispondente alle censure quinta del primo ricorso per motivi aggiunti nonché undecima e dodicesima del secondo ricorso per motivi aggiunti, deduce violazione dell’art. 10 comma decimo della citata l.r. 1/2002, in quanto a suo dire il Consorzio avrebbe aumentato i canoni senza che ve ne fossero i presupposti, in particolare non avrebbe tenuto conto degli oneri manutentivi già a suo carico, avrebbe applicato in via indiscriminata lo stesso aumento a tutte le tipologie di bene in concessione e le avrebbe applicato una penale per il ritardo nel momento in cui ella incolpevolmente non era venuta a conoscenza del provvedimento.
Resistono la Regione Lombardia, con atto 2 febbraio 2006 e memoria 29 ottobre 2010, il Consorzio dei Comuni, con atto 13 febbraio 2006 e memoria 27 ottobre 2010, e il Comune di Limone, con atto 3 agosto 2006 e memoria 30 ottobre 2010, sostenendo in via preliminare il difetto di giurisdizione in favore dell’Autorità giudiziaria ordinaria, e per essa del Giudice specializzato Tribunale regionale delle acque pubbliche (cfr. memoria Regione), e nel merito l’infondatezza del ricorso.
Con memorie 29 ottobre e 11 novembre 2010, la ricorrente ha ribadito le proprie ragioni, in particolare sostenendo la giurisdizione di questo Giudice amministrativo.
All’udienza del giorno 2 dicembre 2010, la Sezione ha trattenuto la causa in decisione.
DIRITTO
1. L’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione è fondata, ai sensi di quanto appresso. Come si è detto in narrativa, la controversia per cui è causa concerne, in sintesi estrema, canoni concessori relativi a beni del demanio lacuale, e quindi rientra nella più generale categoria delle controversie in materia di acque pubbliche ampiamente intese, per le quali, come è noto la legge, e precisamente gli artt. 140 e 143 del R.D. 11 dicembre 1933 n°1775, stabilisce in tema di giurisdizione norme particolari.
2. Alla lettera, infatti, il citato art. 140 devolve, in primo grado, alla cognizione del Tribunale regionale delle acque pubbliche “le controversie intorno alla demanialità delle acque”, quelle concernenti “i limiti dei corsi o bacini, loro alvei e sponde”, quelle “aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica”, oltre ad alcune altre di natura particolare, che ai fini del presente discorso si possono omettere. Sempre alla lettera, il pure citato art. 143 devolve invece alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche in generale “i ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall`amministrazione in materia di acque pubbliche”, oltre anche in questo caso ad alcune controversie particolari qui non rilevanti. Come è parimenti noto, la natura giuridica di tali organi giurisdizionali è differente, poiché il Tribunale regionale delle acque pubbliche costituisce un organo specializzato dell’Autorità giudiziaria ordinaria ai sensi dell’art. 102 Cost., in quanto, pur conoscendo di controversie particolari, dipende pur sempre in via funzionale dal Consiglio superiore della Magistratura; il Tribunale superiore delle acque è invece un giudice amministrativo speciale, non dipendente da detto Consiglio superiore e mantenuto in esistenza ai sensi della VI disposizione finale della Costituzione stessa, come si ricava anche dal terzo comma del citato art. 143, che chiama a farne parte magistrati del Consiglio di Stato: per la distinzione, si veda, fra le molte, Cass. civ. S.U. 30 luglio 2007 n°16798.
3. Ciò posto, secondo costante giurisprudenza, in primo luogo della Corte di cassazione, le controversie in materia di canoni per la concessione di beni del demanio idrico, di cui fa parte come è ovvio anche il demanio lacuale per cui è causa, rientrano appunto fra quelle in materia di acque pubbliche, vuoi perché relative comunque a “diritti di utilizzazione di acque pubbliche”, vuoi perché il concetto di “corrispettivo per l`occupazione di aree del demanio lacuale” rimanda ad una “controversia avente ad oggetto natura, estensione e limiti di detto demanio”, come affermato specificamente da Cass. civ. sez. I 21 settembre 2010 n°19987.
4. Tali controversie si ripartiscono poi fra il Tribunale regionale e il Tribunale superiore, e quindi fra la giurisdizione ordinaria e quella speciale, a seconda del loro concreto contenuto. In dettaglio, appartengono alla giurisdizione del Tribunale regionale tutte le “controversie sull`esistenza e sull`entità dei canoni delle concessioni di utenza di risorse idriche, nelle quali sia in contestazione il diritto soggettivo del concessionario alla corretta applicazione delle disposizioni regolanti l`indicato canone in base a elementi oggettivi e certi, secondo parametri e criteri tecnici vincolanti per l`amministrazione”. Ove invece si contestino gli atti amministrativi che della determinazione dei canoni sono presupposto, si deve distinguere: la loro illegittimità “può essere fatta valere mediante impugnativa, in via principale, davanti al giudice amministrativo (Tribunale superiore delle acque pubbliche) o, alternativamente, sollecitandone la disapplicazione da parte del giudice ordinario (nella specie, quello specializzato: Tribunale regionale acque pubbliche) nelle controversie sui diritti soggettivi che si assumano lesi da atti o provvedimenti consequenziali”. In tal senso, la citata Cass. S.U. 16798/2007, nonché Cass. civ. S.U. 29 settembre 1997 n° 9551 e S.U. 28 novembre 1994 n°10124; conforme anche Cass. sez. I 19987/2010 pure citata, con riguardo come si è detto proprio ad una controversia in tema di occupazione di beni del demanio lacuale. Sempre conformi anche Trib. sup. acque 30 settembre 2005 n°118 e 24 aprile 2009 n°73; si veda infine nella giurisprudenza di questo TAR, la sentenza 10 luglio 1998 n°699.
5. Tanto premesso, per applicare al caso di specie i principi appena delineati è necessario individuare con precisione quali domande abbia proposto la ricorrente, prescindendo dalla richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale della legge regionale 1/2002, richiesta che come per legge non integra una domanda giudiziale autonoma. La ricorrente quindi ha alla lettera, secondo quanto riportato in epigrafe, anzitutto chiesto “l’annullamento” dei provvedimenti 6 settembre 2005 n°421, 20 settembre 2005 prot. n°2609, 7 febbraio 2006 prot. n°648 con allegato prospetto canoni e del provvedimento 20 febbraio 2006 prot. n°648 pure indicati in epigrafe, i quali tutti determinano, per le varie annate considerate, i canoni che si assumono dovuti (cfr. doc. ti 1 e 2 nonché 6-9 ricorrente, cit.). Tale domanda quindi, al di là del nomen iuris di annullamento usato dalla ricorrente, è volta proprio a richiedere la “corretta applicazione delle disposizioni regolanti l`indicato canone”, e per quanto detto appartiene senz’altro alla giurisdizione del Tribunale regionale delle acque.
6. La ricorrente ha poi proposto anche una domanda ulteriore, avendo, sempre alla lettera, richiesto l’annullamento della determinazione 21 dicembre 2005 n°11 dell’assemblea consortile, che è un atto amministrativo presupposto della determinazione dei canoni (cfr. doc. 12 ricorrente, cit.). Ove tale atto fosse contestato di per sé, la giurisdizione di questo Giudice amministrativo esulerebbe comunque, perché, sempre per quanto detto, la cognizione di tale domanda apparterrebbe al Tribunale superiore delle acque.
7. La determinazione citata però nel caso di specie è contestata a diverso titolo, ovvero in tanto in quanto abbia portato in concreto ad una determinazione del canone ritenuta dalla ricorrente eccessiva: ciò si desume per implicito, ma inequivocabilmente, dalle conclusioni tanto del primo quanto del secondo ricorso per motivi aggiunti, ove si chiede che l’adito Giudice annulli i provvedimenti impugnati e ordini “per l’effetto” la rideterminazione del canone stesso (cfr. p. 20 primo ricorso e p. 9 secondo ricorso per m.a.). Tale determinazione quindi potrà, ove ritenuta illegittima, essere a tal fine disapplicata sempre dal Tribunale regionale delle acque, cui appartiene anche per tale domanda la giurisdizione.
8. Per completezza, occorre ricordare che le conclusioni di cui sopra non sono smentite dai contrari argomenti illustrati dalla ricorrente alle pp. 1-6 della propria memoria di replica 11 novembre 2010, argomenti che il Collegio non ritiene di condividere. In proposito, è senz’altro vero che, in termini generali, appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti “l’esercizio… di poteri.. . prodromici alla quantificazione del canone e non tanto l’accertamento delle modalità applicative di quest’ultimo” (cfr. memoria cit. p. 2, dodicesimo rigo e ss.); si tratta però di una regola generale, che in materia di canoni relativi al demanio idrico cede alla regola particolare che si è illustrata. A riprova, i precedenti citati dalla ricorrente a proprio favore riguardano fattispecie concrete non pertinenti, ovvero una concessione mineraria per l’estrazione di idrocarburi, oggetto di Cass. civ. S.U. 23 ottobre 2006 n°22661, la concessione di uso di un magazzino per generi di monopolio, oggetto di Cass. S.U. 18 novembre 2008 n°27333, e la concessione di un alloggio dell’amministrazione ad un militare, di cui a TAR Lazio Roma sez. I bis 25 maggio 2007 n°4831.
9. Infine, è ugualmente vero che in astratto la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque, esclusa comunque nel caso di specie per le ragioni spiegate, sussiste ove “il provvedimento incida in via immediata e diretta nel regime delle acque pubbliche” (cfr. sempre memoria cit. p. 6 quarto e quinto rigo); la regola però va correttamente intesa, dato che l’incidenza immediata e diretta sussiste senza dubbio, alla luce sempre di quanto esposto, per i provvedimenti che, in termini semplici, fissano il prezzo da pagare per fruire del relativo demanio.
10. Va anzi detto in proposito che anche in questo caso i precedenti di Cassazione citati dalla ricorrente a proprio favore appaiono non esattamente pertinenti, poiché dagli stessi traspare un concetto di “incidenza immediata e diretta” assai ampio, secondo logica tale da superare senz’altro quello legato alla determinazione dei canoni. Così è per Cass. S.U. 12 maggio 2009 n°10846, 7 novembre 1997 n°10934 e 14 luglio 2000 n°493, le quali tutte riguardano fattispecie di opere idrauliche, e ritengono sufficiente ai fini della giurisdizione del giudice speciale che esse riguardino anche, se pure non esclusivamente, il regime delle acque pubbliche. Identico ordine di idee è sotteso a Cass. S.U. 26 luglio 2002 n°11099, che afferma la giurisdizione del Tribunale superiore in tema di determinazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione idrica, anche se gli stessi incidono “su interessi più generali e diversi rispetto a quelli specifici relativi alla demanialità delle acque o ai rapporti concessori di beni del demanio idrico”. La giurisdizione invece è esclusa in casi all’evidenza non pertinenti con quello per cui è causa, ove non c’è incidenza alcuna sul demanio come bene fisico, come la cessione di partecipazioni azionarie in una società idrica, oggetto di Cass. S.U. 27 aprile 2005 n°8696, ovvero la gara per l’assegnazione di nuove concessioni, oggetto di Cass. S.U. 24 aprile 2007 n°9844.
11. La particolarità della questione decisa costituisce giusto motivo per compensare le spese di lite fra le parti, mentre il contributo unificato, come per legge, rimane a carico della ricorrente, la cui domanda non è stata accolta.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sui ricorsi principale e per motivi aggiunti come in epigrafe proposti, dichiara il difetto di giurisdizione in favore dell’Autorità giudiziaria ordinaria, e per essa del Giudice specializzato Tribunale regionale delle acque pubbliche; assegna alla ricorrente termine di mesi tre dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza per riassumere la causa davanti al Giudice fornito di giurisdizione. Compensa per intero le spese di lite fra le parti e pone il contributo unificato a definitivo carico della ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall`autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2010 con l`intervento dei magistrati:
Stefano Tenca, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario, Estensore
Mara Bertagnolli, Primo Referendario
L`ESTENSORE |
|
IL PRESIDENTE |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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