Va quindi condiviso il dedotto difetto motivazionale che inficia l'impugnato provvedimento di autotutela, avuto particolare riguardo alla mancata emersione delle sottese ragioni di pubblico interesse.
Sul punto vale osservare che la giurisprudenza si è data carico di precisare, per quanto concerne le pubbliche selezioni per l'affidamento a privati di lavori o servizi, gli ambiti di legittima esercitabilità del potere di autotutela; conseguentemente va affermata, in generale , la sussistenza di uno jus poenitendi da parte dell'Amministrazione, inteso come facoltà di revocare o annullare la gara, ma solo laddove vi siano preminenti esigenze pubbliche che lo impongano, fatta salva (anche in considerazione della fase procedimentale più o meno avanzata, in cui le dette esigenze vengano rilevate) l'eventuale responsabilità pre-contrattuale ex art. 1337 c.c. (T.A.R. Toscana, sez. I, 30 maggio 1991 n. 313).
In altri termini occorre che sopravvengano circostanze che rivelino il mutamento dell'interesse pubblico alla prosecuzione del rapporto e di tale sopraggiunto mutamento l'Amministrazione deve nondimeno dare puntuale ed accurata motivazione nell'ambito del provvedimento di revoca (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 1990 n. 28; Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 1996 n. 1263 e sez. VI, 29 marzo 1996 n. 518, 30 aprile 1994 n. 652 e 16 novembre 1987 n. 890; nonché T.A.R. Campania, Napoli, 20 ottobre 1998 n. 3261).
Trattasi di direttrici ermeneutiche da ultimo recepite a livello legislativo attraverso la puntuale regolamentazione del potere di revoca provvedimentale ad opera dell'art. 21 quinquies L. 241/1990, introdotto dalla legge. n. 15/2005: tale norma, infatti, circoscrive con rigore i presupposti (prevedendo non solo le tradizionali ipotesi costituite dalla sopravvenienza di motivi di interesse pubblico ovvero di mutamenti della situazione di fatto, ma anche l'eventualità di una rinnovata diversa valutazione dell'interesse pubblico originario) e le condizioni per il legittimo esercizio di siffatto potere di autotutela, nonché i conseguenti effetti (rispettivamente, sul piano dell'attività amministrativa, la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti; sul piano della tutela patrimoniale dei privati, l'obbligo generale di indennizzo delle situazioni di pregiudizio arrecate ai soggetti direttamente interessati, in conseguenza della revoca).
Nel caso di specie, l’Amministrazione ha esercitato questa facoltà adducendo argomentazioni niente affatto persuasive, disattendendo la particolare cautela che legittima l'esercizio da parte della p.a. di siffatto ius poenitendi.
La censura dedotta è da ritenersi meritevole di accoglimento e, comportando la fondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti, determina l'assorbimento delle ulteriori censure non espressamente esaminate, ivi compresa la richiesta risarcitoria o indennitaria.
Il ricorso, quindi, va accolto con conseguente annullamento delle determinazioni di revoca dell’affidamento del servizio e declaratoria di inefficacia dell’atto di scioglimento del contratto.
A cura di Sonia Lazzini
Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 22688 del 4 novembre 2010 pronunciata dal Tar Campania, Napoli
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