La domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimenti non fatti oggetto di impugnativa giurisdizionale è, quindi, ammissibile, ma è infondata nel merito in quanto l’omessa impugnazione consente all’atto fonte del preteso danno di operare in modo precettivo, dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza ai consociati, e impedisce che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’amministrazione in esecuzione dell’atto medesimo._Per tali ragioni, deve essere respinta la domanda risarcitoria proposta in principalità dalla parte ricorrente.
N. 03711/2009 REG.SEN.
N. 00123/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
sul ricorso numero di registro generale 123 del 2009, proposto da:
Speranza 2006 società semplice, in persona dell’Amministratore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Domenico Baldassarre e Pietro Greco, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via della Consolata, 8;
Regione Piemonte, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Piovano, presso il quale è elettivamente domiciliata in Torino, piazza Castello, 165;
Società di Committenza Regione Piemonte – S.C.R. Piemonte S.p.a., in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Alessandro Sciolla e Sergio Viale, con domicilio eletto presso il loro studio in Torino, corso Montevecchio, 68;
dell'illecita occupazione appropriativa attuata dalla ARES sui terreni di proprietà della Società in San Raffaele Cimena e la relativa condanna della S.C.R. Piemonte S.p.a. al risarcimento dei relativi danni,
in subordine,
per l'accertamento e condanna al suddetto risarcimento previa declaratoria di illegittimità ed annullamento della dichiarazione di pubblica utilità, del progetto definitivo e del decreto di occupazione d'urgenza e degli altri eventuali atti presupposti o conseguenti e relativi all'intervento espropriativo dei terreni per la realizzazione del raccordo tangenziale esterno alla conurbazione torinese (tangenziale est tratto di collegamento tra la SS 11 e la SS 590).
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Piemonte;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di S.C.R. Piemonte S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19/11/2009 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori intervenuti, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
Il signor Gianni Fabbri, nella qualità di Amministratore della società semplice Speranza 2006, riferisce che la Società medesima è proprietaria di terreni nel Comune di San Raffaele Cimena, nei quali avrebbe svolto, sulla base di regolare autorizzazione della Regione Piemonte, l’attività di estrazione di ghiaia e inerti.
Detti terreni vennero occupati da ARES Piemonte (Agenzia regionale delle strade) al fine di realizzare i lavori per la costruzione della Tangenziale Est di Torino, effettuandovi scavi e asportazioni di terre e ghiaie che avrebbero determinato l’irreversibile trasformazione del territorio, senza che, a detta dell’esponente, gli atti dell’occupazione d’urgenza e del procedimento espropriativo fossero mai stati notificati alla Società.
La proprietà, che avrebbe avuto contezza dell’occupazione in modo casuale e del tutto tardivo, con atto del 16 febbraio 2008 diffidava ARES Piemonte a cessare gli interventi di cui sopra e a ripristinare lo stato dei luoghi; seguivano trattative stragiudiziali rimaste infruttuose (le modalità dell’intervenuta conoscenza dell’occupazione, come riferite nel ricorso introduttivo, paiono scarsamente credibili, anche perché in altra parte del ricorso la stessa ricorrente si riferisce a trattative stragiudiziali avviate già nel marzo del 2007).
Con ricorso giurisdizionale notificato il 19 gennaio 2009, la società Speranza 2006 chiede che, in relazione alle circostanze su accennate, S.C.R. Piemonte S.p.a. (subentrata in tutti i rapporti giuridici già facenti capo ad ARES Piemonte) sia condannata al risarcimento dei danni cagionati dall’occupazione dei terreni di proprietà, quantificati nell’importo di € 275.000.
L’illegittimità dell’occupazione deriverebbe, secondo la parte ricorrente, dal fatto che l’immissione in possesso non era stata preceduta da alcuna comunicazione alla proprietà, con violazione delle garanzie partecipative apprestate dalla legge in materia di provvedimenti ablatori.
In via subordinata, per l’ipotesi in cui il Tribunale ritenesse indispensabile la previa impugnazione degli atti del procedimento espropriativo per la configurazione dell’illecito, la ricorrente impugna gli atti medesimi (dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e decreto di occupazione d’urgenza), deducendo l’omessa comunicazione di avvio dei relativi procedimenti nonché vizi propri del secondo atto (omessa notifica, violazione del termine di tre mesi per l’esecuzione, inesistenza del requisito dell’urgenza) e, sulla base di tali censure, ripropone la domanda di risarcimento dei danni.
Si è costituita in giudizio la Società di committenza Regione Piemonte – S.C.R. Piemonte S.p.a., contrastando l’ammissibilità e la fondatezza del gravame.
Si è costituita in giudizio anche la Regione Piemonte, svolgendo eccezioni sia di rito sia nel merito.
In prossimità della pubblica udienza, la ricorrente ha depositato una memoria con cui articola ulteriormente le proprie tesi.
Chiamato all’udienza del 19 novembre 2009, il ricorso è stato ritenuto in decisione.
1) Il legale rappresentante della società semplice Speranza 2006 agisce in giudizio per conseguire il risarcimento dei danni cagionati dall’occupazione, asseritamente illegittima, dei terreni di proprietà ubicati nel Comune di San Raffaele Cimena, nell’ambito del procedimento espropriativo funzionale ai lavori di realizzazione della Tangenziale Est di Torino.
Afferma l’esponente che detti interventi, determinando un’irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi, avrebbero anche compromesso l’attività estrattiva che la proprietà realizzava regolarmente in loco.
Per conseguire il risultato utile cui aspira, rappresentato al risarcimento dei danni cagionati dall’occupazione, il ricorrente svolge una duplice azione, con domande che si pongono in rapporto di subordinazione fra loro.
La prima azione è direttamente finalizzata a conseguire il risarcimento dei danni, senza impugnativa di atti amministrativi, e si fonda sull’asserita illegittimità della procedura espropriativa nel corso della quale sarebbero state omesse tutte le garanzie partecipative apprestate dalla legge a favore del privato.
La seconda azione mira al medesimo risultato, ma contiene l’impugnazione di alcuni atti della sequenza procedimentale (dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e decreto di occupazione d’urgenza).
2) Come riferito sub 1), la domanda proposta in principalità dalla parte ricorrente è tesa all’accertamento del carattere illecito dell’occupazione dei terreni di sua proprietà, siccome non preceduta da alcuna comunicazione atta a consentire l’instaurazione del contraddittorio procedimentale, e alla conseguente condanna al risarcimento dei danni, ma non contiene l’impugnazione degli atti prodromici all’occupazione.
La domanda implica, quindi, la ben nota problematica della “pregiudiziale amministrativa” in ordine alla quale, a tutt’oggi, l’elaborazione giurisprudenziale non è pervenuta ad approdi definitivi.
Allo stato, pertanto, il Collegio non può che ribadire la sussistenza della pregiudiziale (quindi, la necessità di esperire la previa impugnazione degli atti amministrativi ritenuti illegittimi), come affermato dalle più recenti pronunce del giudice amministrativo d’appello (Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 578) e della Sezione (T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 aprile 2009, n. 1180).
In questa sede, è appena il caso di rammentare che il principio della pregiudiziale, fondato sull’impossibilità di accertare in via incidentale l’illegittimità dell’atto quale elemento costitutivo della responsabilità aquiliana della pubblica amministrazione, costituisce fondamentale presidio a tutela della certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico, in connessione con il termine decadenziale prescritto per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi.
Le accennate esigenze di certezza, infatti, risulterebbero inevitabilmente compromesse laddove fosse consentito al privato, rimasto inerte di fronte ad un provvedimento a lui sfavorevole (nel senso di non averlo impugnato o di averlo impugnato tardivamente), di agire per il risarcimento del danno nel più ampio termine prescrizionale di cinque anni.
Né si può ritenere che l’applicazione del principio controverso comporti alcuna restrizione della tutela giurisdizionale: in primo luogo, perché il risarcimento del danno costituisce uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello demolitorio, per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione (cfr. Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204); inoltre, perché l’ordinamento conosce molteplici casi di contestazione di atti amministrativi davanti al giudice ordinario in cui, privilegiando l’esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, vengono previsti termini decadenziali la cui scadenza preclude l’esercizio dell’azione risarcitoria (così, ad esempio, in materia di sanzioni amministrative irrogate mediante ordinanze-ingiunzioni, di recesso del datore di lavoro ovvero, ancora, di delibere condominiali e societarie non impugnate), senza che sia stata posta in discussione la costituzionalità di dette preclusioni.
Va ancora precisato che l’affermazione del principio della pregiudiziale non comporta una preclusione di ordine processuale all’esame della domanda risarcitoria, ma ne determina l’esito negativo nel merito (Cons. Stato, sez. VI, n. 578 cit. e 19 giugno 2008, n. 3059).
La domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimenti non fatti oggetto di impugnativa giurisdizionale è, quindi, ammissibile, ma è infondata nel merito in quanto l’omessa impugnazione consente all’atto fonte del preteso danno di operare in modo precettivo, dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza ai consociati, e impedisce che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’amministrazione in esecuzione dell’atto medesimo.
Per tali ragioni, deve essere respinta la domanda risarcitoria proposta in principalità dalla parte ricorrente.
3) La particolarità della presente vicenda processuale è data dal fatto che la parte ricorrente ripropone la domanda di risarcimento dei danni, previa impugnativa degli atti prodromici all’esproprio.
Vanno quindi esaminate le censure che, con riferimento alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e all’approvazione del progetto definitivo, denunciano l’omessa comunicazione di avvio dei procedimenti tesi all’approvazione del vincolo espropriativo.
Il rilievo è infondato in fatto in quanto, come si evince dalla documentazione versata in atti dalla difesa di S.C.R., la comunicazione di avvio dei due procedimenti è stata regolarmente data in epoca antecedente l’acquisto della proprietà dei fondi da parte dell’attuale ricorrente (avvenuta il 20 febbraio 2006).
Più precisamente, l’avviso di avvio del procedimento di apposizione del vincolo espropriativo è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 29 del 22 luglio 2004, su tre giornali quotidiani (di cui due a diffusione locale e uno nazionale) e agli albi pretori dei comuni interessati.
Identiche modalità sono state adottate per la comunicazione di avvio del procedimento volto all’approvazione del progetto definitivo e alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (la pubblicazione, in questo caso, è avvenuta sul Bollettino Ufficiale n. 17 del 28 aprile 2005).
Per due volte, pertanto, l’amministrazione procedente ha consentito agli interessati di partecipare al procedimento espropriativo e la comunicazione impersonale attuata a tal fine rispetta le previsioni dell’articolo 11, comma 2, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, trattandosi di vicenda espropriativa con più di cinquanta destinatari.
4) Un secondo ordine di censure è riferito al decreto di occupazione d’urgenza che sarebbe illegittimo, in primo luogo, in quanto non notificato al destinatario nelle forme previste dall’articolo 22 bis del d.P.R. n. 327/2001.
La censura non ha pregio, poiché, in disparte le precisazioni fornite dalla difesa di S.C.R. circa i tentativi diligentemente, ma inutilmente, esperiti per reperire la sede della società Speranza 2006, è pacifico che la mancanza della notifica potrebbe incidere, eventualmente, sulla decorrenza del termine per l'impugnazione del decreto di occupazione d'urgenza, ma non sulla sua legittimità, atteso che la notifica è una forma qualificata di comunicazione del provvedimento, ma non ne rappresenta elemento costitutivo (cfr. Cons Stato, sez. IV, 25 agosto 2003, n. 4813, in fattispecie di irritualità della notifica, e T.A.R. Piemonte, sez. I, ord. caut. 5 dicembre 2008, n. 1003).
5) Lo stesso decreto di occupazione d’urgenza sarebbe illegittimo, in secondo luogo, perché non portato ad esecuzione nel termine perentorio dei tre mesi successivi alla sua emanazione, previsto dall’articolo 22 bis, comma 4, del d.P.R. n. 327/2001.
Anche questo rilievo è infondato in fatto, atteso che, come si evince dalla documentazione versata in atti da S.C.R. (avviso del 17 maggio 2007), la data di immissione in possesso era stata fissata per il 25 giugno 2007, quindi ampiamente entro i tre mesi dal decreto di occupazione d’urgenza che era stato emanato il 15 maggio 2007.
Va solamente soggiunto che la parte ricorrente non contesta la data di immissione in possesso né offre elementi a confutazione di quanto affermato da controparte.
6) La deducente lamenta ancora l’insussistenza delle condizioni di urgenza qualificata (“particolare urgenza”) che, ai sensi dell’articolo 22 bis del d.P.R. n. 327/2001, costituiscono presupposto per l’adozione del decreto di occupazione di urgenza.
Anche ammettendo che la sussistenza di tali condizioni non risultasse in re ipsa dalla natura dell’intervento, si rileva che il provvedimento è congruamente motivato con riferimento all’esigenza di migliorare quanto prima le condizioni di sicurezza della rete stradale, decongestionando il traffico ormai al collasso nelle ore di punta, valutazione che esprime la discrezionalità dell’amministrazione ed è scevra da profili di manifesta irrazionalità.
In ogni caso, va rammentato che, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, il decreto di occupazione di urgenza costituisce un momento puramente attuativo della dichiarazione di pubblica utilità dei lavori e, pertanto, è privo di discrezionalità e non abbisogna di alcuna specifica motivazione, essendo sufficiente il richiamo alla predetta dichiarazione di pubblica utilità che ne costituisce l’unico presupposto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 agosto 2003, n. 4813).
7) L’ultima censura di legittimità dedotta dalla parte ricorrente riguarda l’omessa notifica dell’avviso di immissione in possesso e di redazione dello stato di consistenza, adempimenti che, in conseguenza, sarebbero stati realizzati senza contraddittorio con l’interessata.
Non può condividersi, a tale riguardo, l’eccezione di inammissibilità proposta dall’amministrazione resistente in quanto, se è vero che nell’epigrafe e nelle conclusioni del ricorso giurisdizionale non è espressa la volontà di impugnare l’avviso o il verbale di immissione in possesso, non può negarsi che nel contesto del ricorso medesimo siano formulati rilievi critici tesi a censurare l’omessa notifica o, meglio, a denunciare la compromissione delle prerogative partecipative del destinatario dell’esproprio cagionata da tale omissione.
Nel merito, comunque, la reiezione della censura è imposta da tre ordini di considerazioni.
A) Va rilevato, in primo luogo, come la difesa dell’espropriante abbia documentato i tentativi posti in essere per notificare l’avviso di immissione in possesso alla proprietaria dei terreni, non andati a buon fine in quanto la sede legale della società Speranza 2006 non risultava né dalle visure catastali né dalle banche dati della Camera di Commercio.
Neppure attraverso il codice fiscale risultante dalla visura catastale è stato possibile risalire all’indirizzo della Società, non essendo la medesima iscritta nel registro delle imprese.
Alla luce di tali precisazioni, deve escludersi qualsiasi giudizio di rimproverabilità nei confronti dell’espropriante che ha comprovato la sostanziale impossibilità, attraverso gli ordinari strumenti, di reperire la sede legale della Società proprietaria.
B) Nonostante l’omessa comunicazione dell’avviso di immissione in possesso, la società Speranza 2006 era perfettamente al corrente dello stato di avanzamento del procedimento di occupazione.
L’assunto è comprovato dai verbali delle riunioni del 23 aprile e 5 maggio 2008 e, soprattutto, dal verbale del sopralluogo effettuato il 19 marzo presso il cantiere dei lavori dove, alla presenza del procuratore della Società e del perito incaricato dalla medesima, era constatata l’asportazione di materiale inerte.
In disparte le formalità dell’avviso di immissione in possesso, pertanto, la proprietaria era stata ampiamente coinvolta nelle vicende procedimentali inerenti l’occupazione dei suoi terreni e, in tale sede, aveva avuto modo di esprimere ogni rilievo di suo interesse.
C) In ogni caso, l’esponente non dimostra l’utilità della sua partecipazione procedimentale.
Essa afferma, infatti, che, ove debitamente coinvolta nel procedimento, avrebbe potuto rappresentare l’esistenza della cava di inerti in corso di coltivazione e suggerire una modifica delle progettazioni ovvero l’adozione di altri accorgimenti tecnici atti a preservare l’attività estrattiva in atto.
Ma tali affermazioni, che presuppongono l’esistenza della cava, difettano di verosimiglianza e possono essere contraddette senza necessità di attivare gli strumenti istruttori suggeriti dalla parte ricorrente.
Va considerato, infatti, che la ricorrente medesima non è iscritta nel registro delle imprese (la circostanza è incontestata) e, in conseguenza, non ha titolo per svolgere l’attività in questione.
Se tale considerazione non fosse sufficiente, va ancora rilevato che l’esponente non ha prodotto il titolo autorizzativo in forza del quale avrebbe esercitato la pretesa attività di cava, essendoli limitata a versare in atti una concessione regionale rilasciata nel 1988 ad altro soggetto (Calcestruzzi S.p.a.), non volturata e che, comunque, ha da tempo esaurito la sua efficacia decennale.
Infine, deve farsi riferimento alla pluralità di vincoli ambientali e urbanistici, apposti successivamente alla concessione di cui sopra, tali da escludere oggettivamente la possibilità di destinare la proprietà della ricorrente ad attività produttiva di cava.
Tali considerazioni, fondate sulla documentazione prodotta in atti dalle parti resistenti, consentono di escludere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che al momento dell’occupazione fosse in atto alcuna legittima attività estrattiva sui terreni della ricorrente.
8) L’accertata infondatezza delle censure di legittimità dedotte dalla parte ricorrente comporta la reiezione della domanda di annullamento degli atti amministrativi impugnati.
La pretesa alla liquidazione del danno provocato dall’occupazione d’urgenza, invece, deve essere dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione, in quanto rientrante nella competenza giurisdizionale attribuita al giudice ordinario dall’articolo 53, comma 3, del d.P.R. n. 327/2001 in materia di indennizzo da attività lecita, e dovrà essere riproposta a quest’ultimo giudice nel termine e con le modalità previste dall’articolo 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
9) Il Collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara in parte inammissibile e in parte lo respinge, come da motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 19/11/2009 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Primo Referendario
Richard Goso, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 21/12/2009 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
Utilità