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sussiste la condotta illecita

Pubblicato il 30/01/2010
Pubblicato in: Sentenze
L’esistenza nel caso di specie dell’illecito ex art. 2043 c.c. appare invero indubitabile: sussiste la condotta illecita (l’illegittimo spossessamento del bene a decorrere dal 12/12/2002), la colpa del Comune intimato con riferimento alla mancata adozione del decreto di esproprio e il danno, che consiste nella perdita della proprietà del bene.

Per quanto attiene alle modalità del risarcimento (in forma specifica, mediante restituzione del bene, ovvero per equivalente), osserva il Collegio che il Comune di Carini ha formulato, ai sensi dell’art. 43, c. 3, d.p.r. n. 327/2001, la domanda che il danno venga risarcito per equivalente, con esclusione della restituzione del bene (tenuto conto dell’intervenuta irreversibile trasformazione dei fondi).

L’art.43, c.3, d.p.r. n.327/01 consente, invero, al g.a. che abbia ritenuto fondato il ricorso volto ad ottenere l’annullamento di un provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, ovvero volto alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, di disporre la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione, senza limiti di tempo, ove ciò sia chiesto dall’amministrazione che ne ha interesse o da chi utilizza il bene.

Con ricorso notificato in data 22/11/2007 e depositato in data 5/12/2007, i ricorrenti espongono di essere proprietari di aree catastate al F. 26 – particella 2488 e 551 del catasto terreni di Carini ricadenti nel Piano di Edilizia Economica e Popolare di C.da Saitta-Ballerini e destinate alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria.
Espongono che con determina n. 416 del 24/10/1997 è stata ordinata l’occupazione temporanea per motivi di urgenza, occupazione realizzata in data 12/12/1997.
Affermano che l’occupazione legittima, in assenza dell’indicazione della data nella determina n. 417/97, non poteva protrarsi oltre cinque anni dall’immissione in possesso e quindi non oltre il 12/12/2002.
Rilevano che sulle predette aree sono state realizzate nel termine di occupazione legittima le opere previste, ma lamentano che non è mai stata pronunciata l’espropriazione definitiva ed autorizzata l’occupazione permanente delle aree di loro proprietà.
Hanno quindi proposto il ricorso chiedendo la condanna del Comune di Carini alla restituzione del bene, previa rimessione in pristino, oltre al risarcimento del danno subito per il periodo di occupazione illegittima, ovvero, in via subordinata, e nell’ipotesi in cui ciò sia richiesto dalla parte resistente ai sensi dell’art. 43, c. 3, d.p.r. n. 327/01, l’esclusione della restituzione delle aree, oltre alla condanna al risarcimento del danno per equivalente, corrispondente al valore venale del bene pari a € 90,00 per mq (oltre agli interessi moratori), come da consulenza tecnica d’ufficio resa nel giudizio pendente avanti alla Corte d’appello di Palermo per il risarcimento danni da occupazione legittima per aree confinanti a quelle di cui trattasi.
Si è costituito in giudizio il Comune di Carini eccependo, in modo del tutto generico, l’inammissibilità del ricorso ed in subordine chiedendo al g.a. di escludere la restituzione del bene con gli effetti di cui all’art. 43 d.p.r. n. 327/01, affermando che al risarcimento del danno è tenuta l’impresa CO.GE., aggiudicataria dei lavori di realizzazione delle opere di urbanizzazione e incaricata delle procedure di esproprio, alla quale è asseritamente imputabile la mancata adozione del decreto di esproprio nei termini.
Con memoria difensiva depositata in data 12/11/2009 i ricorrenti hanno insistito in particolare nella domanda di risarcimento del danno per equivalente, tenuto conto della difficoltà della restituzione delle aree di cui trattasi irreversibilmente trasformate per scopi di pubblica utilità.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

Invero, appare incontestato tra le parti (v. pag. 2 della memoria del Comune) e provato documentalmente in atti, che l’occupazione delle aree di cui trattasi non si sarebbe dovuta protrarre oltre la data del 12/12/2002, data entro la quale l’occupazione temporanea si sarebbe dovuta trasformare in permanente, mediante l’adozione del decreto di esproprio (v. determina n. 416 del 24/10/1997 e successivo verbale di immissione in possesso).
Segue da ciò che la condotta serbata dall’Amministrazione intimata, la quale ha omesso di adottate tempestivamente il decreto di esproprio, è illegittima.
Quanto alla domanda di risarcimento del danno, osserva innanzitutto il Collegio che anche tale domanda è fondata
Ritiene pertanto il Collegio di dover accedere alla domanda formulata dal Comune resistente rispetto alla quale si è da ultimo allineata anche la difesa dei ricorrenti (v. memoria del 12/11/2009), disponendo che il risarcimento avvenga per equivalente, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono, va pertanto disposto che il Comune di Carini si attivi, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 35 d.lgs. n. 80/98, per risarcire il danno ai ricorrenti offrendo loro, entro novanta (90) giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione, se anteriore della presente sentenza, una somma di denaro che, ai sensi del c. 6 dell’art. 43 d.p.r. n. 327/01, non potrà essere inferiore al valore di mercato del bene occupato (art. 37 e ss. del T.U. espropriazioni, come modificati in seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 349 del 2007), maggiorato di interessi moratori dal primo giorno in cui il terreno è stato occupato senza titolo (13/12/2002), sino a quello dell’effettivo soddisfo.
Quanto alla pretesa responsabilità nei confronti del Comune di Carini dell’impresa CO.GE. (peraltro estranea al presente giudizio), ritiene il Collegio che essa esuli dalla controversia di cui trattasi, fermo restando che eventuali domande dell’Amministrazione comunale nei confronti del soggetto delegato per le procedure di esproprio potranno farsi valere autonomamente.
Qualora le parti si accordino, il Comune di Carini, in quanto autorità che ha disposto l’occupazione dell’area, dovrà emanare l’atto di acquisizione dando atto dell’avvenuto risarcimento del danno e provvedendo alla trascrizione del decreto di acquisizione nei registri immobiliari (v. art. 43, c. 4, d.p.r. n. 327/01).
Nell’ipotesi, invece, che non intervenga alcun accordo tra le parti, decorso il termine sopra indicato, i ricorrenti potranno chiedere a questo Tribunale l’esecuzione della presente sentenza, per l’adozione delle misure consequenziali, ivi compresa la nomina di un Commissario ad acta.

Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 553 del 19 gennaio 2010, emessa dal Tar Sicilia, Palermo
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