RISARCIMENTO DEL DANNO DA LESIONE DI INTERESSE LEGITTIMO:SPETTA ALLE PARTI L'ONERE DI FORNIRE GLI ELEMENTI DI PROVA CHE SIANO NELLA LORO DISPONIBILITÀ RIGUARDANTI I FATTI POSTI A FONDAMENTO DELLE DOMANDE E DELLE ECCEZIONI.
In sede di cognizione della domanda risarcitoria, sia in forma specifica che per equivalente, il giudice amministrativo ha pieno accesso al fatto
come hanno confermato le novelle legislative dell’ultimo decennio, dalla legge n° 205/2000, alle leggi n° 15/2005, n° 80/2005, n° 69/2009, fino al codice del processo amministrativo, attraverso il progressivo ampliamento del panorama dei mezzi istruttori esperibili nel giudizio risarcitorio ed il corrispondente ampliamento dell’oggetto del sindacato e della tipologia delle pronunce giurisdizionali previste, in consonanza con i principi di pienezza ed effettività della tutela apprestata dal giudice amministrativo, sanciti dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n° 292/2000, n° 204/2004 e n° 191/2006.
La cognizione degli atti di causa appalesa l’infondatezza dell’odierna pretesa risarcitoria, per mancanza di prova del diritto, vantato dalla società ricorrente, di conseguire l’aggiudicazione e il contratto, non essendo, per altro verso, stata domandata la mera reintegrazione della chance.
E’ noto come la giurisprudenza amministrativa prevalente, sulle orme delle Sezioni Unite della Cassazione n° 500/99, ritenga necessario formulare un giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita cui il ricorrente aspira, onde poter addivenire ad una condanna reintegratoria.
In materia di appalti pubblici, tale giudizio implica una rinnovazione virtuale della procedura di gara finalizzata a verificare se, in mancanza dei profili di ritenuta illegittimità, il ricorrente sarebbe risultato aggiudicatario.
Un simile accertamento e la relativa condanna risarcitoria incontrano il duplice limite, da un lato, dell’insindacabilità delle valutazioni di merito e discrezionali compiute dall’amministrazione e, dall’altro lato, quanto alla reintegrazione in forma specifica, della possibilità e non eccessiva onerosità per l’interesse pubblico della nuova aggiudicazione da disporre in caso di esito positivo della prognosi.
Nel caso di specie, non è in alcun modo dimostrato o dimostrabile dagli atti della procedura, né dagli atti dell’odierno giudizio, che l’impresa ricorrente avrebbe potuto conseguire l’aggiudicazione, circostanza, peraltro, neanche dedotta in impugnativa.
Tuttalcontrario, la piena legittimità dell’esclusione dalla gara preclude una prognosi favorevole circa la spettanza alla ricorrente medesima dell’aggiudicazione.
L’infondatezza della pretesa risarcitoria, come fin qui emersa, induce alla reiezione della domanda di risarcimento, sia in forma specifica che per equivalente, per mancanza dell’ingiustizia del danno.
Per completezza, va rilevato, comunque, che tale domanda risarcitoria è solo genericamente enunciata e del tutto sfornita di supporto probatorio sulla stessa sussistenza del pregiudizio, prima ancora che sul quantum e, come tale, non assolve all’onere probatorio che incombe alla parte ricorrente in ragione della disponibilità della prova dei danni, normalmente rientrante nella sua sfera di dominio, secondo i principi pacificamente affermati in sede giurisprudenziale e oggi recepiti nella disposizione dell’art. 64 del codice del processo amministrativo, d.lgs. 2 luglio 2010 n° 104 (conforme, da ultimo, Cons. Stato, 21 settembre 2010 n° 7004).
In conclusione, le considerazioni suesposte impongono il rigetto del ricorso, sia quanto alla domanda di annullamento degli atti impugnati, sia quanto alla domanda di risarcimento.
A cura di Sonia Lazzini
Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 12597 del 18 ottobre 2010 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo
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