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normativa nazionale disapplicata per contrasto con quella prevalente di fonte comunitaria

Pubblicato il 24/02/2010
Pubblicato in: Sentenze

Deve rilevarsi come la normativa nazionale cui il ricorrente fa riferimento -deducendo la necessità per il Comune, ex art. 130, comma 2, d.lgs. 163/06, di affidargli direttamente l’incarico di Direzione dei Lavori, assistenza giornaliera e contabilità, coordinamento della sicurezza della fase esecutiva, per il suo pregresso ruolo di progettista- debba essere disapplicata per contrasto con quella prevalente di fonte comunitaria (direttive in materia vigenti e trattato CE).

Per quanto riguarda gli appalti per i quali il valore dei servizi interessati è inferiore alla soglia di applicazione delle direttive 92/50 e 93/38, l’assenza, nelle disposizioni nazionali applicabili, di menzione esplicita relativa all’applicazione degli obblighi derivanti dal Trattato, non può significare che non è imposto il rispetto del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza nell’attribuzione di tali appalti purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla giurisprudenza

l’annullamento del bando di gara ha efficacia caducante di tutti gli atti successivi del procedimento e dell’aggiudicazione definitiva

Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE
(G.U. n. 100 del 2 maggio 2006)
(...)

Art. 130. Direzione dei lavori
(art. 27, legge n. 109/1994)
1. Per l'esecuzione di lavori pubblici oggetto del presente codice affidati in appalto, le amministrazioni aggiudicatrici sono obbligate ad istituire un ufficio di direzione dei lavori costituito da un direttore dei lavori ed eventualmente da assistenti.
2. Qualora le amministrazioni aggiudicatrici non possano espletare, nei casi di cui all'articolo 90, comma 6, l'attività di direzione dei lavori, essa è affidata nell'ordine ai seguenti soggetti:
a) altre amministrazioni pubbliche, previa apposita intesa o convenzione di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
b) il progettista incaricato ai sensi dell'articolo 90, comma 6;
c) altri soggetti scelti con le procedure previste dal presente codice per l'affidamento degli incarichi di progettazione.


Ricorso per l’annullamento
- del provvedimento di “avviso pubblico per l’affidamento di incarichi professionali per l’attuazione di alcune opere pubbliche previste nel piano annuale 2008/2009” del 22.4.2009 emesso dal Responsabile del Settore 3° - Affari Tecnici del Comune di Martano -limitatamente all’affidamento dell’incarico di “Direzione dei Lavori, assistenza giornaliera e contabilità, coordinamento della sicurezza della fase esecutiva, certificato di regolare esecuzione per Adeguamento del recapito finale della fognatura pluviale nel Comparto C”;
Nel ricorso si espone che:
1.1 l’ing. Dongiovanni, il quale in forza di determinazione del 26.5.04, n. 114, del Responsabile del Settore Affari Tecnici del Comune di Martano, riceveva l’incarico di redigere la progettazione esecutiva per l’adeguamento del recapito finale della fognatura pluviale nel Comparto C, impugna oggi l’avviso pubblico del 22.4.09 nella parte in cui il predetto Comune indiceva, ai sensi degli artt. 91, comma 2, e 57, comma 6, d.lgs. 163/06, una selezione per l’affidamento della direzione dei relativi lavori -e delle attività collegate- ad un professionista esterno all’Amministrazione.
1.2 Egli, in specie, formula le seguenti censure:
A) Violazione dell’art. 130, comma 2, lett. b), d.lgs. 163/06 ed eccesso di potere per difetto di motivazione.
B) Eccesso di potere.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

Tanto premesso in fatto, osserva il Collegio che il ricorso è infondato e va respinto nei sensi e per i motivi che di seguito si esporranno.
3.- Esaminando, anzitutto, le eccezioni in rito formulate dalla difesa del Comune, il Collegio pone in rilievo che:
- “discutendosi” della legittimità di una procedura amministrativa di selezione di un contraente la giurisdizione appartiene all’evidenza a questo g.a., vertendosi in un campo tipicamente relativo a posizioni di interesse legittimo (non potendo ritenersi che l’art. 130, comma 2, citato, il quale comunque riserva alla p.a. significativi margini di discrezionalità, conferisca alla parte privata posizioni di diritto soggettivo);
- il ricorso veniva regolarmente notificato al controinteressato ing. Controinteressato, prima che la procedura di affidamento in suo favore si completasse.
- il ricorrente non aveva l’onere di impugnare gli atti di aggiudicazione, avendo la giurisprudenza amministrativa evidenziato <<che il principio sostenuto dall’amministrazione trova applicazione nei rapporti tra aggiudicazione provvisoria e definitiva (nel senso che chi abbia impugnato l’aggiudicazione provvisoria ha effettivamente l’onere di impugnare anche quella definitiva a pena di improcedibilità della prima impugnazione) ma non anche nei rapporti tra (impugnazione del) bando di gara e aggiudicazione, dato che i due atti si pongono in rapporto di vera e propria “presupposizione” cosicché l’annullamento del bando di gara ha efficacia caducante di tutti gli atti successivi del procedimento e dell’aggiudicazione definitiva (Consiglio di Stato, V, 8 agosto 2005, n. 4207)>> (fra le ultime, T.a.r. Lazio Latina, I, 25 giugno 2009, n. 624; T.a.r. Campania Salerno, I, 27 settembre 2007, n. 1991).
Esaminando, dunque, il merito del ricorso, deve rilevarsi come la normativa nazionale cui il ricorrente fa riferimento -deducendo la necessità per il Comune, ex art. 130, comma 2, d.lgs. 163/06, di affidargli direttamente l’incarico in parola per il suo pregresso ruolo di progettista- debba essere disapplicata per contrasto con quella prevalente di fonte comunitaria (direttive in materia vigenti e trattato CE).
In questo senso anche la Corte giustizia CE (pur se relativamente alla legge 109/94, la quale però aveva sul punto un contenuto analogo alla normativa attualmente in vigore), per la quale “occorre sottolineare, in via preliminare, che, conformemente alla giurisprudenza ricordata […], nell’ambito della valutazione delle censure formulate dalla Commissione deve essere presa in considerazione solo la normativa nazionale vigente al 15 dicembre 2003.
In primo luogo, occorre rilevare che le uniche deroghe consentite all’applicazione delle direttive 92/50 e 93/38 sono quelle in essa tassativamente ed espressamente menzionate (v., per analogia, sentenze 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal, Racc. pag. I-I-I-8121, punto 43, nonché 11 maggio 2006, causa C-340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei, Racc. pag. I-4137, punto 45).
Orbene […] le attività di direzione e di vigilanza dei lavori rientrano nella categoria 12 sia dell'allegato I A della direttiva 92/50 che dell'allegato XVI A della direttiva 93/38.
A tal riguardo, risulta, da un lato, dall’art. 8 della direttiva 92/50 che gli appalti che hanno per oggetto i servizi che figurano nell’allegato I A vengono aggiudicati conformemente, in particolare, alle disposizioni del titolo III di tale direttiva che è dedicato alla scelta delle procedure di aggiudicazione e, dall’altro, dall’art. 15 della direttiva 93/38 che gli appalti di forniture e di lavori nonché gli appalti che hanno per oggetto servizi che figurano nell’allegato XVI A vengono aggiudicati conformemente, in particolare, alle disposizioni del titolo IV di quest’ultima direttiva relativo alle procedure di aggiudicazione.
Di conseguenza, in quanto l’affidamento dell’attività di direzione dei lavori deve essere effettuato conformemente alle regole enunciate dalle direttive 92/50 e 93/38, l’attribuzione diretta al progettista quale risulta dall’art. 27, comma 2, della legge n. 109/1994, viola queste direttive per quanto riguarda gli appalti che rientrano, in considerazione del loro valore, nel campo di applicazione delle stesse.
Analogamente, in quanto l’affidamento delle attività di verifica dei lavori deve essere effettuata conformemente alle regole enunciate dalle direttive 92/50 e 93/38, l’affidamento a soggetti esterni alle condizioni enunciate dagli artt. 28, comma 4, della legge n. 109/1994, e 188 del D.P.R. n. 554/1999, viola le dette direttive per quanto riguarda gli appalti che rientrano nel loro campo di applicazione.
In secondo luogo, per quanto riguarda gli appalti per i quali il valore dei servizi interessati è inferiore alla soglia di applicazione delle direttive 92/50 e 93/38, l’assenza, nelle disposizioni nazionali applicabili, di menzione esplicita relativa all’applicazione degli obblighi derivanti dal Trattato, non può significare, come è stato detto ai punti 68 e 82 della presente sentenza, che non è imposto il rispetto del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza nell’attribuzione di tali appalti purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla giurisprudenza ricordata al punto 66 della presente sentenza.
Di conseguenza, la quarta e quinta censura devono essere respinte in quanto si riferiscono alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE, ma sono fondate per il resto” (Corte giustizia CE, sez. II, 21 febbraio 2008.
5.- Né in senso contrario depone l’abrogazione delle direttive richiamate dalla Corte di Giustizia, posto da un lato che la stessa faceva comunque riferimento al Trattato CE e, dall’altro, che anche le direttive n. 17 e n. 18 del 31.3.04 confermavano la necessità di rispettare i principi comunitari di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza cui la sentenza faceva riferimento (cfr., rispettivamente, gli artt. 10 e 2 delle direttive in parola).
In definitiva la disposizione di cui all’art. 130, comma 2, d.lgs. 163/06, dev’essere nel caso esaminato disapplicata in quanto in contrasto con il diritto comunitario [vieppiù ricordato che “la disapplicazione è doverosa non solo quando il diritto interno contrasti con una norma comunitaria di dettaglio ma anche qualora vi sia incompatibilità con i principi del Trattato (v. C. Giust. 9 settembre 2003 C-198/01, Cif, punti 49-50). Questo vale a maggior ragione quando, come nel caso in esame, i suddetti principi siano stati interpretati in via pregiudiziale dalla Corte”. Cfr. T.a.r. Lombardia Brescia, II, 4 agosto 2009, n. 1528].

Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 576 del 20 febbraio 2010 emessa dal Tar Puglia, Lecce

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