non emerge l’urgenza qualificata che avrebbe giustificato il ricorso alla trattativa privata.
non emerge l’urgenza qualificata che avrebbe giustificato il ricorso alla trattativa privata.
La scelta di una diversa collocazione dei distributori automatici, ampiamente motivata dall’amministrazione, non risulta accompagnata da una adeguata enunciazione delle ragioni che impedivano di avviare una procedura concorsuale per individuare il nuovo gestore
Anche nella materia del rinnovo o della proroga dei contratti pubblici di appalto non vi è alcuno spazio, quindi, per l'autonomia contrattuale delle parti, in relazione alla normativa inderogabile stabilita dal legislatore, per ragioni di interesse pubblico. Al contrario, vige il principio in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l'amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara (così Cons. di St., V, 8.7.2008, n. 3391).
Gli appellanti sottolineano che il rapporto in questione_ gestione, in esclusiva, del servizio di distribuzione automatica di alimenti e bevande ed altri generi di conforto_, a loro parere, non è affatto ascrivibile alla concessione di servizi, ma si risolve nella locazione di un’area pubblica, o, comunque, in un rapporto giuridico incentrato sulla messa a disposizione di aree pubbliche, verso il pagamento di un corrispettivo. Si tratterebbe, in altri termini, della mera attività commerciale dell’impresa, diretta all’offerta al pubblico di alimenti e bevande. A sostegno del loro assunto citano la sentenza del TAR per la Lombardia, 15 febbraio 2007, n. 266, riferita ad analoga vicenda sostanziale.
Qual è il parere dell’adito giudice di appello del Consiglio di Stato?
La tesi non è persuasiva, benché metta in luce alcuni aspetti problematici della esatta delimitazione delle nozioni di appalto di servizi pubblici e di concessione di servizi pubblici.
Va osservato, preliminarmente, che, anche seguendo le premesse argomentative degli appellanti, resterebbe comunque ferma l’illegittimità della procedura seguita dalla amministrazione. Infatti, la necessità di un adeguato confronto concorrenziale andrebbe in ogni caso fondata sui principi nazionali (e per alcuni aspetti anche comunitari) riguardanti la trasparenza delle procedure con cui l’amministrazione offre benefici o vantaggi di carattere economico a soggetti terzi.
In secondo luogo, il riferimento al rapporto locativo prospettato dagli appellanti, non risulta convincente, alla luce delle dizioni utilizzate negli atti adottati dall’amministrazione e, soprattutto, del contenuto sostanziale della attività prevista. Non si tratta, infatti della sola messa a disposizione di un luogo pubblico per lo svolgimento di una libera attività di impresa.
Al contrario, il rapporto ha per oggetto la realizzazione di un servizio (pagato dagli utenti finali) palesemente destinato – in modo prevalente, se non esclusivo - ai soggetti, che, a vario titolo, frequentano la struttura ospedaliera (assistiti, dipendenti, visitatori). Se non si tratta di servizi di ristorazione o alberghieri rivolti all’amministrazione, è però indiscutibile che l’attività del concessionario sia effettivamente destinata a migliorare, nel suo complesso, l’efficienza dei servizi resi dall’amministrazione sanitaria, nei suoi rapporti con il pubblico.
La rilevanza degli interessi economici dell’impresa affidataria è evidente, ma questo argomento non incide sulla esatta qualificazione del rapporto, dal momento che il carattere imprenditoriale del rapporto caratterizza, in varia misura, tutti i contratti pubblici e le concessioni di servizi pubblici.
La qualificazione come concessione di servizio pubblico deriva dalla circostanza che il corrispettivo non è a carico dell’amministrazione. L’erogazione del servizio, accompagnata dalla corresponsione di un canone, è compensata dalla concessione del diritto di sfruttare economicamente, ed in esclusiva, il servizio.
Gli appellanti contestano la pronuncia di accoglimento anche attraverso l’affermazione secondo cui l’omissione del confronto competitivo tra gli operatori del settore deriverebbe dalla circostanza che l’impresa affidataria si fosse assunta l’impegno di realizzare un manufatto da adibire a sede dei distributori automatici nell’ospedale di Sanremo. Pertanto, questa particolare prestazione richiederebbe un’individuazione dell’impresa affidataria senza lo svolgimento di una gara.
Come esattamente evidenziato dal TAR, questo obbligo non è affatto incompatibile con le procedure di gara: lo stesso impegno avrebbe potuto essere imposto ad ogni aspirante concessionario nell’ambito di un regolare procedimento ad evidenza pubblica di scelta del contraente.
A cura di Sonia LAzzini
Riportiamo qui di seguito la decisone numero 445 del 2 febbraio 2010 emessa dal Consiglio di Stato