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non è possibile all’autorità amministrativa disinteressarsi della visione attuale di quegli stessi elementi che ne abbia il giudice penale.

Pubblicato il 30/08/2010
Pubblicato in: Sentenze
non è possibile all’autorità amministrativa disinteressarsi della visione attuale di quegli stessi elementi che ne abbia il giudice penale.

sebbene non esista alcun formale rapporto di pregiudizialità necessaria tra gli accertamenti compiuti in sede penale e le verifiche amministrative in materia di prevenzione antimafia, tuttavia le interferenze tra tali funzioni sono pressoché costanti, risolvendosi quasi in una prassi amministrativa delle autorità competenti in materia di pubblica sicurezza

d’altronde, a ben vedere, sebbene con finalità diverse, il primo per la tutela anticipata dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione pubblica, il secondo con obiettivi di repressione di gravi condotte criminali, entrambi gli strumenti sono destinati, con tempi ed intensità diversi, a perseguire il medesimo fine di contrasto e lotta al crimine organizzato

Il venir meno del solo elemento indiziante di un collegamento tra la società ricorrente e la criminalità organizzata è idoneo a caducare il complessivo giudizio di contiguità mafiosa della RICORRENTE Costruzioni s.r.l., a prescindere quindi dalla possibile rilevanza dei descritti rapporti parentali e di coabitazione tra i soci della ricorrente e quelli della Edil-ALFA .s.r.l.

Con nota n. 063026 del 2 novembre 2009 il Comune di Cercola comunicava alla società RICORRENTE Costruzioni s.r.l. la sospensione di tutte le attività in corso con l’amministrazione, a seguito dell’adozione nei suoi confronti da parte del Prefetto di Napoli dell’informativa antimafia n. 4311/P.L. AGG del 20 ottobre 2009, trasmessa all’ente con nota n. 9822/P.L. del 22 ottobre 2009.
Avverso tali atti proponeva ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale, rubricato al n.87/2010 R.G., la RICORRENTE Costruzioni s.r.l. chiedendone l’annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari.
La società ricorrente deduceva profili di eccesso di potere inerenti il giudizio di controindicazione mafiosa, a suo giudizio insufficientemente fondato su rapporti di parentela, di per sé inidonei a sostenere un quadro indiziario di contiguità criminale, nonché sull’adozione da parte dell’A.G. di una misura cautelare penale nei confronti di un parente dei soci, provvedimento riformato dal Tribunale del Riesame di Napoli.
Con ordinanza presidenziale n. 6/10 del 20 gennaio 2010 si disponeva l’acquisizione da parte dell’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli di copia dell’informativa impugnata e di tutti gli atti del procedimento, adempimento assolto dall’Amministrazione statale intimata con deposito del 3 febbraio 2010.
Si costituiva in giudizio l’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli ed il Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto del ricorso e della domanda cautelare.
Alla camera di consiglio del 24 febbraio 2010, il Tribunale, con ordinanza n. 445/10, respingeva la domanda cautelare.
Intanto, con determinazione dirigenziale n. 1035 del 9 dicembre 2009 il Comune di Cercola risolveva unilateralmente con la RICORRENTE Costruzioni s.r.l. il contratto di appalto n. 108/08 avente ad oggetto lavori di recupero e riqualificazione di piazza Municipio e del Palazzo comunale.
Avverso tale provvedimento proponeva altro ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale, rubricato al n. 1079/10 R.G., la RICORRENTE Costruzioni s.r.l. chiedendone l’annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari.
La società ricorrente deduceva profili di contraddittorietà della determinazione impugnata, nella parte in cui si era proceduto alla risoluzione del contratto, benché nel precedente provvedimento di sospensione, l’amministrazione si fosse a tal proposito riservata di attendere ulteriori notizie dall’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, non ancora pervenute. Si prospettavano anche profili di illegittimità derivata, venendo riproposte le medesime censure introdotte con il ricorso n. 87/2010 avverso l’informativa prefettizia.
Alla camera di consiglio del 10 marzo la causa veniva cancellata dal ruolo delle cautelari.
Si costituivano in giudizio l’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli ed il Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica del 26 maggio, in vista della quale venivano depositate memorie conclusionali, entrambe le cause venivano trattenute per la decisione.
Occorre preliminarmente procedere ai sensi dell’art. 52 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642, alla riunione dei ricorsi n. 87/2010 R.G. e 1079/10 R.G. per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, trattandosi di giudizi pendenti tra le stesse parti e relativi alla medesima vicenda di interdizione della ricorrente per supposta contiguità mafiosa e consequenziale sospensione e scioglimento di rapporti negoziali tra questa ed il Comune di Cercola.
Oggetto principale del giudizio è la verifica di legittimità dell’informativa interdittiva del Prefetto di Napoli n. 4311/P.L. AGG del 20 ottobre 2009, di cui è opportuno riassumere i contenuti essenziali.
Il giudizio di contiguità mafiosa risulta fondato sull’esistenza di rapporti di parentela e di coabitazione tra DS Domenico e DS Pietropaolo, soci e rispettivamente il primo amministratore unico, il secondo direttore tecnico della RICORRENTE Costruzioni s.r.l., e DS Antonio e DS Salvatore, questi ultimi soci e amministratore il secondo della Edil-ALFA s.r.l. società colpita da interdittiva coevamente alla RICORRENTE Costruzioni s.r.l. Inoltre, il predetto Antonio DS risultava raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziato del delitto di tentativo di estorsione aggravata ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 152/91, commesso in quanto “da vittima di estorsioni, avrebbe assunto comportamenti funzionali alla realizzazione degli interessi economici nel settore degli appalti pubblici del clan Sarno”.
Ulteriore indizio era costituto dal fatto che fino alla data del 6 settembre 2007 amministratrice unica della RICORRENTE Costruzioni s.r.l. era stata Noviello Mariarosaria, coniuge convivente di DS Antonio.
Il G.I.A. nella seduta del 13 ottobre 2009, nell’ambito di un parere congiuntamente espresso sia per la Edil –ALFA s.r.l. che per la RICORRENTE Costruzioni s.r.l., aveva altresì rilevato che DS Pietropaolo e DS Domenico, insieme a DS Antonio, erano soci della prima società alla data del 30 marzo 2009; inoltre, il G.I.A. rappresentava che pur essendo stato il provvedimento cautelare riformato dal Tribunale dei Riesame con ordinanza del 21 luglio 2009, era comunque possibile ritenere la sussistenza di un idoneo quadro indiziario, in considerazione della miniore soglia di gravità richiesta per l’adozione di misure amministrative di pubblica sicurezza in materia di contrasto alle ingerenze del crimine organizzato nei rapporti patrimoniali con l’amministrazione pubblica.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

Il ricorso è fondato.
Osserva il Collegio che sebbene non esista alcun formale rapporto di pregiudizialità necessaria tra gli accertamenti compiuti in sede penale e le verifiche amministrative in materia di prevenzione antimafia, tuttavia le interferenze tra tali funzioni sono pressoché costanti, risolvendosi quasi in una prassi amministrativa delle autorità competenti in materia di pubblica sicurezza; d’altronde, a ben vedere, sebbene con finalità diverse, il primo per la tutela anticipata dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione pubblica, il secondo con obiettivi di repressione di gravi condotte criminali, entrambi gli strumenti sono destinati, con tempi ed intensità diversi, a perseguire il medesimo fine di contrasto e lotta al crimine organizzato. Ecco che, nel coacervo dei possibili indizi posti a fondamento di una misura amministrativa antimafia, sovente vi è il richiamo a provvedimenti dell’autorità giudiziaria penale, a volte sottoforma di elementi indiziari tipici della fattispecie (art. 10, settimo comma, lettere a) e b) del d.p.r. 3 giugno 1998 n. 252), a volte come oggetto di valutazione ampiamente discrezionale dell’autorità (art. 10, settimo comma, lettera c) del d.p.r. 3 giugno 1998 n. 252); ora, in entrambi i casi, ma con maggior forza nell’ultimo – così come in tutti i casi di misure amministrative di prevenzione prive di una preventiva classificazione tipologica degli indizi, come avviene nel caso dello scioglimento degli organi di governo degli enti locali - non è possibile all’autorità amministrativa disinteressarsi della visione attuale di quegli stessi elementi che ne abbia il giudice penale.
A presidio di tale idea – che tra l’altro costituisce consolidato orientamento in giurisprudenza – militano innanzitutto esigenze di non contraddizione dell’azione amministrativa; questa, infatti, non può elevare a fondamento indiziario valutazioni temporanee e parziali compiute dal giudice penale – anzi, esaltandone la rilevanza indiziaria proprio perché assunte in quella sede - e poi non tenere adeguatamente conto delle possibili evoluzioni di giudizio conseguenti a nuove indagini o ad un’ulteriore opinione espressa nel processo da parte o del giudicante (rispetto al Pubblico Ministero) o dagli organi di seconda istanza (Tribunale del Riesame, Corte d’Appello e Corte di Cassazione). Integrerebbe, infatti, come già ampiamente riconosciuto in giurisprudenza, un grave profilo di carenza di istruttoria l’omesso accertamento da parte dell’autorità di pubblica sicurezza dell’attuale stato del processo penale, soprattutto ove lì fosse risultata ridotta o addirittura azzerata la significatività indiziaria di fatti originariamente ritenuti idonei a supportare anche in sede amministrativa l’idea di un possibile condizionamento mafioso.
Ma il principio di non contraddizione si estende fino a conformare il potere valutativo dell’autorità amministrativa, nel senso che, una volta assunta l’esistenza di un provvedimento adottato nel processo penale, che in qualche modo, aggiornando, non abbia confermato – o comunque abbia ridimensionato - la portata indiziaria originaria di determinati elementi indiziari, è necessario motivare circa il convincimento soggettivo della permanenza della significatività iniziale: d’altronde, non può non riconoscersi all’autorità giudiziaria penale un ruolo di primazia nell’accertamento del fatto, proprio perché giudice naturale dello stesso.
Nel caso di specie, il Gruppo Ispettivo Antimafia nella seduta del 13 ottobre 2009, verbale di cui il Prefetto di Napoli ha fatto espresso richiamo nell’interdittiva impugnata, ha posto a fondamento del proprio parere l’esistenza di un’ordinanza custodiale nei confronti di DS Antonio, senza adeguatamente motivare circa la persistenza di idonei elementi indiziari, pur essendo intervenuta un’ordinanza del Tribunale dei Riesame del 21 luglio 2009 che aveva annullato quel provvedimento del Giudice delle Indagini preliminari; né può ritenersi una sufficiente motivazione la laconica affermazione da parte del G.I.A. dell’esistenza del provvedimento di seconde cure e la successiva apodittica asserzione della persistenza di indizi idoneamente fondanti una prognosi di permeabilità criminale; a tal proposito, non è irrilevante osservare come la motivazione del Tribunale del Riesame non si sia risolta in un giudizio di mera attenuazione delle esigenze cautelari, avendo avuto riguardo piuttosto ad una ritenuta assoluta insufficienza del quadro probatorio, circostanza che facendo venir meno – almeno attualmente - ogni indizio di reità, non legittimava il G.I.A. a ritenere nella condotta assunta dal DS Antonio un concreto pericolo di permeabilità, ovvero un esposizione a tentativo di condizionamento mafioso.
Il venir meno del solo elemento indiziante di un collegamento tra la società ricorrente e la criminalità organizzata è idoneo a caducare il complessivo giudizio di contiguità mafiosa della RICORRENTE Costruzioni s.r.l., a prescindere quindi dalla possibile rilevanza dei descritti rapporti parentali e di coabitazione tra i soci della ricorrente e quelli della Edil-ALFA .s.r.l.
Il ricorso deve quindi essere accolto, con annullamento dell’interdittiva impugnata e dei consequenziali provvedimenti del Comune di Cercola, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli.

A cura di Sonia Lazzini

Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 16842 del 19 luglio 2010 pronunciata dal Tar Campania, Napoli
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