Nel quadro del procedimento amministrativo la legge definisce l'esigenza che i pubblici uffici forniscano una risposta, entro tempi certi, a coloro i quali chiedano l'emissione di un provvedimento: l'evento lesivo -pur tenendo conto delle approfondite attività istruttorie svolte dalla convenuta- va addebitato al predetto dirigente, in quanto titolare di specifico potere provvedimentale.
Nella fattispecie è quindi acclarato il grave inadempimento della dirigente preposta all'AIC agli obblighi di legge relativi alla tempestiva emissione di un provvedimento (negativo o positivo che sia).
In questo contesto, l'istruttoria dell'Amministrazione, effettuata nell'esercizio legittimo di un potere autoritativo, è strettamente e temporalmente collegata alla definizione del procedimento di autorizzazione.
All'istanza da parte degli interessati deve seguire, in un determinato lasso di tempo, la determinazione provvedimentale dell'Amministrazione, sia essa negativa o positiva: nell'inerzia di quest'ultima, il giudice amministrativo accerta l'illegittimità del silenzio e condanna alla rifusione delle spese sostenute dagli aventi diritto.
Al silenzio e all'illegittima inerzia si accompagnano pertanto la soccombenza innanzi al giudice amministrativo e le statuizioni consequenziali, relative alle spese.
Nella fattispecie che viene in esame, la dott.ssa G., nella sua qualità di dirigente pro-tempore dell'Ufficio autorizzazioni all'immissione in commercio di medicinali dell'AIFA ha lasciato che infruttuosamente decorresse il periodo massimo (210 giorni) sancito dall'art. 8, c. 5, del D. Lgs. 178/1991, per emettere un provvedimento (negativo ovvero positivo) di autorizzazione all'immissione in commercio di due medicinali.
A una tale inerzia nel provvedere sono corrisposte due pronunzie del TAR, che hanno accertato l'illegittimità del silenzio serbato dall'Ufficio A.I.C., con conseguente obbligo di provvedere sulle istanze, condannando l'Amministrazione al pagamento in favore della società ricorrente degli oneri di giudizio (liquidati, nel complesso, in complessivi euro 3.000).
Il comportamento illecito della convenuta, dirigente pro-tempore dell'Ufficio autorizzazioni all'immissione in commercio di medicinali dell'AIFA, nell'omettere il dovuto provvedimento, ha cagionato pertanto un danno al Pubblico Erario, consistente nel pagamento in favore della società ricorrente degli oneri di giudizio (liquidati, nel complesso, in complessivi € 3.000,00), che non si sarebbe verificato laddove il procedimento si fosse svolto e fosse stato condotto secondo gli schemi e i termini temporali prefissati dalla normativa.
Il danno all'Erario si è attualizzato con le sentenze n. 7829/2007 e 7835/2007 del TAR Lazio, che, riconoscendo l'illegittimità del silenzio amministrativo, ha stabilito l'obbligo dell'AIFA di provvedere (sulle istanze rispettivamente presentate nel 2003 e nel 2004) e ha condannato l'Amministrazione al pagamento degli oneri di giudizio.
La causa delle sentenze di condanna è da rinvenirsi nell’intempestivo esercizio -nei termini perentori stabiliti dalla legge- dell'attività provvedimentale intitolata alla convenuta.
Le omissioni verificatesi non possono essere attribuite a particolari difficoltà ma alla grave e colpevole negligenza nel rispettare i termini temporali sanciti dalla normativa.
Devono essere valutate altresì, ai fini della finale quantificazione della condanna in capo alla convenuta, le circostanze di fatto relative alla istruttoria del procedimento di autorizzazione, come osservato anche nella comparsa di risposta: è da rilevarsi che la convenuta aveva segnalato la necessità (già dal 2001) di ulteriori risorse umane per l'espletamento delle competenze attribuite per le delicate verifiche connesse all'immissione in commercio di farmaci..
Le circostanze sopracitate costituiscono, nella fattispecie, elemento di attenuazione ai fini della finale determinazione del quantum da porre a carico della convenuta.
Appare conclusivamente equo applicare, nel complesso, con riferimento all'allegato danno erariale, il potere riduttivo nella misura di € 2.000,00.
Nel quantificare il pregiudizio erariale addossabile alla dott.ssa G., conclusivamente, questo giudice ritiene congrua la quantificazione di € 1.000,00.
A cura di Sonia LAzzini
Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 1138 del 24 maggio 2010 pronunciata dalla LA CORTE DEI CONTI; Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio