UNA VOLTA ACCERTATA IN SEDE GIURISDIZIONALE L’INAMMISSIBILITÀ DELLA PARTECIPAZIONE ALLA GARA DELL’ORIGINARIA AGGIUDICATARIA, L’OBBLIGO DI ASSEGNARE LA GARA STESSA ALLA RICORRENTE SECONDA CLASSIFICATA RAPPRESENTEREBBE COMUNQUE UNA INELUDIBILE CONSEGUENZA CONFORMATIVA DEL DICTUM GIURISDIZIONALE
Deve, altresì, essere respinto il motivo di appello con cui si è lamentato che la pronuncia oggetto di gravame sia affetta dal vizio di ultrapetizione per avere il primo giudice disposto il risarcimento in forma specifica in favore della ricorrente in primo grado, mediante l’attribuzione diretta delle utilitates connesse alla vittoriosa partecipazione alla procedura.
Sotto tale aspetto, il Collegio si limita ad osservare che dall’esame degli atti di causa emerge in modo inequivoco che la domanda di reintegrazione in forma specifica (sub specie di attribuzione del premio destinato al vincitore, con contestuale acquisizione della proprietà del progetto in capo all’Amministrazione) fosse stata effettivamente domandata dal R.T.P. Controinteressata nella parte conclusiva del ricorso introduttivo del primo giudizio.
Ciò, a tacere del fatto che una volta accertata in sede giurisdizionale l’inammissibilità della partecipazione alla gara dell’originaria aggiudicataria, l’obbligo di assegnare la gara stessa alla ricorrente seconda classificata rappresenterebbe comunque una ineludibile conseguenza conformativa del dictum giurisdizionale, la quale vincolerebbe l’operato dell’Amministrazione anche laddove tale richiesta non fosse stata formulata in sede di domanda risarcitoria (ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che non viene nella specie in rilievo la previa declaratoria di inefficacia del contratto, non risultando che un tale vincolo fosse insorto fra l’Amministrazione aggiudicatrice e il R.T.P. ALFA).
5. Per le ragioni dinanzi esposte, l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi onde disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
A cura di Sonia Lazzini
Riportiamo qui di seguito la decisione numero 7589 del 20 ottobre 2010 pronunciata dal Consiglio di Stato
Utilità