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l’impresa ricorrente ha dichiarato e documentato...

Pubblicato il 26/07/2010
Pubblicato in: Sentenze
l’impresa ricorrente ha dichiarato e documentato a mezzo di produzione della dichiarazione informativa telematica di aver avuto, nel 2008, n. 46 dipendenti (fra cui 4 disabili), indi soggiaceva agli obblighi di assunzione di cui alla legge 68/99 ed avrebbe dovuto dichiarare di essere in regola con gli stessi, ai sensi dell’art. 17 e della corrispondente previsione del disciplinare di gara

la legge 68/99, segnando un radicale cambiamento rispetto alla disciplina precedente, ha introdotto il concetto di collocamento mirato dei disabili, identificato con “la serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto”, in modo da non costituire un peso per l’impresa, ma una risorsa aggiuntiva ed utile, sebbene imposta.

Così disponendo, il legislatore ha inteso trovare un nuovo e più giusto equilibrio tra le aspirazione del disabile ad un posto di lavoro - che sia confacente alla proprie professionalità - e l'interesse della impresa ad un inserimento realmente proficuo dei lavoratori disabili nella compagine aziendale

Con il primo motivo l’Controinteressata s.r.l. deduce che, la Ricorrente s.r.l. avrebbe comunque dovuto essere esclusa poiché si è limitata a dichiarare "la propria condizione di non assoggettabilità agli obblighi di assunzioni obbligatorie di cui alla legge 68/99", laddove, in applicazione del disciplinare di gara, avrebbe dovuto invece rendere una dichiarazione attestante il rispetto della normativa in materia di diritto al lavoro dei disabili, nonché un'apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti. L’obbligo di positiva dichiarazione discenderebbe dall’esistenza di un organico aziendale ben superiore ai 15 dipendenti, come del resto si evincerebbe dal tenore delle successive dichiarazioni dalla stessa impresa rese nell’ambito del giudizio di anomalia e dal volume di attività dalla medesima svolto attraverso i numerosi cantieri aperti.
Segnatamente, secondo la tesi del ricorrente, la Ricorrente s.r.l. avrebbe dichiarato al fine di giustificare la congruità della propria offerta, di impiegare nell’esecuzione dell’appalto in via di aggiudicazione, diciotto dei suoi dipendenti, e già questo sarebbe un dato che la collocherebbe in una fascia di assoggettabilità all’obbligo di assunzione. Inoltre la quantità di lavori pubblici eseguiti dalla Ricorrente s.r.l. in un medesimo arco temporale sarebbe indice di un organico ancora più ampio, con conseguente eliminazione di ogni dubbio circa la sussistenza dell’obbligo de quo.
La ricorrente principale replica, sul punto, evidenziando come l’effettuazione della dichiarazione, in ottemperanza alle prescrizioni del capitolato, impedisca l’esclusione, a prescindere dalla veridicità e correttezza del contenuto di quanto dichiarato, aspetti – questi ultimi – rilevanti solo in sede di verifica successiva all’aggiudicazione. Nel merito, pur non rinnegando la veridicità delle dichiarazioni rese nell’ambito del giudizio di anomalia, né le opposte risultanze indicate da controparte, replica valorizzando il disposto dall’art. 1, comma 53, della Legge 24 dicembre 2007, n. 247 recante “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale” che, per i datori di lavoro del settore edile, avrebbe escluso dalla base computabile ai fini dell’applicazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, “il personale di cantiere” e “gli addetti al trasporto”.
Dunque, secondo il ricorrente principale, la dichiarazione di non assoggettabilità alla normativa sulle assunzioni obbligatorie sarebbe del tutto corretta poiché, detratto il personale di cantiere e gli addetti al trasporto, la base computabile dei dipendenti sarebbe tale da non far scattare l’obbligo in oggetto.
La circostanza sarebbe confermata, sul piano ermeneutico, dalla circolare del Ministero del Lavoro, Direzione generale del mercato del lavoro, n. 13/III/ 002256 del 29 gennaio 2008, nonché, su quello aziendale, dal prospetto informativo relativo all’anno 2008, inoltrato per via telematica dalla Ricorrente s.r.l. ai competenti uffici, dal quale si evince un organico di 44 dipendenti dei quali 36 occupati in cantiere, e dunque una base di computo, ai fini della legge 68/99, inferiore ai 15 dipendenti (soglia minima d’obbligo).
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

La prospettazione fatta dal ricorrente principale, per quanto supportata dal tenore dalla circolare citata, non è persuasiva.
Il Ministero del Lavoro, nell’interpretare la norma indicata, ha espressamente affermato, “tenuto conto degli interessi coinvolti ed al fine di contemperare le esigenze dei datori di lavoro obbligati con quelle dei lavoratori disabili”, che l’espressione “personale di cantiere” usata dal legislatore, “non individuando specifiche mansioni e/o profili di lavoratori, debba intendersi riferita alla generalità dei dipendenti che operano all’interno del luogo in cui si effettuano i lavori del settore edile. Ne consegue che i datori di lavoro del settore edile, con esclusivo riferimento al periodo di attività del “cantiere”, escluderanno dalla base di computo i dipendenti che sono adibiti ad attività lavorativa all’interno del cantiere includendo, invece, nella base di computo i dipendenti che operano in luoghi diversi da quello del “cantiere”.
Trattasi di una interpretazione che, di fatto, esclude anche le grandi imprese edili dall’area dell’applicabilità del regime di assunzione obbligatoria di personale disabile. Essa presenta due rilevanti e concorrenti vizi esegetici:
1) Abbraccia un’accezione “localizzativa” della locuzione “personale di cantiere” in luogo di una funzionale, di guisa che, facendo rientrare nell’area delle esclusioni tutto il personale che svolge continuativamente le proprie funzioni presso i cantieri, a prescindere dalla qualificazione manuale o intellettiva delle mansioni svolte, offusca la ratio della disposta esclusione, ragionevolmente rinvenientesi nella particolare delicatezza e pericolosità delle mansioni dei lavoratori addetti, esclusivamente e necessariamente, al cantiere (manovali, carpentieri, gruisti, etc.).
Volendo aderire alla suindicata ratio, il “personale di cantiere” dovrebbe invece identificarsi in quei lavoratori che, per le caratteristiche oggettive e funzionali delle mansioni ricoperte, sono destinati ad operare solo all’interno di un cantiere; non trovando giustificazione, l’esclusione, per quelle figure che invece, assolvendo a compiti di studio, progettazione, verifica, coordinamento, possono svolgere indifferentemente l’attività lavorativa sia in cantiere che in altri luoghi.
2) Ancora, e più in radice, l’interpretazione perorata dal Ministero trasforma l’esclusione disposta dalla legge, testualmente e logicamente operante sul versante dell’obbligatorietà dell’assunzione del personale di cantiere (appunto, nel senso di escluderla) in un meccanismo di computo della base di calcolo, utile ai fini di stabilire l’applicabilità della normativa sull’obbligo di assunzione all’intera azienda.
In proposito è forse utile compiere una breve disamina delle norme che tale fattispecie derogatoria hanno contemplato: l’art. 3 della legge 68/99 prevede che datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori disabili in misura che varia a seconda delle dimensioni dell’azienda. Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere – dispone il successivo art. 4 - non sono computabili tra i dipendenti i lavoratori disabili già assunti, ovvero i lavoratori con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, nonché i dirigenti; aggiunge l’art. 3 comma 3 che “per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell'assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative”. Queste possono considerasi “esclusioni” solo ove con tale termine si intenda un’operazione che, avendo come riferimento la dotazione organica effettiva, consista nel portare in detrazione i lavoratori indicati al fine di individuare la dotazione organica virtuale, rilevante ai soli fini dell’applicazione della legge. E’ evidente che siffatte “esclusioni” possono condurre ad una dotazione virtuale tale da determinare l’esclusione anche dell’applicabilità della legge, ovvero la riduzione del numero di lavoratori da assumere obbligatoriamente; ciò nondimeno i piani rimangono diversi: piano di mero calcolo il primo; piano degli obblighi il secondo.
La legge conosce tuttavia altri meccanismi derogatori che condividono con i primi la ratio di mitigare l’impatto dell’obbligo sull’impresa. Si tratta, in primo luogo, di esoneri parziali, ossia di esoneri operanti solo per alcuni settori interni all’impresa.
Com’è noto, la legge 68/99, segnando un radicale cambiamento rispetto alla disciplina precedente, ha introdotto il concetto di collocamento mirato dei disabili, identificato con “la serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto”, in modo da non costituire un peso per l’impresa, ma una risorsa aggiuntiva ed utile, sebbene imposta.
Così disponendo, il legislatore ha inteso trovare un nuovo e più giusto equilibrio tra le aspirazione del disabile ad un posto di lavoro - che sia confacente alla proprie professionalità - e l'interesse della impresa ad un inserimento realmente proficuo dei lavoratori disabili nella compagine aziendale (sul punto, cfr. Cassazione civile, sez. lav., 12 marzo 2009, n. 6017).
Il legislatore ha comunque sentito il bisogno di porre un limite in tale direzione, individuando settori particolarmente delicati e pericolosi in cui, a prescindere dalla concreta possibilità di impiego del disabile, l’obbligo non può e non deve sussistere. Questo esonero è tuttavia parziale, nel senso che il datore di lavoro non è obbligato a contrarre, id est, più rifiutare l’assunzione del disabile in quel determinato settore aziendale o in quelle determinate qualifiche, ma non per questo è sgravato dagli obblighi di assunzione obbligatoria (in altre qualifiche o settori) derivanti dalla sua complessiva dimensione aziendale. E’ il caso dei servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, relativamente ai ruoli “operativi”; dei datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore dell'autotrasporto, per quanto concerne il solo personale viaggiante; di quelli che operano nel settore degli impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell'attività di trasporto; di quelli che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre, per quanto concerne il personale viaggiante e navigante; infine, dei datori di lavoro del settore edile per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore.
In questi casi il meccanismo non opera sul piano del calcolo, ma direttamente su quello degli effetti, esonerando l’azienda dall’obbligo di assunzione in determinati settori o qualifiche. Ciò non toglie che l’obbligo permanga per gli altri settori in cui l’impresa opera o per le altre qualifiche di cui la stessa di avvale.
Diversamente ragionando, non si comprenderebbero: a) sul piano testuale, la diversa formulazione delle norme di cui all’art. 5 (non sono tenuti all’osservanza dell’obbligo per quanto concerne…….) da quella, che tipicamente rappresenta un norma sulla base di computo, relativa ai partiti politici ed alle organizzazioni sindacali (la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo ……); b) sul piano sistematico, le ragioni di una norma che di fatto esonera totalmente dall’obbligo le imprese edili, essendo evidente che escludere dalla base di computo il “personale di cantiere” e quello “addetto al trasporto”, soprattutto ove si accolga l’accezione localizzativa suggerita dal Ministero, valga a far fuoriuscire le imprese edili, che esercitano ordinariamente la propria attività a mezzo di cantieri, dall’ambito di applicabilità della legge 68/99, e ciò senza alcuna ragione che giustifichi il minor sacrificio richiesto alle stesse rispetto alle imprese di pari dimensione operanti negli altri settori.
Nel caso di specie, l’impresa Ricorrente s.r.l., ha dichiarato e documentato a mezzo di produzione della dichiarazione informativa telematica di aver avuto, nel 2008, n. 46 dipendenti (fra cui 4 disabili), indi soggiaceva agli obblighi di assunzione di cui alla legge 68/99 ed avrebbe dovuto dichiarare di essere in regola con gli stessi, ai sensi dell’art. 17 e della corrispondente previsione del disciplinare di gara.
Il ricorso incidentale deve dunque essere accolto. Ne discende l’improcedibilità di quello principale e dei relativi motivi aggiunti, per difetto di interesse.

Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 683 del 2 luglio 2010 pronunciata dal tar Calabria, Reggio Calabria
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