Legittimo provvedimento di un Comune con il quale viene comminata alla ricorrente la sanzione accessoria dell’esclusione per un periodo di tre anni dalle gare indette dal Comune stesso e dall’elenco delle Cooperative Sociali
la decisione di tornare o meno sulle proprie precedenti determinazioni appartiene all'apprezzamento insindacabile dell'Amministrazione, senza che la presentazione di un'istanza di riesame da parte dell'interessato possa poi da questi essere surrettiziamente utilizzata per richiedere tardivamente il sindacato del giudice sulla legittimità del provvedimento
correttamente l’Amm.ne ha detratto dalla durata della sanzione il periodo di sospensione dell’esecutività del provvedimento sanzionatorio, periodo nel corso del quale, si ripete, l’impresa ha partecipato a gare e gestito servizi, senza che la sopravvenuta risoluzione dei contratti possa vanificare l’esperienza acquisita ed i corrispettivi maturati.
E’ intuitivo che chi chiede la sospensione cautelare di un provvedimento afflittivo di durata (id est la sanzione della cancellazione triennale e il divieto triennale di partecipare ad appalti) assume su di sé il rischio degli eventuali effetti demolitori della sentenza che dovesse rigettare nel merito il ricorso.
Sotto tale profilo, il rigetto del ricorso non può costituire il presupposto per un vantaggio indiretto per la parte che nel ricorso stesso abbia richiesto ed ottenuto a suo tempo la misura cautelare
Con il primo ricorso lamenta “Nullità della originaria sanzione per difetto assoluto di attribuzione ex art. 21 septies l. 241/90. Nullità o comunque illegittimità derivata dei successivi provvedimenti applicativi”: il provvedimento n. 252 del 14 febbraio 2006, con il quale l’Amministrazione Comunale, oltre ad escludere la ricorrente dalla procedura in corso di espletamento, ha comminato alla stessa la sanzione accessoria dell’esclusione per un periodo di tre anni dalle gare indette dal Comune di Ragusa e dall’elenco delle Cooperative Sociali tenuto presso la stessa amministrazione, sarebbe nullo per difetto assoluto di attribuzione, ed i provvedimenti successivi a loro volta nulli o comunque illegittimi, poiché non esiste alcuna norma che preveda la sanzione dell’esclusione dalle gare per un triennio, dunque l’Amministrazione non era titolare del relativo potere.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta “Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento di potere, illogicità manifesta e travisamento dei fatti”, in quanto, secondo la sua prospettazione, la sanzione triennale sarebbe stata interamente scontata.
L’amministrazione ha comminato la sospensione triennale con il provvedimento n. 252 del 14 febbraio 2006, quindi i tre anni di esclusione dalla gare e dall’elenco dovrebbero considerarsi scontati a decorrere dal 14 febbraio 2009.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?
Il collegio prende in esame la prima censura, con la quale parte ricorrente lamenta la nullità della determinazione dirigenziale n. 252/2006 sostenendo che la norma richiamata quale fondamento del potere sanzionatorio, art. 12 del d.lgs. n. 157/1995, in realtà, facendo riferimento alla esclusione “dalle gare” come sanzione per coloro i quali siano incorsi in false dichiarazioni, non dispone alcunché in relazione alla durata di tale sanzione.
L'argomento appare infondato
In primo luogo, occorre chiarire che non sussiste affatto la carenza di una norma attributiva del potere sanzionatorio.
E’ al riguardo troncante ricordare che il C.G.A., adito in appello dalla Cooperativa, con decisione n.683/08 ha, fra l’altro, precisato che "l’art. 12 del D.Lgs. n. 157 del 1995, nel testo vigente al tempo della procedura ufficiosa di cui si tratta, prevedeva, alla lett. f), l’esclusione di coloro «che si sono resi gravemente colpevoli di false dichiarazioni nel fornire informazioni che possono essere richieste ai sensi del presente articolo o degli articoli da 13 a 17».
"A sua volta, la lettera di invito alla gara ufficiosa in questione, ha previsto, in caso di dichiarazioni mendaci, l’esclusione dalle gare per l’affidamento di servizi, lavori e forniture indette dal Comune di Ragusa, a norma del citato art. 12, lett. f) del D.Lgs. n. 157 del 1995, che nell’ambito del Settore XII – servizi sociali – ha istituito – ed in relazione agli strumenti per la realizzazione degli inserimenti lavorativi – l’Albo delle Cooperative sociali di tipo “B”; suddiviso in Sezioni in base alle diverse attività” – soggetto a revisione annuale ed aperto all’iscrizione delle cooperative regolarmente costituite ed iscritte all’Albo, in possesso dei prescritti requisiti, fra cui la sede legale in Ragusa, a cui l’Ente può attingere per affidare la fornitura di beni e servizi o l’esecuzione di lavori, a norma del relativo regolamento, che prevede la cancellazione dall’albo della cooperativa iscritta per il caso di perdita dei requisiti di iscrizione e per gravi inadempienze contrattuali.
"3. Nel citato quadro di riferimento, è legittimo il provvedimento con il quale l’Amministrazione comunale - ………… - ha annullato l’aggiudicazione e disposto l’esclusione del concorrente per anni tre dagli affidamenti del Comune".
La ricostruzione sopra testualmente riportata, viene pienamente condivisa dal Collegio e sgombra il campo dalla prospettazione di parte ricorrente, atteso che nel caso in questione l’attribuzione del potere di comminare la sanzione deriva dal richiamato art.12, per cui l’eventuale vizio relativo alla durata della sanzione comporta un cattivo esercizio del potere, che, all’evidenza, non si sostanzia in un vizio di nullità (ricorrente solo nel caso di assoluta inidoneità strutturale dell’atto), bensì in un vizio di legittimità, la cui delibazione è preclusa a questo Tribunale per effetto del giudicato formatosi a suo tempo in dipendenza delle sentenze della Sezione n. 1311/07 e del CGA n.683/08.
Il Collegio passa all’esame della seconda censura, con la quale, come esposto in premesse, sostanzialmente si deduce l’illegittimità degli atti impugnati in quanto le sanzioni erano state già scontate, decorrendo dalla data del provvedimento di esclusione (14.2.2006), di guisa che i tre anni sono venuti a scadenza il 14.2.209.
Sarebbe dunque illegittima la determinazione dell’Amm.ne intimata, nel far decorrere il termine dalla data di deposito della sentenza n.1311/07, di definizione del giudizio n.631/06.
Il Collegio ritiene la doglianza infondata.
In primo luogo, non può condividersi l’argomentazione della ricorrente secondo la quale la stessa verrebbe pregiudicata dalla definizione nel merito del ricorso n.631/06, avvenuta con sentenza n.1311/07, con il conseguente travolgimento, con effetto retroattivo, degli effetti discendenti dall’ordinanza cautelare interinalmente concessa.
E’ infatti intuitivo che chi chiede la sospensione cautelare di un provvedimento afflittivo di durata (id est la sanzione della cancellazione triennale e il divieto triennale di partecipare ad appalti) assume su di sé il rischio degli eventuali effetti demolitori della sentenza che dovesse rigettare nel merito il ricorso.
Sotto tale profilo, il rigetto del ricorso non può costituire il presupposto per un vantaggio indiretto per la parte che nel ricorso stesso abbia richiesto ed ottenuto a suo tempo la misura cautelare. Quindi, in questi casi, la "durata" minima della sanzione deve computarsi in termini puramente materiali, rispetto ai quali gli effetti retroattivi, puramente giuridici, del giudicato finale (e quindi il prospettato travolgimento ex tunc degli incidenti del processo, come quello della sospensione degli atti impugnati) sono privi di rilevanza; e ciò per il principio basilare del "factum infectum fieri non potest" e specularmente, il "non fatto" (ossia la pena non scontata) non può essere ritenuto, per fictio giuridica, come "fatto".
Secondo la giurisprudenza, intervenuta in varie fattispecie, "l'effetto retroattivo del giudicato d'annullamento dà luogo ad una «fictio juris», che incontra un limite insormontabile nella sostanza degli avvenimenti già maturati, secondo il principio «factum infectum fieri nequit», e perciò rimuove «ex tunc» il titolo giuridico, ma non vale ad eliminare il fatto …": cfr. T.A.R. Marche, 06 giugno 1978 , n. 217; Consiglio Stato , sez. VI, 20 marzo 2007 , n. 1315.
La necessità di tener conto del principio "factum infectum fieri nequit", che si pone come limite alla retroattività dell'annullamento, non deriva dal contenuto del giudicato, ma dall'attività di rinnovazione degli atti annullati susseguenti al giudicato: Consiglio Stato , sez. IV, 03 marzo 1997 , n. 181.
A cura di Sonia LAzzini
Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 79 del 25 gennaio 2010, emessa dal Tar Sicilia, Catania
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