l’amministrazione deve indicare se le varianti sono ammesse e, in caso affermativo, identificare i loro requisiti minimi.
In linea generale la previsione esplicita della possibilità di presentare varianti in sede di offerta per il tipo di gara in contestazione è contemplata dalla l. n. 109 del 1994 (ed oggi generalizzata dall’art. 76 del codice dei contratti pubblici per qualsivoglia appalto); l’amministrazione deve indicare, in sede di redazione della lex specialis, se le varianti sono ammesse e, in caso affermativo, identificare i loro requisiti minimi.
La ratio della scelta normativa – nazionale e comunitaria - riposa sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante ha maggiore discrezionalità e soprattutto sceglie il contraente valutando non solo criteri matematici ma la complessità dell’offerta proposta, sicché nel corso del procedimento di gara potrebbero rendersi necessari degli aggiustamenti rispetto al progetto base elaborato dall’amministrazione; nel caso invece di offerta selezionata col criterio del prezzo più basso, poiché tutte le condizioni tecniche sono predeterminate al momento dell’offerta e non vi è alcuna ragione per modificare l’assetto contrattuale, non è mai ammessa la possibilità di presentare varianti.
In ogni caso deve ritenersi insito nella scelta del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa che, anche quando il progetto posto a base di gara sia definitivo (come nel caso di specie), sia consentito alle imprese proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2008, n. 3481; sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 149).
La giurisprudenza nazionale ha elaborato alcuni criteri guida relativi alle varianti in sede di offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2008, n. 3481 cit.):
- si ammettono varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell’opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla p.a.
- risulta essenziale che la proposta tecnica sia migliorativa rispetto al progetto base, che l’offerente dia contezza delle ragioni che giustificano l’adattamento proposto e le variazioni alle singole prescrizioni progettuali, che si dia la prova che la variante garantisca l’efficienza del progetto e le esigenze della p.a. sottese alla prescrizione variata;
- viene lasciato un ampio margine di discrezionalità alla commissione giudicatrice, trattandosi dell’ambito di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
7.2.2.2. Ciò premesso in diritto, la sezione osserva che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente:
a) la lex specialis della gara in contestazione, non ha introdotto una libertà assoluta di varianti in sede di formulazione delle offerte;
b) la variante proposta dall’A.t.i. Ricorrente ha stravolto il contenuto minimo essenziale del progetto esecutivo eradicando del tutto la possibilità che i privati potessero risultare assegnatari di aree sulle quali edificare, a proprie spese, i relativi manufatti cimiteriali e superando i tetti massimi delle tariffe individuati dalla deliberazione giuntale n. 158 del 20 maggio 2004;
c) il seggio di gara si è limitato a ribadire che ciascun concorrente era libero di formulare offerte migliorative anche proponendo la costruzione diretta di loculi, ossari, tombe e cappelle, ma non ha autorizzato la soppressione completa della facoltà di concessione in uso all’utenza delle aree cimiteriali;
d) risulta per tabulas sia che la deliberazione n. 158 facesse parte degli atti di gara sia la particolare onerosità delle tariffe per l’utenza previste dall’A.t.i. Ricorrente;
e) comunque, la facoltà di proporre varianti non significa che queste debbano necessariamente essere accettate se giudicate non conformi agli interessi dell’Aministrazione.
A cura di Sonia LAzzini
riportiamo qui di seguito la decisione numero 743 del 12 febbraio 2010, emessa dal Consiglio di Stato