L’art. 2043 – fondamento della responsabilità civile della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi – non conosce quale rete di contenimento l’intensità della colpa, sicchè la responsabilità della pubblica amministrazione va ammessa anche quando la colpa è di grado lieve e ciò risulti positivamente.
(deve ritenersi sussistente la colpa , sia pure di lieve intensità, dell’apparato, nella regolarizzazione delle offerte escluse.)
IL FATTO ILLECITO Art. 2043 cc
“QUALUNQUE FATTO DOLOSO O COLPOSO che CAGIONA AD ALTRI un DANNO INGIUSTO OBBLIGA colui che ha commesso il fatto A RISARCIRE IL DANNO”
Nel merito – esaminando prioritariamente perché preliminari sul piano logico le doglianze relative alla statuizione di annullamento - va rilevato che la riammissione delle offerte delle ATI escluse per mancata dichiarazione sulla quota dei lavori di ciascuna partecipante all’ATI è illegittima_L’appello è fondato per quanto di ragione in punto di quantificazione del risarcimento dei danni
Passando all’esame della questione risarcitoria, va notato che , provata l’illegittimità dell’aggiudicazione impugnata dall’impresa odierna appellata, è superata la censura sollevata dalla Provincia di Lodi nel motivo 3.1 del ricorso di appello ( illegittimità della statuizione risarcitoria in presenza di un esercizio legittimo del potere ).
Né può dirsi che non vi sia prova del danno, o che il danno non sia riconducibile all’esercizio illegittimo del potere amministrativo in quanto la controinteressata era risultata originariamente aggiudicataria provvisoria e la mancata stipula del contratto ( con la perdita di utilità economiche giuridicamente rilevanti ) è intervenuta solo a seguito dell’illegittima riammissione di offerte che erano state in un primo momento legittimamente escluse.
Quanto all’elemento della colpa va rilevato che essa sussiste , anche se in forma lieve, in considerazione della circostanza che l’orientamento giurisprudenziale richiamato nell’esame della statuizione di annullamento non si era ancora formato.
Ai fini del risarcimento del danno, la mera illegittimità del provvedimento amministrativo non è di per sé sola sufficiente a integrare il richiesto elemento soggettivo della condotta.
Infatti, allorché si deve vagliare la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa in capo all'amministrazione-apparato, si deve rendere un giudizio prognostico, secondo l'"id quod plerumque accidit" facente riferimento esclusivamente all'epoca in cui la censurata condotta è stata resa (Consiglio Stato , sez. VI, 03 dicembre 2008 , n. 5945).
La colpa di apparato è sussistente, nella specie, soprattutto alla luce della testuale previsione della clausola del disciplinare di gara ( art. 8 ) contenente comminatoria espressa di esclusione.
La condotta tenuta complessivamente dall’apparato si è concretata , a fronte del chiaro tenore della clausola, nella richiesta di parere legale avanzata dalla Commissione di gara che, dopo l’aggiudicazione alla Controinteressata , ebbe a manifestare perplessità interpretative di propria iniziativa, seguita da un parere legale che invitava a motivare l’esclusione nel caso in cui non si trattasse della mancata sottoscrizione congiunta della dichiarazione di partecipazione, parere che veniva interpretato come un parere che consentiva la regolarizzazione senza motivare in ordine alla mancata applicazione dell’esclusione ( il parere si concludeva nel senso che la Commissione dovesse , motivando adeguatamente, specificare se tali omissioni potessero essere causa di esclusione o richiesta di integrazione).
Può quindi farsi applicazione di quell’insegnamento giurisprudenziale a tenore del quale ai fini dell'ammissibilità dell'azione di risarcimento danni proposta dinanzi al giudice amministrativo, l'accertamento dell'illegittimità del provvedimento, dal quale deriva la lesione in capo al soggetto destinatario dell'interesse legittimo, costituisce presupposto necessario, ma non sufficiente, affinché si configuri una responsabilità dell'apparato amministrativo procedente; occorre infatti la prova dell'esistenza di un danno, che l'interessato deve fornire ( prova consistente nella specie nella documentazione che attesta la perdita dell’aggiudicazione già avvenuta sia pure in forma provvisoria e della perdita del contratto poi eseguito dal raggruppamento illegittimamente riammesso alla gara ), l'accertamento del nesso di causalità diretta tra l'evento dannoso e l'operato dell'amministrazione ( il contratto è stato stipulato ed eseguito ed esso sarebbe spettato all’impresa Controinteressata se non fosse intervenuta la regolarizzazione postuma – illegittima – delle domande dell’ATI Fratelli Controinteressata DUE ) e, infine, l'imputazione dell'elemento dannoso a titolo di dolo o colpa della p.a., da ritenersi sussistente nell'ipotesi in cui l'adozione della determinazione illegittima, che apporti lesione all'interesse del soggetto si sia verificata in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione a cui deve ispirarsi l'attività amministrativa nel proprio esercizio, ovvero quando l'azione dell'amministrazione sia caratterizzata da negligenza nell'interpretare ed applicare la vigente normativa (Consiglio Stato , sez. VI, 18 marzo 2008 , n. 1113).
Tale colpa può ritenersi sussistente , sia pure in grado lieve, in considerazione del tempo in cui è avvenuto il fatto illecito, alla luce della clausola del disciplinare di gara e dell’andamento della procedura prima evidenziato.
Nel caso, dunque, in cui l'operato della P.A., all'atto di emanazione del provvedimento amministrativo poi annullato in via giurisdizionale, sia correlato all'esistenza di particolari circostanze, quali l'equivocità e contraddittorietà della normativa applicabile, la novità delle questioni, le oscillazioni giurisprudenziali nella materia, che possano avere influito sull'illegittimità della comportamento dell'Amministrazione stessa, deve ritenersi non possa configurarsi una situazione soggettiva di colpa dell'Amministrazione suscettibile di generare un obbligo di risarcimento del danno subito in favore del soggetto interessato.
Nella specie non si era ancora formata la giurisprudenza ( granitica ) che poi ebbe a formarsi a partire da CdS V 12 ottobre 2004 ma non si segnalavano sul punto ritenuto controverso o dubbio dalla Commissione, vivi contrasti interpretativi e , soprattutto, vi era il chiaro tenore della lex specialis che prevedeva una comminatoria di esclusione per una dichiarazione di partecipazione formulata da ATI in modo non conforme al disciplinare di gara ( ossia senza indicazione delle quote di partecipazione degli aderenti all’ATI ).
In conclusione, per quanto detto, deve ritenersi sussistente la colpa , sia pure di lieve intensità, dell’apparato, nella regolarizzazione delle offerte escluse.
Sul quantum debeatur, limitato all’unica voce di danno richiesta, ossia il lucro cessante, la sentenza va invece riformata, occorrendo limitare la corresponsione del risarcimento alla minor somma fra l’utile dichiarato dall’impresa all’atto della presentazione dell’offerta ( o desumibile dal tenore complessivo di essa ) e la percentuale del 10% dell’importo complessivo a base d’asta ( unico parametro astrattamente considerato dal giudice di prime cure che così isolatamente considerato consentirebbe un’ingiusta locupletazione all’impresa danneggiata).
La somma dovuta a titolo di risarcimento danni dovrà essere liquidata d’accordo fra le parti ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. n. 80/1998.
La condanna al risarcimento del danno nella forma di « sentenza sui criteri », ex art. 35 comma 2, d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, modificato dalla l. 21 luglio 2000 n. 205 è applicabile ove la quantificazione del danno necessiti di una ulteriore attività collaborativa dell'Amministrazione; infatti in tali casi, ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla Pubblica amministrazione, può essere utilizzato lo strumento previsto dal succitato art. 35 comma 2, d.lg. n. 80 del 1998, che consente al giudice amministrativo di stabilire i criteri in base ai quali l'Amministrazione deve proporre in favore dell'avente titolo il pagamento della somma entro un congruo termine, prevedendo che, qualora permanga il disaccordo, le parti possano rivolgersi nuovamente al giudice per la determinazione delle somme dovute nelle forme del giudizio di ottemperanza (Consiglio Stato , sez. IV, 06 luglio 2009 , n. 4325).
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate sussistendone gli eccezionali motivi in ragione della novità delle questioni e dell’accoglimento solo parziale dell’appello.
A cura di Sonia LAzzini
Riportiamo qui di seguito la decisione numero 1038 del 22 febbraio 2010, emessa dal Consiglio di Stato
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