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Illegittima aggiudicazione per mancata indicazione del legale rappresentante e del direttore tecnico dell’impresa cedente

Pubblicato il 26/01/2010
Pubblicato in: Sentenze
La dichiarazione resa dall’aggiudicataria si pone, pertanto, in contrasto con la disposizione contenuta nel citato art. 38 del D. Lgs.n.163/2006, espressamente richiamato dall’art.4, lettera a), del disciplinare di gara, atteso che in detta dichiarazione non sono stati indicati, quali soggetti cessati dalla carica nel triennio (in quanto soggetti dell’impresa cedente il ramo d’azienda), il legale rappresentante e il direttore tecnico dell’impresa cedente

Sul punto, questo Tribunale ha di recente affrontato ex professo la specifica questione giuridica – seguendo un orientamento dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi - soffermandosi sul significato e sulla portata della previsione in esame, con riguardo a fattispecie sostanzialmente identiche alla presente, in quanto aventi ad oggetto la “cessione di ramo d’azienda” (cfr.: T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 22 ottobre 2007, n. 2249; 19 febbraio 2007, n. 577; 31 gennaio 2007, n. 257).

E’ stata, in particolare, riconosciuta la portata sostanziale, e non meramente formale, della disposizione in esame, in quanto finalizzata a garantire che le stazioni appaltanti siano messe in grado di verificare la sussistenza di tutti i requisiti di moralità in capo ai partecipanti alle procedure di affidamento di appalti pubblici, così da prevenire il rischio di influenza da parte di cedenti eventualmente privi di detti requisiti.

In punto di diritto, la questione da affrontare è quella dell’osservanza, da parte dell’A.T.I. controinteressata, dell’art.4, lett. a), e dell’art.9, quinto capoverso, del disciplinare di gara, a mente dei quali, rispettivamente, con riguardo al contenuto della dichiarazione sostitutiva, ogni impresa partecipante, a pena di esclusione: “…dichiara, indicandole specificamente, di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art.38, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), g), h), i), m) ed m-bis) del D: Lgs. n.163/2006 e s.m.i.” (punto 4); e “…le dichiarazioni di cui al punto 4, lett.a.b), a.c.), b) e c) devono essere rese, a pena d’esclusione, anche dai soggetti previsti dall’art.38, comma 1, lett.b) e c) del d. lgs. 163/2006 e successive modifiche ed integrazioni” (punto 9).

In applicazione delle su indicate disposizioni del richiamato art.38, il divieto di partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti opera per i soggetti, nei cui confronti è pendente procedimento per l'applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 o di una delle cause ostative previste dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575; l’esclusione e il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; il socio o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico, se si tratta di altro tipo di società (lettera b) art.38 D. Lgs. n.163/2006)
Detto divieto opera, altresì, per i soggetti, nei cui confronti è stata emessa sentenza di condanna (anche ai sensi dell’art. 444 c.p.p.) per reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale: esso opera, in caso di società in nome collettivo, se la sentenza è stata emessa nei confronti del socio o del direttore tecnico e, in caso di altro tipo di società, se la sentenza è stata emessa nei confronti degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico.
La norma in esame dispone, altresì, che il divieto opera in ogni caso anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.
Orbene, poiché nel caso di specie in data 19.01.2006 la società capogruppo (CONTROINTERESSATA. S.r.l.) dell’A.T.I. aggiudicataria si è resa cessionaria, da parte dell’impresa Ricorrente due s.r.l., di un ramo d’azienda preposto allo svolgimento delle attività rientranti nella categoria OG6, la predetta A.T.I., in sede di partecipazione alla gara di appalto, avrebbe dovuto presentare la dichiarazione, da rendere in applicazione dell’art.4 del disciplinare di gara, anche con riferimento agli amministratori e ai direttori tecnici dell’impresa cedente.
Sulla problematica in esame, in particolare questa Sezione, con le citate pronunce n. 257/2007 e n. 577/2007, premessa la “ratio” cui si ispira l’art. 75 del D.P.R. n.554/1999 (sostanzialmente riprodotto dall’art.38 del Codice dei Contratti), ha ritenuto che l’omissione delle dichiarazioni relative all’assenza di eventuali cause di esclusione, contemplate dalla norma in questione, rispetto agli amministratori e ai direttori tecnici già facenti parte dell’impresa cedente, non permette alla stazione appaltante di verificare la sussistenza di tutti i requisiti di partecipazione in capo alla cessionaria, e dunque, ove ne ricorra l’ipotesi, di pronunciare l’esclusione ivi prevista, con conseguente illegittimità dell’ammissione alla gara dell’impresa cessionaria che non abbia reso le dichiarazioni relative ai soggetti contemplati dall’art. 75 anche con riguardo alle imprese cedenti.
Si è, infatti, osservato che “Anche il trasferimento d’azienda comporta i rischi di influenza da parte di eventuali cedenti privi dei requisiti di affidabilità che la normativa in materia vuole scongiurare, ben potendosi risolvere, in tesi, di una cessione del compendio di beni e servizi a soggetti formalmente diversi dal cedente, cui non faccia riscontro una reale spoliazione di quest’ultimo rispetto agli interessi sottesi all’attività imprenditoriale svolta con tali mezzi d’opera (tanto più che il trasferimento d’azienda da una società ad un’altra, come noto, non comporta l’estinzione della dante causa); o anche un modo per sostanzialmente eludere il divieto di legge, attraverso un mutamento soggettivo, ove ritenuto idoneo a fare venire meno eventuali situazioni preclusive, con l’utilizzazione della qualificazione posseduta dal soggetto ceduto”.
Detto orientamento è stato, peraltro, confermato dal C.G.A. con recentissima pronuncia (6 maggio 2008, n.389), la quale non risulta smentita dal precedente citato dalla difesa della contro interessata (C.G.A., dec. n. 601/2008), il quale, in realtà, faceva riferimento alla differente fattispecie della assenza di soggetti cessati dalla carica nel triennio, e sulla insussistenza, in capo alle imprese partecipanti, di un obbligo di dichiarare anche la assenza di tali soggetti.

Merita di essere segnalata la sentenza numero 455 del 2009 emessa dal Tar Sicilia, Palermo ed in particolare il seguente passggio

< Non colgono nel segno neppure le argomentazioni della controinteressata, relative alla prospettata incongruenza di dichiarazioni, rese da soggetti non facenti parte della compagine aziendale. Sostiene, in particolare, la A.T.I. CONTROINTERESSATA. s.r.l.–CONTROINTERESSATA DUE. s.r.l. che la suddetta dichiarazione, se resa dai soggetti cessati, costringerebbe l’impresa partecipante a chiedere la collaborazione di amministratori non più operanti nell’impresa, realizzandosi così una forma di collaborazione forzata, che frustrerebbe la stessa ratio della norma imperativa sui requisiti morali dei partecipanti.
Invero, a seguire tale prospettazione, le imprese potrebbero agevolmente aggirare i divieti di partecipare alle gare d’appalto, con riferimento a possibili concorrenti, i cui soggetti rivestenti cariche sociali rilevanti sotto il richiamato profilo soggettivo siano privi dei requisiti di moralità ed affidabilità previsti dalla vigente normativa in maniera rigorosa (cfr., sul punto, C.G.A. n.389/08 cit.).
In secondo luogo, su tale specifica questione, si ritiene opportuno segnalare una recentissima pronuncia del C.G.A., secondo cui: “Le dichiarazioni di cui all’art. 75 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554, relativamente agli amministratori e ai direttori tecnici cessati dalla carica nell’ultimo triennio, possono essere legittimamente rese, anziché da questi ultimi, dagli amministratori attuali dell’impresa partecipante alla gara (sentenza 16 settembre 2008 n. 757; cfr. anche CGA, 18 febbraio 2008, n.114).
Il Giudice d’appello ha, in particolare, evidenziato come …”quando le dichiarazioni ex art. 75 cit. “relative al soggetto cessato nel triennio sono state rese non direttamente da costui, ma … dall’attuale amministratore e direttore tecnico”, si versa in “situazione … del tutto legittima, non essendo stata addotta alcuna norma di legge o di bando che imponga che la dichiarazione sia resa dallo stesso soggetto cui la situazione dichiarata si riferisce, pur se non abbia più rapporti con l’impresa partecipante”. Ed ancora: “Condividendo e ribadendo tale conclusione – evidentemente atta a superare il contrario orientamento pur in precedenza espresso da questo Consiglio con la decisione 8 marzo 2005, n. 94, citata a pag. 15 della sentenza gravata – il Collegio osserva come non vi siano ragioni per non ritenere pienamente applicabile al caso in esame il principio espresso dall’art. 47, comma 2, del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, secondo cui “la dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza” (…) Diversamente opinando, peraltro, molte imprese verrebbero poste nell’assoluta impossibilità di rendere siffatte dichiarazioni, dato che gli amministratori e direttori tecnici cessati potrebbero non avere più alcun rapporto con l’impresa, né voler più collaborare con essa, ovvero essere deceduti”.
Non può, d’altra parte, valere in contrario l’argomento difensivo addotto dalla controinteressata, secondo cui i “requisiti generali” (tra cui quelli di affidabilità professionale e di moralità dell’impresa) dovrebbero essere valutati solamente in capo alla cessionaria d’azienda, secondo quanto ritenuto dall’Autorità di Vigilanza sui LL.PP. con deliberazione n. 5/2003. Infatti, la questione affrontata in tale determinazione afferiva alla questione degli effetti della cessione di azienda (o di rami d’azienda) ai fini dell’attestazione SOA, secondo la specifica disciplina contenuta negli artt. 15 e ss. del D.P.R. 34/2000, e non la diversa questione – oggetto del presente giudizio - della rilevanza o meno delle predette cessioni a fronte delle dichiarazioni richieste dall’art. 75 lett. c) del D.P.R. n. 554/1999.
E’ stato, in particolare, evidenziato in una precedente pronuncia della Sezione che “La regola di ordine generale, cui si richiama la controinteressata (secondo la quale i requisiti generali sono richiesti in capo ai cessionari e non alle imprese cedenti) è condivisibile, ma non ha alcuna attinenza con la specifica “ratio” dell’art. 38 del D.P.R. n.163/2006 (già art.75 lett. c) del D.P.R. n.554/99), che, in sostanza, mira a ricostruire (cfr. T.A.R. Umbria, 16 luglio 2001, n. 380) la successione delle cariche aziendali per l’intero triennio antecedente al bando, nell’ovvia prospettiva di:
- fare emergere gli eventuali passaggi aziendali e societari di cui si avvale l’impresa al momento di partecipare alla pubblica gara d’appalto;
- consentire, quindi, alla P.A. di valutare quelle modifiche organiche o organizzative derivanti da cessioni d’azienda che, ove non esternate, renderebbero oltremodo facile (per le imprese che ne avessero necessità) aggirare i requisiti soggettivi di moralità e di affidabilità richiesti dalla legge per la partecipazione alle pubbliche gare” (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 22 ottobre 2007, n. 2249).

A cura di Sonia LAzzini
Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 455 del 4 marzo  2009, emessa dal Tar Sicilia, Palermo
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