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il Collegio ritiene equo liquidare il danno curriculare

Pubblicato il 03/09/2010
Pubblicato in: Sentenze
il Collegio ritiene equo liquidare il danno curriculare, alla reputazione professionale e relativo al pregiudizio diretto subito in altre procedure di gara nell’1 % del prezzo posto a base d’asta.

Il risarcimento disposto in appello è il frutto di un errore di fatto, costituito dalla inesatta percezione del contenuto della domanda risarcitoria della Controinteressata, che aveva chiesto l’applicazione del criterio del 10 % del valore dell’appalto in alternativa alla possibilità di ottenere la rinnovazione della gara.

Una volta disposto in sede di appello che la stazione appaltante doveva procedere alla rinnovazione della gara, l’esame della domanda di risarcimento doveva essere limitato ai soli danni ulteriori chiesti dalla Controinteressata e, peraltro, contenuti nella misura del 3 % del valore dell’appalto.

 il risarcimento del danno quantificato in via equitativa in base al criterio dell’utile economico costituiva domanda proposta in via alternativa all’esecuzione in forma specifica della decisione e non poteva essere utilizzato in presenza di un accertato obbligo conformativo di rinnovazione delle operazioni di gara; avrebbe, quindi, errato il giudice di appello nell’esaminare ed accogliere un motivo senza percepire che lo stesso era stato proposto in alternativa alla disposta rinnovazione della gara
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo di appello del Consiglio di Stato?

E’, invece, fondato il sesto motivo del ricorso
La domanda di risarcimento del danno era stata proposta in primo grado da Controinteressata attraverso un sintetico riferimento ai danni all’immagine e alla reputazione dell’impresa e al pregiudizio all’attività, al discredito e alla perdita di chance (ultime sei righe del ricorso di primo grado).
Con il ricorso in appello l’Controinteressata aveva chiesto il risarcimento del danno per equivalente, quantificato nel 10 % dell’ammontare dell’appalto, in via chiaramente alternativa alla possibilità di portare ad esecuzione l’annullamento dell’esclusione attraverso la ripetizione della gara ed era stato poi chiesto un ulteriore importo, parti al 3 % del valore dell’appalto per l’impossibilità di far valere nelle future contrattazioni il requisito economico dell’appalto non eseguito, estendendo la domanda anche al danno esistenziale.
Il giudice di appello ha in primo luogo stabilito che, a seguito dell’annullamento del provvedimento di esclusione, “la gara andrà ovviamente rinnovata nei soli confronti di Controinteressata Vigilanza Roma per verificare, una volta aperta la relativa offerta economica, la sua collocazione finale in graduatoria”.
Ha poi aggiunto che “a prescindere dall’ipotesi in cui Controinteressata Vigilanza Roma risultasse aggiudicataria, ad essa va comunque risarcito il danno, certo ed ingiusto, che essa ha già subito a causa della illegittima e qui annullata esclusione, sia in termini di perdita di altre gare (circostanza documentata in giudizio), sia in termini di lesione della reputazione professionale (cfr. Cons. St., Sez. V, 12 febbraio 2008, n. 491; Cass., 4 giugno 2007, n. 12929), sia in termini di c.d. danno curriculare”, liquidando “il tutto, secondo un criterio equitativo, per un importo che nel caso di specie il Collegio stima giusto riconoscere nella misura pari al 10% del prezzo a base d’asta (arg. ex art. 345, l. n. 2248 del 1865 All. F)”.
Dagli atti della causa emerge, quindi, che il risarcimento disposto in appello sia il frutto di un errore di fatto, costituito dalla inesatta percezione del contenuto della domanda risarcitoria della Controinteressata, che aveva chiesto l’applicazione del criterio del 10 % del valore dell’appalto in alternativa alla possibilità di ottenere la rinnovazione della gara.
Una volta disposto in sede di appello che la stazione appaltante doveva procedere alla rinnovazione della gara, l’esame della domanda di risarcimento doveva essere limitato ai soli danni ulteriori chiesti dalla Controinteressata e, peraltro, contenuti nella misura del 3 % del valore dell’appalto.
Tale mancata limitazione della domanda risarcitoria è stata determinata dal menzionato errore di fatto, che è risultato determinante ai fini del decidere
Va, peraltro, rilevato che la rinnovazione della gara ha poi condotto alla collocazione della Controinteressata al secondo posto della graduatoria e ciò conferma l’erroneità del criterio di liquidazione utilizzato nella decisione.
Passando, pertanto, al giudizio rescissorio, si deve individuare il criterio di liquidazione del danno relativo alle voci indicate dalla Controinteressata, ulteriori rispetto al mancato conseguimento dell’utile.
Non possono essere, in questa sede, messi in discussione l’an del risarcimento e l’utilizzo del criterio equitativo, oggetto di statuizioni della decisione n. 4594/09 non incise dal motivo di revocazione accolto.
Parimenti non può essere qui ridefinito il parametro di riferimento utilizzato dal Consiglio di Stato (prezzo a base d’asta) e, come già evidenziato ai fini della declaratoria di inammissibilità del settimo motivo, la riconosciuta rivalutazione monetaria sino alla pubblicazione della presente de-cisione e gli interessi nella misura legale dalla data della pubblicazione della presente decisione e fino all’effettivo soddisfo (per presente decisione deve ora farsi riferimento alla odierna decisione).
Ciò premesso, il Collegio ritiene equo liquidare il danno curriculare, alla reputazione professionale e relativo al pregiudizio diretto subito in altre procedure di gara nell’1 % del prezzo posto a base d’asta.

A cura di Sonia LAzzini

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 5700 del 16 agosto 2010 pronunciata dal Consiglio di Stato
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