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È presumibile che l’impresa, per realizzare un corretto equilibrio economico complessivo del servizio, predisponga...

Pubblicato il 05/07/2010
Pubblicato in: Sentenze
È presumibile che l’impresa, per realizzare un corretto equilibrio economico complessivo del servizio, predisponga un’offerta con prezzi più alti per le prestazioni statisticamente più rare.

La sostenibilità economica dell’offerta va valutata considerando la sostanziale unitarietà del servizio, che va svolto mediante la disponibilità di una determinata struttura tecnica e di personale. Non rileva, in questa prospettiva, il costo separato di singoli servizi.

Nella prospettiva delle regole della gara, dunque, è assolutamente ragionevole che l’impresa calibri le singole voci dell’offerta considerando attentamente il coefficiente ponderale applicabile.

Dove il fattore è più alto, il ribasso è proporzionalmente “moltiplicato” dal fattore numerico operante nella specie. Al contrario, quando il fattore è più contenuto, o si riduce ad 1, l’impresa non ha particolare convenienza a proporre alti ribassi, perché questi non potranno essere adeguatamente “premiati” in sede di valutazione.

In ultimo luogo, l’esponente sottolinea ancora che, per effetto della decisione impugnata, essa si sarebbe vista negare per la seconda volta consecutiva l’aggiudicazione di un appalto cui avrebbe avuto pieno diritto, dal momento che già una precedente gara con il medesimo oggetto era stata annullata in via di autotutela.
La Società ricorrente ha contestato la legittimità del provvedimento di esclusione e della successiva aggiudicazione della gara, deducendo, in primo grado, un motivo di gravame formalmente unico: “Violazione ed erronea applicazione della lettera d’invito e dei principi di buona amministrazione, imparzialità e ragionevolezza di cui all’art. 97 Cost. oltre che del Regolamento dei contratti del Comune di Biella, con particolare riferimento agli artt. 1, 9, 17, 18 e 44. Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, carenza assoluta di presupposti e di motivazione (da valutarsi anche ai fini dell’art. 3 della l. n. 241/1990), travisamento dei fatti, erroneità, sviamento dalla causa tipica ed ingiustizia manifesta.
Nella sostanza, l’esponente denunciava la pretesa illogicità della determinazione lesiva dei suoi interessi, atteso che l’offerta presentata sarebbe stata perfettamente conforme alle prescrizioni della lex specialis.
Inoltre, la parte appellante si doleva anche del fatto che il Comune di Biella le avesse impedito, in due consecutive occasioni, di conseguire l’aggiudicazione del servizio, poiché una precedente gara era già stata fatta oggetto di annullamento in sede di autotutela da parte della stazione appaltante.
Il TAR ha respinto il ricorso, svolgendo la seguente motivazione.
“(…) La ricorrente afferma che la censura di irragionevolezza e contraddittorietà andrebbe riferita, non all’offerta da questa presentata, bensì alla decisione di escluderla dalla gara, attraverso la quale la stazione appaltante ha paradossalmente sanzionato la concorrente perché aveva proposto proprio quanto le era stato richiesto, in perfetta aderenza ai criteri dettati dalla lex specialis.
Tale rilievo presuppone, anche se non esplicita chiaramente, una censura di eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento che, peraltro, non ha pregio alcuno, poiché la precedente gara cui si riferisce la deducente era stata provvisoriamente aggiudicata ad altra impresa ed era stata annullata d’ufficio proprio a seguito delle rimostranze dell’odierna ricorrente.”
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo di appello del Consiglio di Stato?

L’appello è fondato.
L’offerta presentata dall’attuale appellante risulta pienamente coerente con la struttura logica della lex specialis di gara e dei criteri preventivamente fissati dall’amministrazione per la valutazione dei concorrenti.
Il comune, infatti, mediante la definizione di articolati coefficienti ponderali, riferiti alle distinte prestazioni comprese nel servizio, ha indicato con chiarezza che il ribasso relativo a determinate voci, riguardanti gli interventi di ipotizzata maggiore frequenza statistica, risulta meritevole di una valutazione decisamente più favorevole rispetto a quella di altri interventi, ritenuti presumibilmente più rari.
La fissazione di pesi ponderali così vari e differenziati (da 1 a 55), quindi, deriva da una scelta incentrata sulla comprensibile finalità di “premiare” maggiormente i ribassi riguardanti le attività giudicate più importanti, quanto meno sotto il profilo quantitativo.
Nella fissazione di tali criteri ponderali, l’amministrazione si è esplicitamente riferita al solo dato statistico del presumibile numero degli interventi, senza considerare la particolare complessità tecnica, economica od organizzativa delle singole prestazioni considerate.
Inoltre, la disciplina fissata dall’amministrazione comunale non ha indicato nemmeno i prezzi di base dei singoli interventi, né ha previsto particolari vincoli riferiti allo scarto tra i valori delle diverse prestazioni enunciati nelle offerte.
È presumibile che l’impresa, per realizzare un corretto equilibrio economico complessivo del servizio, predisponga un’offerta con prezzi più alti per le prestazioni statisticamente più rare.
La formulazione della lex specialis di gara, quindi, ha obiettivamente condizionato la formulazione delle offerte, e, segnatamente, ha influenzato in modo determinante la proposta di Autogrillo. I ribassi più elevati si sono indirizzati sulle prestazioni con coefficienti ponderali più significativi, mentre i ribassi minori hanno riguardato i servizi sottoposti ai più bassi coefficienti (fino al limite di 1).
In questo contesto, peraltro, l’amministrazione ha ritenuto che sarebbe “illogico” offrire un prezzo più alto per singoli servizi che stima meno costosi di altri. A suo dire, questa circostanza determinerebbe una complessiva “inaffidabilità” dell’offerta (se non una vera e propria “anomalia”). L’asserita irrazionalità, poi, si rifletterebbe anche sulla complessiva organizzazione del servizio, dal momento che, secondo il comune, sarebbe difficile giustificare, per i cittadini, il rilevante divario tra i costi delle diverse prestazioni.
Nessuno dei due argomenti risulta persuasivo.
La sostenibilità economica dell’offerta va valutata considerando la sostanziale unitarietà del servizio, che va svolto mediante la disponibilità di una determinata struttura tecnica e di personale. Non rileva, in questa prospettiva, il costo separato di singoli servizi.
D’altro canto, l’amministrazione comunale non ha indicato significativi elementi da cui desumere la diseconomicità dell’offerta limitatamente alle ipotesi in cui l’appellante ha offerto i ribassi più elevati. Al contrario, il comune sembra contestare, in sostanza, l’eccessiva onerosità dei prezzi offerti in relazione ad alcuni servizi.
Il secondo argomento, riferito alla affermata irrazionalità dei prezzi, che gravano sui cittadini e sugli utenti, non risulta convincente.
Infatti, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto preventivamente definire i criteri di determinazione delle tariffe del servizio di rimozione, stabilendo, se ritenuto opportuno, un canone, quanto meno orientativo, per la gradazione e l’articolazione delle diverse prestazioni.
Ma, in assenza di tali parametri, l’offerta formulata dall’attuale appellante non potrebbe essere considerata irragionevole o ingiustificata.
In definitiva, quindi, l’appello deve essere accolto, con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati dinanzi al TAR.

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 4074 del 25 giugno 2010 pronunciata dal Consiglio di Stato
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