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domanda risarcitoria ritualmente introdotta

Pubblicato il 30/01/2010
Pubblicato in: Sentenze
 Come, infatti, correttamente rilevato dal primo giudice, la domanda risarcitoria è stata, nella specie, ritualmente introdotta, in quanto preceduta dal positivo esperimento dell’azione diretta all’annullamento del provvedimento amministrativo produttivo di danno, sicchè essa si palesa ammissibile secondo il classico schema del rapporto di pregiudizialità tra azione di annullamento ed azione risarcitoria (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 26 marzo 2003, n. 4).

Nel sistema al quale ha dato vita la legge n. 205 del 2000 è da ritenere che il giudice di fronte al quale è portata l’impugnazione del provvedimento lesivo sia quello stesso che ha titolo a conoscere del ristoro per equivalente; tuttavia, non vale a modificare tale disciplina – fondata sulla regola della concentra-zione innanzi al giudice dell’impugnazione anche della pretesa riparatoria – il fatto che la controversia rivolta ad ottenere il ri-sarcimento del danno sia stata avanzata con autonomo e succes-sivo ricorso proposto dopo che il giudizio di impugnazione si è concluso e la relativa sentenza è passata in giudicato (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 18 ottobre 2004, n. 10).

Ed invero, il legame, fra illegittimità del provvedimento e responsabilità dell’ente che l’ha posto in essere, non è meno stretto o di diversa intensità se le due questioni (di illegittimità dell’atto e di responsabilità per i danni che ha cagionato) sono esaminate in unico o in separati giudizi.
Perciò l’atto, dalla cui illegittimità si origina la domanda di riparazione, si manifesta come momento essenziale per la cogni-zione della ulteriore vicenda di ripristino della situazione del soggetto che ne è stato leso, perché è la causa diretta – o perché deve verificarsi se è stato la causa diretta – delle conseguenze negative lamentate. _Non può, poi, neppure negarsi al ricorrente la facoltà di scegliere tra la tutela demolitorio-conformativa e la tutela risarci-toria, vale a dire tra l’avvalersi degli effetti conformativi del giu-dicato di annullamento oppure optare per il solo risarcimento del danno (cfr. Cons. St., Sez. VI, 25 gennaio 2008, n. 213; id., 10 novembre 2004, n. 7256).

Afferma, in sostanza, l’appellante che la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria, ma non suffi-ciente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., in quanto è necessario che l’attività illegittima e colpevole dell’Amministrazione abbia leso l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla e che lo stesso interesse sia meritevole di tutela secondo l’ordinamento. Occorreva, dunque, indagare la fondatezza della pretesa che sottende all’interesse. Contesta, inoltre, l’assenza del nesso di causalità tra attività am-ministrativa ed evento dannoso e la mancanza di colpa in capo all’Amministrazione.
Cosa ne pensa l’adito giudice di appello del Consiglio di Stato?

Tali censure sono prive di pregio.
Quanto alla censura di carenza di motivazione, nella impu-gnata decisione è congruamente valutata e delibata la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento del danno derivante dall’ingiusta condotta dell’Amministrazione, vale a dire la colpa dell’Amministrazione nell’adozione di un atto emanato senza il previo avviso di avvio del procedimento, in violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990, il danno derivato ai ricorrenti, privati della propria funzione, rispettivamente, di amministratore e di vice-presidente dell’AFOR, nonché il nesso di causalità tra l’atto ille-gittimo impugnato e il danno; essa è sufficientemente motivata ed è ben compresibile l’ iter logico-giuridico seguito dal Tribuna-le per addivenire alla determinazione di riconoscere il risarci-mento dei danni subiti dai ricorrenti.
E’, del resto, pacifico che al titolare dell’interesse legittimo leso e violato non iure spetti il risarcimento per tutti i danni che siano conseguenza immediata e diretta dell’atto illegittimo (cfr. Cons. St., Sez. V, 8 luglio 2002, n. 3796).
La colpa, poi, sussiste, essendo stata violata la norma di or-dine generale, posta a garanzia delle prerogative partecipative ed il cui rispetto richiede all’Amministrazione uno sforzo minimo, consistente nella previa comunicazione dell’avvio del procedi-mento, violazione che, sebbene di carattere procedimentale, as-sume rilevanza sostanziale e qualifica il danno come ingiusto (cfr. Cons. St., Sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169; Cons. St., Sez. V, 18 marzo 2002, n. 1562).
Procedendo nell’indagine in ordine agli elementi costitutivi della fattispecie aquiliana, il giudice di prime cure ha, poi, corretta-mente osservato che, trattandosi nella specie di domanda inerente la lesione di interessi di tipo oppositivo, coincidenti con l’illegittima sottrazione di una posizione di vantaggio ormai ac-quisita dai ricorrenti, è irrilevante accertare, come invece vorreb-be la Regione odierna appellante, la sussistenza della lesione di un interesse al bene della vita condotto sulla base di un giudizio prognostico - come invece avviene per la lesione gli interessi di tipo pretensivo - non potendo che qualificarsi tale il pregiudizio subito dall’individuo per effetto del sacrificio dell’interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., n. 500/1999; Cass. Civ., Sez. I, 8 febbraio 2007, n. 2771; Cass. Civ., Sez. III, 10 febbraio 2005, n. 2705).
La tutela risarcitoria degli interessi oppositivi è sempre ammessa in presenza di un atto amministrativo illegittimo che abbia com-presso la posizione di vantaggio del privato, non essendo neces-saria una prognosi sull’esito favorevole delle aspettative dell’interessato, in quanto il collegamento con il bene della vita si è già consolidato in virtù di un precedente provvedimento, e tanto basta a pretendere la riparazione delle conseguenze patrimoniali sfavorevoli dell’illegittimità dell’azione amministrativa, anche in ipotesi di successivo (legittimo) riesercizio del potere ammini-strativo sempre in senso sfavorevole al privato (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157).

Merita di essere segnalata la decisione numero 7586 del 3 dicembre 2009, emessa dal Consiglio di Stato ed in particolare il seguente passaggio:

< Si passa ora ad esaminare l’appello incidentale. Con esso si insi-ste nella richiesta di ulteriori danni di natura patrimoniale e non, che il giudice di prime cure ha rigettato per mancanza di prova al riguardo.
Tale richiesta appare non appare meritevole di accoglimento, in quanto sfornita di qualsiasi elemento idoneo a dimostrare le con-crete conseguenze dannose.
Questa, infatti, si presenta del tutto sfornita di prova circa la reale sussistenza del pregiudizio lamentato, spettando ai ricorrenti in via incidentale l’onere di dimostrare la sussistenza di un concreto danno risarcibile.
Sul punto, quanto ai danni patrimoniali, prive di ogni concreto ri-scontro si rivelano le richieste risarcitorie connesse alla mancan-za di incarichi per consulenze e progettazione, posto che, in base al principio della regolarità causale, nel risarcimento del danno devono escludersi quei danni che non siano collegati all’evento da un necessario nesso teleologico, non rientrando nella serie del-le conseguenze ordinarie cui quel determinato evento origina.
Cosicché, perché possa parlarsi di danno incidente su un possibi-le futuro guadagno, connesso al mancato conferimento di incari-chi professionali, non costituendo tale circostanza un effetto normale del fatto illecito, devono necessariamente concorrere al-tri presupposti di fatto idonei, quantomeno, a manifestare la reale sussistenza di un nesso di causalità tra il mancato conferimento di incarichi e l’evento dannoso.
Relativamente ai danni alla professionalità, alla dignità, al presti-gio e alla vita di relazione, occorre evidenziare come tali enun-ciazioni risultino del tutto vaghe e generiche, tacendo in che co-sa, in concreto, siano consistiti i lamentati pregiudizi, se e come la cessazione dell’incarico di consigliere di amministrazione dell’AFOR abbia influito, e in che misura, sulla sfera professio-nale e personale dei ricorrenti, in confronto alla normale vita pro-fessionale e sociale condotta precedentemente all’evento danno-so.
Quanto ai danni alla persona, anche qui alcun idoneo supporto probatorio è fornito da parte dei ricorrenti, i quali si sono limitati ad esibire in giudizio una perizia giurata (relativa al solo dott. Controinteressata), che di per sé non costituisce fonte di prova (cfr. cass. Civ., Sez. II, 19 maggio 1997, n. 4437), ma semmai un semplice indizio, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discre-zionale del giudice di merito.
Né, ovviamente, è ragionevole ritenere che dal fatto illecito pos-sano discendere conseguenze risarcitorie automatiche, svincolate dall’accertamento di ogni elemento causale, non potendosi pre-scindere dalla puntuale allegazione da parte dei ricorrenti delle circostanze concrete atte a permettere la verifica giudiziale degli effettivi danni patiti.
Ne consegue che anche l’appello incidentale deve essere rigettato in quanto infondato.>

A cura di Sonia LAzzini
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