Anche l’institore, quale un alter ego dell’imprenditore con analoghi poteri, sia pure limitatamente al ramo di attività o alla sede cui il soggetto è preposto, deve essere oggetto di dichiarazione per partecipare agli appalti pubblici
la dichiarazione di assenza delle situazioni previste dalle disposizioni in materia di appalti pubblici come impeditive a relazionarsi con una Pubblica Amministrazione si deve estendere a tutti coloro che, in buona sostanza, siano muniti del potere rappresentativo e gestionale della società, a prescindere dal titolo di conferimento.
Sull’obbligo dell’impresa partecipante alla gara di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 75 d. P.R. n. 554 del 1999 con riferimento proprio alla figura dell’institore sono da ritenere sostanzialmente assimilabili, ai fini della predetta dichiarazione, il soggetto titolare di procura institoria e l’amministratore con poteri di rappresentanza quest’ultimo espressamente contemplato dal dato legislativo.
Con l’unico motivo parte ricorrente contesta siccome illegittima l’ammissione della Controinteressata s.r.l. alla gara in quanto dal certificato rilasciato dalla Camera di Commercio risulta la presenza, nell’assetto organizzativo della medesima Società, di un institore, tale sig. P. Salvatore, rispetto al quale non sarebbe stata resa la dichiarazione concernente l’assenza delle cause di esclusione di cui all’art. 75 lett. b) e c) del d. P.R. n. 554 del 1999.
Sul punto l’Amministrazione replica che la controinteressata ha reso – e la Commissione per ciò stesso l’ha ammessa alla gara - la dichiarazione concernente i soggetti di cui all’art. 75 del d. P.R. n. 554 del 1999 (legale rappresentante e direttori tecnici), indicati, peraltro, nella certificazione Soa, e rileva come nulla in ordine all’institore il bando prevedesse.
6.2. La controinteressata Controinteressata s.r.l, a sua volta, adduce l’erronea qualificazione, in seno al certificato della Camera di commercio, del sig. P. Salvatore quale institore, dovendosi, in tesi, ritenere che egli sia un semplice procuratore, siccome incaricato con atto del 2 febbraio 2009 e fino a tutto il 31 dicembre 2010.
La circostanza, poi, che gli incarichi di cui alla procura del 2 febbraio 2009 siano stati affidati a titolo gratuito, escluderebbe l’esistenza, tra la Controinteressata s.r.l. ed il sig. P. Salvatore, di un rapporto di lavoro, presupposto, ad avviso della controinteressata medesima, «necessario perché possa configurarsi la preposizione institoria»: tale assunto sarebbe confermato pure dall’assenza di un’espressa attribuzione della rappresentanza processuale.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?
Il motivo è fondato.
6.4. I poteri relativi alla carica di institore (oltreché la qualità di procuratore) del sig. P. Salvatore emergono, infatti, dalla visura camerale del 25 febbraio 2010 e versata in atti da parte ricorrente, dalla quale risulta, altresì, che tale nomina è avvenuta con atto del 2 aprile 2009.
Il Collegio non può che dare atto di tali risultanze, considerato, peraltro, che la procura depositata da parte controinteressata al fine di provare l’asserita erronea iscrizione camerale è diversa da quella indicata nel certificato della Camera di commercio, essendo datata la prima 2 febbraio 2009, mentre quella richiamata nel certificato medesimo 2 aprile 2009.
Orbene, va rilevato che parte controinteressata (e, per il vero neppure l’Amministrazione):
- non ha prodotto in atti alcuna procura del 2 aprile 2009 (come risultante dal certificato);
- non ha dedotto l’erroneità della data dell’atto di nomina indicata nel certificato in argomento,
- non ha provato di aver, quantomeno, chiesto la rettificazione delle risultanze camerali asseritamente erronee.
Per quanto sopra, dunque, allo stato, non può considerarsi vinta la presunzione di regolarità della richiamata certificazione camerale, ferma restando ogni eventuale azione risarcitoria che il soggetto danneggiato potrà intraprendere, ove sussistenti i presupposti, dinanzi al giudice munito della relativa giurisdizione.
6.5. Quanto al contenuto del certificato camerale (e della procura versata in atti e datata 2 febbraio 2009), ferme restando le richiamate formali risultanze, ritiene comunque il Collegio non condivisibili le argomentazioni tese a dimostrare che in effetti, quella del sig. P. - per le ragioni di cui al superiore paragrafo 6.2 - non integrerebbe la figura dell’institore quanto, invece, quella di mero procuratore.
Tale assunto conclusione riposa, da una parte, sulla considerazione che la gratuità delle prestazioni - valorizzata da parte controinteressata quale elemento ostativo alla configurabilità di una preposizione institoria - potrebbe in tesi essere riferita (in assenza di specificazione) unicamente alle funzioni aggiuntive conferite e, dunque, inidonea ad escludere in radice la qualità di dipendente del sig. P. Salvatore; dall’altra, che la rappresentanza processuale è direttamente stabilita dall’art. 2204 c.c. con riferimento alle obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa cui il soggetto incaricato è preposto.
6.6. Sull’obbligo dell’impresa partecipante alla gara di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 75 d. P.R. n. 554 del 1999 con riferimento proprio alla figura dell’institore, occorre osservare che, seppure la giurisprudenza non si presenti finora univoca, l’orientamento espresso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa sembra essere volto a ritenere sostanzialmente assimilabili, ai fini della predetta dichiarazione, il soggetto titolare di procura institoria e l’amministratore con poteri di rappresentanza (cfr. C.g.a., 14 settembre 2009, n. 824; 24 marzo 2007, n. 1001), quest’ultimo espressamente contemplato dal dato legislativo.
Il tema rilevante ai fini del presente giudizio è, appunto, quello se la dichiarazione di assenza delle situazioni previste dalle citate disposizioni come impeditive a relazionarsi con una Pubblica Amministrazione che debba conferire un appalto pubblico concerna, nel caso di società, soltanto gli amministratori muniti di potere di rappresentanza e il direttore tecnico, e ciò secondo una prospettazione ancorata unicamente al dato letterale delle norme in questione, o, al contrario, avendo riguardo a una interpretazione sostanziale del precetto contenuto nella norma, si debba estendere a tutti coloro che, in buona sostanza, siano muniti del potere rappresentativo e gestionale della società, a prescindere dal titolo di conferimento.
Sul punto, questa Sezione si è espressa nel senso di ritenere necessaria la dichiarazione in argomento anche con riferimento all’institore, affermando che per giurisprudenza consolidata, la norma dell'art. 75 del D.P.R. 554/99 risulta indirizzata a chi, allo stesso tempo, è amministratore e rappresentante della società, nulla escludendo «che il cumulo delle due posizioni di potere (gestorio e rappresentativo) possa, in concreto, riscontrarsi in capo a soggetti privi della veste formale di amministratori e, tuttavia, investiti della rappresentanza negoziale della società (per una sintesi del contrasto giurisprudenziale, cfr. T.A.R., Sicilia, Catania, 9 giugno 2008, n. 1150). Alla luce di tale considerazione nodale - la necessaria compresenza degli ampi poteri gestori e rappresentativi in capo al soggetto - il cennato dibattito interpretativo sembra trovare un importante momento di convergenza, condiviso anche da questo Collegio, verso l’interpretazione sostanzialista, allorché il soggetto dotato di poteri gestionali e rappresentativi, che abbia omesso la dichiarazione sui requisiti morali sia, come nella vicenda per cui è causa, l’institore (cfr. Cons. Stato, V, 26 gennaio 2009, n. 375; 15 gennaio 2008 n. 36; T.A.R., Sicilia, Catania, n. 1150/2008, cit.; T.A.R. Molise 26 novembre 2004, n. 747; T.A.R. Liguria, Genova, II, 26 maggio 2002, n. 502).
Si tratta, infatti, di una figura la cui definizione si rinviene nel codice civile, ove è sistematicamente inserita nella sezione dedicata alle disposizioni particolari per le imprese commerciali (Libro quinto – capo III – Sez. III), nel primo articolo del paragrafo 1 (art. 2203) dedicato, appunto, alla “rappresentanza”.
Secondo le norme richiamate, institore è “colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale”, in posizione differente dal mero procuratore (art. 2209) cui l’imprenditore conferisce il potere di compiere, per lui, gli atti inerenti all’esercizio di un’impresa pur non essendo preposta a esso.
La preposizione institoria, peraltro, è, in ogni caso, caratterizzata contestualmente dall’ampiezza dei poteri rappresentativi e di gestione, che fanno dell’institore un alter ego dell’imprenditore con analoghi poteri, sia pure limitatamente al ramo di attività o alla sede cui il soggetto è preposto (Cass. Civ., II, n. 2020 del 1993).
L’ampiezza dei suddetti poteri è tale che “la rappresentanza si reputa generale”, allorché particolari limitazioni non siano rese pubbliche nelle forme di legge.
Si ritiene allora, sulla base dei rilievi che precedono, che l’institore sia titolare di una posizione corrispondente a quella di un vero e proprio amministratore, munito di poteri di rappresentanza, cosicché deve anche essere annoverato fra i soggetti tenuti alla dichiarazione.
Inoltre, non è solo il rapporto che, in concreto, i singoli rappresentati avranno con la pubblica amministrazione a determinare l’obbligo di dimostrare il possesso dei requisiti di moralità ma tale obbligo sorge dalla necessità di dovere dimostrare l’affidabilità dell’intera impresa che entrerà in rapporto con l’amministrazione.
Diversamente, non avrebbe alcun senso l’obbligo imposto ai soggetti cessati dalla carica di dimostrare i requisiti di moralità atteso che gli stessi non hanno più modo di entrare in contatto con la stazione appaltante.
Peraltro, conta la titolarità del potere e non anche il suo concreto esercizio tanto più quando lo stesso statuto abilita il soggetto a sostituire in qualsiasi momento e per qualsiasi atto il titolare principale della rappresentanza senza intermediazione o investitura ulteriore e, sostanzialmente, senza controllo sulla effettività dell’impedimento e della assenza (in termini, Cons. Stato, V, n. 36/2008, cit.) » (Tar Sicilia, Palermo, sez. III, 1 marzo 2010, n. 2274; in termini, Cons. St., sez. V, 15 gennaio 2008, n. 36).
A cura di Sonia Lazzini
Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 7753 del 17 giugno 2010 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo
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