Le Sezioni Riunite della Corte dei conti, con la deliberazione nr. 33 del 2010 sembrano aver messo, almeno temporaneamente, la parola fine alla questione sulla debenza o meno dell’IRAP sul compenso incentivante ai tecnici degli enti locali; e, inoltre, su chi dovesse ricadere detto onere.
Secondo i giudici contabili (le cui decisioni, pur se autorevolissime per l’importanza dell’organo da cui proviene il parere, non sono destinate a far stato negli eventuali giudizi in corso o da instaurare tra tecnico e datore di lavoro), l’IRAP ricade sul prestatore di lavoro dato che i fondi per la progettazione (e per l’avvocatura interna) costituiscono la provvista delle risorse per far fronte agli oneri di personale.
Da un punto di vista strettamente tributario, la interpretazione del giudice contabile appare aderente al dettato normativo.
Come è noto l’IRAP, istituita con il dlgs nr. 446 del 1997 (e in vigore dall’1.1.1998) è un tributo regionale, di natura reale, e indeducibile dal reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi.
La caratteristica che qui viene in rilievo è la base imponibile, data, ex art. 4, comma 2, del dlgs citato dal valore della produzione netta proporzionalmente corrispondente all'ammontare delle retribuzioni spettanti al personale a qualunque titolo utilizzato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
In sostanza, con detta norma di carattere generale, il legislatore ha voluto assoggettare alla imposta tutta la retribuzione, a qualunque titolo percepita, dal lavoratore dipendente, che concorre la valore della produzione; e non vi è dubbio che anche il compenso ex art. 92, comma 5, del dlgs nr. 163 del 2006 rientra nel concetto di retribuzione, e come tale va tassato; si tratta, indubbiamente, di una disposizione penalizzante, stante anche la indeducibilità di detta imposta, ma, per quanto riguarda detti profili, si tratta di scelte di politica legislativa che non spetta né al dipendente, né all’interprete, contrastare.
In relazione alla disparità di trattamento tra il dipendente normodotato e il dipendente con handicap, per il quale si applica la deduzione di cui all’art. 11 del dlgs nr. 446, si tratta di situazioni differenti che devono trovare una soluzione differente. Quella della deduzione in relazione al soggetto disabile, infatti, trova la sua giustificazione nell’art. 38, comma 2, della Costituzione, secondo il quale i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria, e non vi è dubbio che la disabilità rientra in una delle ipotesi previste dal legislatore costituzionale.
(consulente UNITEL)
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