Dalla frantumazione delle batterie elettriche esauste può conseguire, tra altro,
anche il materiale denominato “pastello di piombo”, si pongono ora, anche in senso
metodologico, alcune questioni in ordine alla classificazione di questo materiale
come rifiuto o come sottoprodotto (da sottrarre quindi alla disciplina dei rifiuti),
considerato anche come per l’esclusione del materiale di che trattasi dalla disciplina
sui rifiuti, talvolta vengano invocati i criteri individuati dalla Comunicazione
interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti della Commissione al Consiglio ed al
Parlamento Europeo (COM 2007/59 Definitivo).
Va premesso che il pastello di piombo deriva da una prima fase di trattamento di
un rifiuto che è ritenuto pacificamente essere pericoloso, costituito dalle batterie al
piombo esauste, identificate, a seconda della provenienza o meno dal circuito urbano
dei rifiuti, rispettivamente dai codici dell’Elenco europeo dei rifiuti 200133* e
160601* “Batterie al piombo”.
Il ciclo di trattamento - attualmente praticato a livello nazionale - consiste in
una prima fase in cui le batterie vengono avviate ai mulini di frantumazione dove,
previa deferrizzazione, vengono macinate, permettendo così la successiva
separazione dei vari componenti della batteria esausta.
Il prodotto così frantumato viene trasferito ad un sistema vagliante, a umido, dove
avviene la separazione della parte metallica fine, dal mix di griglie metalliche e dalle
materie plastiche. E’ solo al termine della fase descritta che si ottengono i seguenti
materiali: pastello, griglie e poli, polipropilene e mix plastico.
Il pastello, in forma di fango, viene recuperato mediante vagliatura e successiva
filtropressatura. L’abituale contenuto in piombo di circa il 70% sul secco, viene
normalmente recuperato con trattamento di ossiriduzione in forni fusori rotativi,
mentre le griglie e i poli vengono caricati nei forni di fusione. Nei forni avviene la
riduzione del materiale da solfato e ossido di piombo a piombo metallo attraverso
l’aggiunta di appositi reagenti tra cui il ferro. Tale piombo d’opera in blocchi o allo
stato liquido, e, viene immesso in caldaie, dove subisce trattamenti diversi a seconda
del prodotto finale che si vuole ottenere.
Il ciclo trattamento descritto è anche indicato tra quelli riconosciuti
dall’European IPPC Bureau (Integrated Pollution Prevention Control) che lo elenca
tra le Best Available Techniques nel BREF relativo al settore della metallurgia non
ferrosa.
Il BREF europeo è attualmente in fase di revisione e nel nuovo documento, che
dovrebbe essere approvato entro il 2009, sembra che troveranno cittadinanza nuove
tecniche, attualmente in fase di sperimentazione.
L’attuale normativa di riferimento per il recupero del pastello derivante dalla
frantumazione delle batterie al piombo esauste è costituita dal D.M. 12 giugno 2002,
n.161 relativa al recupero in procedura semplificata dei rifiuti pericolosi.
Nello specifico, per quanto qui si intende esaminare, l’allegato 1, sub allegato 1 “Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti pericolosi” al Capitolo
1. Metalli non ferrosi elenca la seguente tipologia 1.4 :
“1.4 Tipologia: batterie al piombo esauste e di scarto e loro parti [160601*]
[200133*]
1.4.1 Provenienza: raccolta finalizzata di batterie al piombo esauste; selezione di
qualità da industria produzione accumulatori.
1.4.2 Caratteristiche del rifiuto e valori limite delle sostanze pericolose: batterie al
piombo esauste e di scarto e loro parti, con un contenuto di Piombo fino al 90% e
contenenti: Sn < 1%, As < 0,5%, Sb <10%, Se < 0,05%; contenenti soluzione
acquosa di H2SO4 < 25% con Pb < 1%, Cd < 0,1%, Cu, Zn, As, Sn e Sb < 0,l% per
ciascun elemento.
1.4.3 Attività di recupero: recupero al ciclo termico o idrometallurgico1 delle
componenti metalliche a base di piombo ottenute mediante pretrattamento di
frantumazione e vagliatura per la separazione delle componenti plastiche [R4];
decantazione, filtrazione e/o concentrazione dell`acido solforico [R5].
1.4.4 Caratteristiche delle materie prime e/o prodotti ottenuti: piombo e sue leghe
e soluzione diluita di acido solforico nelle forme usualmente commercializzate.”
Va precisato che l’applicazione della procedura semplificata al recupero delle
batterie esauste e delle loro parti, può avvenire solo nel caso in cui il rifiuto in
questione sia conforme, per tipologia, codice identificativo, provenienza,
caratteristiche chimico fisiche, attività di recupero e caratteristiche delle materie
prime e/o dei prodotti ottenuti a quanto specificato nella citata voce 1.4.
Va altresì (evidentemente) rispettata la quantità massima impiegabile in relazione
all’operazione di recupero effettuata (Allegato 2 ed articolo 5, comma 1 del citato
DM 161/2002) . Rimane comunque fermo il rispetto ai valori limite e alle prescrizioni per le emissioni convogliate in atmosfera di cui all’allegato 1, sub
allegato 2 al DM 161/2002.
Più in generale, fermo restando il pieno rispetto delle prescrizioni tecniche,
l`esercizio dell’attività di recupero, potrà essere intrapreso decorsi novanta giorni
dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia competente per territorio. La
Provincia dovrà, a sua volta, verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti
richiesti per l’accesso alle procedure semplificate, prima di procedere all’iscrizione
dell’impresa nel previsto, apposito, registro.
Invece, qualora non sussistano i requisiti per l’applicazione del regime agevolato
l’attività di recupero potrà, comunque, essere intrapresa, utilizzando il regime
ordinario di cui agli articoli 208 e seguenti del D.Lgs.152/2006.
Per quanto riguarda la classificazione del “pastello” come rifiuto o non rifiuto si
richiama la definizione di sottoprodotto di cui all’art. 183, comma 1, lett. p), del
D.Lgs.152/2006 (così come modificato dal D.Lgs.4/2008), per la quale disposizione<sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende
disfarsi ai sensi dell`articolo 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti
criteri, requisiti e condizioni: 1) siano originati da un processo non direttamente
destinato alla loro produzione; 2) il loro impiego sia certo, sin dalla fase della
produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o
di utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3) soddisfino requisiti
merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia
luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente
diversi da quelli autorizzati per l`impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; 4)
non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari
per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3), ma
posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; 5) abbiano un valore
economico di mercato>.
Anche la recente direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, definisce
all’articolo 5 i sottoprodotti come segue:
"1. Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell’articolo 3, punto 1, bensì sottoprodotto soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o;
b) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
c) la sostanza o l’oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione e d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
2. Sulla base delle condizioni previste al paragrafo 1, possono essere adottate misure per stabilire i criteri da soddisfare affinché sostanze o oggetti specifici siano considerati sottoprodotti e non rifiuti ai sensi dell’articolo 3, punto 1. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, integrandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 39, paragrafo 2.".
Ove il pastello, come pare avvenire in molti casi, venga sottoposto ad un
trattamento preliminare, derivando da un trattamento di frantumazione e di selezione
della batteria esausta, seguito da una fase di essiccazione si rimane obiettivamente
dentro il campo applicativo della normativa sui rifiuti. Possiamo quindi prescindere
dalla verifica sul fatto che l’impiego del pastello, ovvero se avvenga direttamente nel
corso del processo di produzione o di utilizzazione come preventivamente
individuato e definito.
Infine, si rammenta come la specifica materia della gestione di pile ed
accumulatori e dei rifiuti di pile ed accumulatori sia espressamente regolamentata
dalla direttiva 2006/66/CE che, all’articolo 12 e all’allegato III, disciplinano il
trattamento ed il riciclaggio di questa tipologia di rifiuti, a partire dalla fase di
raccolta. Nella prefata normativa vengono, altresì, fissati specifici obiettivi di
riciclaggio da raggiungere entro il 26 settembre 2010.
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